Lavoro e povertà: le due facce del reddito di cittadinanza

Il provvedimento simbolo del Movimento 5 Stelle ha subito molte modifiche. Tra i punti migliorabili: la penalizzazione dei nuclei famigliari più numerosi, i sistemi di controllo per il lavoro nero e la disparità geografica dell’importo del reddito legata al costo della vita

Un percorso singolare, quello che ha condotto al reddito di cittadinanza. Mesi di annunci, contraddizioni, dietrofront e cambiamenti.Ma sempre senza testi chiari su cui discutere. Da alcuni giorni però, secondo le ultime indiscrezioni, il governo ha deciso di far filtrare una bozza del provvedimento (qui potete trovare un riassunto), come prova che siamo in dirittura di arrivo.
Ci sarà tempo per analizzarla nei dettagli e per illustrare ai lettori il funzionamento concreto del reddito di cittadinanza per le famiglie e per i giovani. Ma ci sono due aspetti che si possono evidenziare in questa fase: uno di metodo e uno di merito.


Lavoro e povertà: le due facce del reddito di cittadinanza foto 1


Rispetto alle indiscrezioni e alle dichiarazioni della scorsa estate, il testo che leggiamo oggi è molto diverso. L'aver fatto filtrare alcune caratteristiche del reddito di cittadinanza sulla stampa ha consentito al governo di recepire, senza ammetterlo, la maggior parte delle critiche che sono arrivare. Dare in pasto informazioni e vedersi criticati ha generato un inedito processo di "concertazione pubblica" sui giornali e sui talk show. Processo che, pur mettendo a dura prova gli analisti e i commentatori, soprattutto perché limitato alle riflessioni su dichiarazioni e non su testi, ha consentito di risolvere diversi problemi. Pensiamo al tema delle "spese morali" emerso in estate con l'idea di limitare le tipologie di spesa (escludendo ad esempio l'utilizzo nelle grandi catene di elettrodomestici), limitato oggi al fronte del gioco d'azzardo.
O all'utilizzo esclusivo dei Centri per l'impiego pubblici (CPI) per la presa in carico di inattivi e disoccupati, escludendo i privati. Nel testo a disposizione ora invece i CPI, come richiesto da molti, saranno supportati dalle Agenzie per il lavoro private.

Si tratta però, è importante dirlo, di un processo poco trasparente (in parte attuato anche dagli ultimi governi) che avrebbe avuto risultati ancora migliori se accompagnato da un pieno coinvolgimenti degli attori protagonisti di queste tematiche. Ci si può augurare, a questo punto, che anche altre criticità che restano nel testo fatto circolare possano risolversi nelle prossime settimana utilizzando lo stesso metodo e soprattutto nell'iter parlamentare di conversione del decreto. In particolare la penalizzazione dei nuclei famigliari più numerosi (oggi più colpiti dalla povertà), i sistemi di controllo per evitare la coesistenza di reddito e lavoro nero, la disparità geografica dell'importo del reddito data dai diversi costi della vita. Oltre alla riforma delle infrastrutture e delle competenze del personale dei Centri per l'impiego che ancora manca.

Rispetto al merito del provvedimento la versione che circola ci consegna una norma molto articolata e che affronta le complessità che un provvedimento così ambizioso deve gestire. In particolare è uno l'aspetto che merita più attenzione. Il reddito di cittadinanza così come presentato nei mesi scorsi mancava di identità: era un insieme un po' confuso, tra una misura per la riattivazione delle persone nel mercato del lavoro e una misura per combattere la povertà. Con il problema principale che queste due facce hanno metodi e richiedono strumenti completamente diversi. Non è detto infatti che tutte le persone che vivono sotto la soglia di povertà possano trovare un lavoro. Ci sono disagi di tipo sociale, psicologico, fisico che difficilmente sono superabili.

La nuova versione del reddito di cittadinanza chiarisce questo punto. Chi riceverà il reddito verrà valutato dai CPI e si deciderà se inserirlo in un percorso di formazione e di reinserimento al lavoro (Patto per il lavoro) che potrà avvenire con la presa in carico presso i CPI o presso le Agenzie per il lavoro e con il supporto degli enti bilaterale e dei fondi interprofessionali. Nel caso il bisogno sia più complesso, la persona o la famiglia sarà assegnata ai servizi sociali dei comuni (Patto per l'inclusione sociale) per un percorso che segue le regole di quello previsto per il Reddito di inclusione (REI). Senza entrare al momento nelle criticità di questoprocesso (una fra tutte la capacità dei CPI di analizzare le condizioni socio-economiche di chi si presenterà), la distinzione in due percorsi differenti è sicuramente positiva. Si riconosce quindi che le esigenze delle persone sono diverse a seconda della loro storia e particolarità. Il lavoro viene indicato come strada maestra per l'inserimento sociale, ma non l'unica, almeno in fase iniziale. Si riconosce quindi il diritto aun reddito minimo garantito a tutti, individuando percorsi di attivazione diversi caso per caso. Andrebbe fatto uno sforzo in più per differenziare anche tempi e importi a seconda dei casi.Il rischio concreto di unreddito di cittadinanza a vita anche per chi non ha forti disagi sociali resta:infatti la durata massima di 18 mesi è tutt'altro che massima. Il reddito potrà essere rinnovato un mese dopo la scadenza se non si sono trovate offerte di lavoro congrue.

Come questo verrà realizzato è tutto da valutare. Maggiore complessità -benvenuta – del provvedimento significa maggior complessità nella sua attuazione e ad oggi i servizi per il lavoro pubblici non hanno la forza per farlo. Aiuteranno i privati ma questi non sono presenti capillarmente in alcune regioni d'Italia. La sorte del reddito di cittadinanza si giocherà soprattutto su questi aspetti oltre che, naturalmente, sulle risorse disponibili che potrebbero non bastare per coprire la platea.

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