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«Noi ci sacrifichiamo con i soldi loro ci mettono il sangue». Le intercettazioni che inchiodano Mohammad Hannoun e la rete per Hamas

28 Dicembre 2025 - 07:29 Stefania Carboni
Mohammad Hannoun
Mohammad Hannoun
Nelle carte dell'ordinanza firmata dal gip del tribunale di Genova, Silvia Carpanini, emerge la rete e i metodi di finanziamento. Con incluse le indicazioni per cancellare tutto temendo un blitz

«La maggior parte dei soldi vanno… alla Mugawama», ovvero la resistenza armata di Hamas. «Noi ci sacrifichiamo con i soldi e con il tempo, ma loro con il sangue». Queste le parole intercettate di Mohammed Hannoun, nell’ambito dell’inchiesta che ha portato al suo arresto e a quello di altre otto persone in tutta Italia  per sospetto schema di finanziamento ad Hamas. Un’operazione dell’antiterrorismo, coordinata dalle indagini della procura di Genova. E le carte dell’ordinanza firmata dal gip del tribunale ligure, Silvia Carpanini, riportate oggi su Repubblica, sono la prova di come fossero tutti consapevoli della destinazione reale delle raccolte dei fondi. Soldi che finivano anche «alle esigenze operative dell’ala militare», al sostegno «delle famiglie dei martiri, dei feriti e dei prigionieri». Secondo la Guardia di finanza e la Polizia si tratterebbe almeno del «71 per cento delle uscite» delle associazioni coinvolte.

Gli incontri con Hamas

Tra le carte della procura anche gli incontri tra Hannoun e Ismail Haniyeh, leader dell’organizzazione ucciso da Israele nel luglio del 2024, mentre si trovava in Iran. Numerose foto, intercettazioni e dichiarazioni pubbliche dello stesso Hannoun. Dopo la morte di Haniyeh, Hannoun rivendica quel rapporto in un intervento pubblico trasmesso sui social e seguito in diretta anche nei locali dell’associazione, affermando di averlo visto l’ultima volta «un mese prima». Già il 30 aprile 2024, parlando in auto con la moglie e la figlia, Hannoun riferisce di essere stato convocato: «Mi hanno detto che vogliono vedermi, andrò a vedere Ismail», usando il nome fittizio di Haniyeh, Abu al Abed.

«Sto pensando di rompere il pc»

E inoltre c’è un altro capitolo, quello che ha poi portato al blitz. Il pericolo che il gruppo, avvisato delle indagini, cancellasse il materiale. «Se ad Abu Rashad gli hanno dato un anno, a noi ci daranno sei anni», si legge in una conversazione intercettata. Con indicazione di eliminare più prove possibili: cancellare archivi, salvare dati su chiavette, nasconderli presso persone fidate. «Io sto pensando anche di rompere il pc dell’ufficio», dice uno degli indagati. Un altro insiste: «Non lasciare nulla». Hannoun voleva trasferire tutto in Turchia: su dati e conti esteri. Aveva pronto tutto. Incluso il passaporto.

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