La mamma di Giuseppe Parretta a un anno dall’omicidio: «Abbandonata dalle istituzioni»

Katia Villirillo è tornata a parlare di suo figlio e del futuro del suo centro antiviolenza: «La nuova sede per le attività di recupero non è mai arrivata»

È passato esattamente un anno dall'omicidio di Giuseppe Parretta, 18 anni, figlio di Katia Villirillo, la fondatrice di "Libere Donne", un'associazione di Crotone che dal 2009 si è occupata di donne vittime di droga, prostituzione coatta e violenza domestica. Per l'omicidio è accusato Salvatore Gerace, uno spacciatore pregiudicato residente nella palazzina di fronte alla sede dell'associazione. Secondo gli inquirenti, la presenza nel quartiere di "Libere Donne" aveva disturbato il traffico di droga sulla strada, andando a colpire le entrate abituali di Gerace. Convinto che Giuseppe fosse una spia dei carabinieri, Gerace ha aperto il fuoco nel locale dove il ragazzo lavorava, nello stesso momento in cui a prendere un caffè erano passati sua madre, i suoi fratellini e la sua ragazza Ester. 


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Per ricordare suo figlio, il 13 gennaio Katia ha scritto una lettera aperta al Corriere della Sera: «Mio caro Giuseppe oggi è un anno che vivo senza di te. Alle 16.15 di un anno fa ero qui a stringerti fra le braccia mentre te ne andavi». «A casa – continua la lettera – abbiamo vissuto il primo Natale senza te. È stato un giorno sospeso, irreale. Io, più che viverlo, l’ho lasciato passare».

Alla tenerezza del ricordo di suo figlio, Katia ha accostato la frustrazione e la delusione verso le istituzioni. Sul finire dell'intervento, ha scritto di sentirsi «abbandonata» da chi le aveva «promesso tante cose», ribadendo quello che aveva denunciato già qualche mese fa: la nuova sede per le attività di recupero non è mai arrivata, né sono state mai installate le telecamere promesse per rendere pù sicura la zona del centro antiviolenza. «È una crudeltà costringermi a tornare ogni giorno dove è morto mio figlio», aveva dichiarato Katia poco prima di riaprire l'associazione il 25 novembre scorso. «È passato un anno e sono sola come lo ero quel giorno mentre Giuseppe moriva».