Raccoglievano soldi tramite onlus e li spedivano a Hamas: nove arresti a Genova, fra cui Hannoun

Dietro gli appelli alla solidarietà per la popolazione palestinese si sarebbe nascosto per anni uno strutturato schema di finanziamento a Hamas. È questo il sospetto che ha fatto scattare nelle scorse ore una vasta operazione antiterrorismo a Genova e in altre città italiane ed europee, che ha portato all’arresto di nove persone, tutti destinatari della custodia in carcere, e al sequestro di beni per oltre otto milioni di euro. L’operazione è stata eseguita dalla Digos di Genova e coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia e Antiterrorismo di Genova.
Il sostegno a Hamas dall’Italia
Secondo quanto ricostruiti nei mesi scorsi, gli indagati avrebbero fatto parte o comunque sostenuto una vera e propria articolazione italiana di Hamas, organizzazione considerata terroristica dall’Unione europea sia nella sua ala militare sia in quella politica. Il reato contestato è quello previsto dall’articolo 270 bis del codice penale: associazione con finalità di terrorismo internazionale. Al centro dell’inchiesta c’è il presunto finanziamento dell’organizzazione attraverso associazioni formalmente benefiche, attive da anni in Italia e impegnate, almeno sulla carta, in attività umanitarie a favore della popolazione palestinese. Tre, in particolare, sono le associazioni finite nel mirino degli inquirenti:
- Associazione benefica di solidarietà col popolo palestinese, costituita a Genova nel 1994
- Associazione benefica di solidarietà con il popolo palestinese – Organizzazione di volontariato, costituita a Genova nel 2003
- Associazione benefica La Cupola d’oro, costituita a Milano nel 2023
I flussi di denaro: oltre 7 milioni di euro
Gli investigatori ritengono che tra il 2001 e oggi, e in particolare dopo il 7 ottobre 2023, siano stati raccolti e trasferiti circa 7,3 milioni di euro, in larga parte destinati non ad aiuti civili ma direttamente a Hamas o a enti collegati. I fondi sarebbero transitati attraverso bonifici bancari, triangolazioni internazionali e associazioni con sede all’estero, per poi arrivare a Gaza o nei Territori palestinesi occupati. Secondo la tesi degli inquirenti, una parte del denaro sarebbe servita anche a sostenere le famiglie di attentatori suicidi o di detenuti condannati per reati di terrorismo.
Il ruolo di Mohammad Hannoun
Una figura centrale dell’indagine è Mohammad Mahmoud Ahmad Hannoun, presidente dell’Associazione dei palestinesi in Italia, indicato come esponente di vertice del “comparto italiano” di Hamas e referente della cellula italiana. Hannoun è accusato di aver diretto per anni la raccolta fondi, destinando – secondo le stime della procura – oltre il 71 per cento delle donazioni al finanziamento diretto dell’organizzazione terroristica. Sempre secondo l’accusa, Hannoun avrebbe avuto contatti stabili con dirigenti di Hamas in Europa e Medio Oriente, partecipando a riunioni internazionali e coordinandosi con analoghe strutture presenti in altri Paesi Ue, come Olanda, Francia, Austria e Regno Unito.
Un’indagine internazionale
L’inchiesta, coordinata dalla Dda di Genova, è nata dall’analisi di segnalazioni di operazioni finanziarie sospette, alcune precedenti all’attacco del 7 ottobre 2023 in Israele. A quel punto, sono scattate le indagini vere e proprie, condotte attraverso intercettazioni telefoniche e ambientali, monitoraggi dei flussi di denaro, acquisizioni informatiche e cooperazione giudiziaria internazionale, anche con il supporto di Eurojust e delle autorità israeliane. La tesi degli inquirenti, alla fine, è che Hamas avrebbe costruito una rete europea di associazioni caritative funzionali non solo alla raccolta fondi, ma anche alla propaganda e al consolidamento del consenso attorno all’organizzazione.
