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Scioperi e cortei, dilaga la protesta in Iran: «Morte a Khamenei». La polizia spara sulla folla. Gli Usa: «Basta, la gente vuole libertà» – Foto e video

30 Dicembre 2025 - 13:15 Simone Disegni
Dai negozi alle università, esplode il dissenso nel Paese: si dimette il governatore della Banca centrale, Pezeshkian promette dialogo

Una nuova ondata di proteste si sta diffondendo a macchia d’olio in Iran, spaventando il regime teocratico che governa il Paese dal 1979. A farle esplodere, come ciclicamente accade, sembra essere stata in primis la crisi economica: i prezzi sono schizzati di oltre il 42% in un anno a dicembre e la moneta del Paese è crollata tanto che per comprare un dollaro sul mercato libero lunedì servivano ormai 1.430.000 rial. Da domenica sono iniziate proteste, non a caso, in due mercati mobili di Teheran, dove si sono uditi slogan contro il governo. Ieri, lunedì 29 dicembre, la mobilitazione si è allargata. I più arrabbiati sono i commercianti. Hanno chiuso i negozi e si sono radunati nei pressi del Gran Bazar di Teheran e in un’altra area della capitale. Altre proteste hanno preso vita anche in altre città come Isfahan nel centro, Shiraz nel sud, Madhhad nel nord-est. E oggi le manifestazioni sembrano estendersi ulteriormente: non solo i negozianti, ma pure gli studenti delle principali università di Teheran sono scesi in strada alzando la voce direttamente contro la Guida Suprema Ali Khamenei: «Morte al dittatore» e «Tu sei il perverso e il molestatore, io sono una donna libera», intonano nei campus gli studenti.

La sfida al regime e la promessa di Pezeshkian: «Parliamoci»

Secondo la Cnn si tratta della più grande ondata di proteste contro il regime dal 2022, quando la 22enne Mahsa Amini morì dopo essere stata fermata dalla polizia per non aver indossato l’hijab. Una sfida diretta alla teocrazia riassunta da un’azione simbolo rimbalzata su siti e social: un uomo seduto sulla strada che rifiuta di spostarsi nonostante la minaccia a pochi passi degli agenti di sicurezza in moto. Un’immagine di sfida potente che ricorda quella che nel giugno 1989 divenne il simbolo delle proteste dei giovani cinesi contro il regime in Piazza Tienanmen. Gli Ayatollah corrono ai ripari con un mix di bastone e carota. Il governo ha inviato in forze le pattuglie di sicurezza a controllare le manifestazioni, e in almeno un caso avrebbe sparato sulla folla, come si vede in un video girato a Hamadan e rilanciato dal canale Iran International. Il governatore della Banca centrale Mohammad Reza Farzin nel frattempo però si è dimesso, e lunedì sera il presidente iraniano Massoud Pezeshkian ha rotto il silenzio predicando il dialogo con i dimostranti. «Ho chiesto al ministro degli Interni di ascoltare le legittime richieste dei manifestanti avviando un dialogo con i loro rappresentanti, affinché il governo possa fare tutto il possibile per risolvere i problemi e agire responsabilmente», ha detto Pezeshkian.

Gli Usa con i manifestanti: «Basta vessazioni dal regime»

Del caso ha parlato ieri sera lo stesso presidente Usa Donald Trump nel corso della sua conferenza stampa dopo l’incontro a Mar-a-Lago con Benjamin Netanyahu. «Uccidono la gente. Ogni volta che c’è una manifestazione o qualcuno si raggruppa, tanti o pochi che siano, iniziano a sparare alla gente», ha detto Trump. Che ha poi minacciato di attaccare nuovamente l’Iran se il suo governo tenterà di ricostruire il suo programma di missili balistici o riavviare quello nucleare. «Ho sentito dire che l’Iran sta cercando di riarmarsi: se così fosse, dovremo intervenire per fermarli. Li distruggeremo completamente», ha detto Trump per la gioia di Netanyahu. Il suo ambasciatore all’Onu Michael Waltz dal canto suo ha appoggiato platealmente le proteste e evocato il cambio di regime, osservando su X che «la gente in Iran vuole la libertà. Hanno sofferto per mano degli Ayatollah per troppo tempo». E lo stesso Dipartimento di Stato ha condiviso sul suo account in Farsi un video degli studenti in protesta all’Università di Teheran che «dimostrano un coraggio straordinario e nonostante le forze di sicurezza assedino i loro dormitori inneggiano a libertà e dignità». Una “invasione di campo”, quella Usa, temutissima da Teheran. Il regime non consentirà che i problemi concreti dei cittadini siano usati come «un pretesto per un attacco nemico agli ideali e ai valori della nazione», ha detto il portavoce della magistratura iraniana Asghar Jahangir.

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