Nel primo pomeriggio del 7 febbraio, la Francia ha richiamato l’ambasciatore a Roma per consultazioni. La decisione è stata presa a seguito dell‘incontro del 5 febbraio tra il vicepremier Luigi Di Maio e Alessandro Di Battista, con uno dei rappresentanti dei Gilet Gialli, il movimento di protesta nato nelle piazze francesi che da dodici settimane scende in strada per opporsi alle politiche di Macron.
Ma «la provocazione inaccettabile» del governo italiano nei confronti di quello francese (così l’ha definita l’esecutivo parigino), non è che il culmine di un susseguirsi di scontri avvenuti tra i due Paesi europei. Fin dal primo momento in cui il governo gialloverde ha preso il controllo di Palazzo Chigi, gli attriti con l’Europa hanno raggiunto livelli topici.
In particolare, il confronto con la Francia si è fatto sempre più serrato e frequente, fino ad andare a toccare argomenti che fin’ora erano rimasti al di fuori dei rapporti diplomatici tra i due Paesi. Gli “attacchi” sono arrivati da entrambe le parti: da Ventimiglia al franco africano, ecco i momenti clue dello scontro tra Italia e Francia.
Il blitz dei gendarmi francesi a Bardonecchia
Il 30 marzo 2018, cinque agenti armati delle dogane francesi hanno fatto irruzione nel centro accoglienza di Bardonecchia, località della Val di Susa a pochi chilometri dal confine nord-ovest con la Francia, costringendo un migrante a sottoporsi al test delle urine.
A denunciare l’episodio fu Rainbow4Africa, l’Ong che assiste i migranti in uno dei punti geograficamente più critici del loro percorso (insieme a Ventimiglia), che definì lo sconfinamento come una «grave ingerenza nell’operato delle Ong e delle istituzioni italiane».
La Francia, attraverso le dichiarazioni del ministro dei Conti Pubblici Gérald Darmanin, affermò la possibilità dei doganieri francesi di poter «intervenire sul territorio italiano in base a un accordo sugli uffici di confine del 1990 in condizione di rispetto della legge e delle persone». Ma il comportamento degli agenti transalpini provocò le feroci reazioni del Viminale.
La Farnesina non tardò a richiamare l’ambasciatore francese per render conto dell’accaduto. «Quanto successo a Bardonecchia deve essere chiarito completamente in ogni suo aspetto», aveva affermato Luigi Di Maio. Qualche tempo dopo si verificò l’episodio di Claviere, nel quale le truppe francesi abbandonarono sul suolo italiano alcuni stranieri irregolari trovati nel territorio francese.
L’avvicinamento ai Gilet gialli
Il tentativo di avvicinamento del movimento di protesta francese da parte di Luigi Di Maio ha una storia travagliata. Sia perché a essere confusa è la struttura stessa dei Gilet gialli, volontariamente senza leader e senza un’identità definita: al suo interno confluiscono, infatti, cittadini indignati per l’aumento dei prezzi sul carburanti, movimenti studenteschi, attiviste femministe e oppositori del governo più in generale. Sia perché i feedback nei confronti dei passi in avanti del vicepremier italiano sono stati incostanti e, spesso, incoerenti.
Dopo un primo no categorico, il 5 febbraio 2019 uno dei volti dei gilet jaunes, Cristophe Chaleçon, ha incontrato Di Maio e Alessandro Di Battista all’Hotel de France di Montargis, nell’hinterland parigino. Le parole del portavoce hanno lasciato intuire una possibile apertura (che ha fatto indignare il governo Francese): «Non parliamo ancora di alleanza, ma certamente di dialogo. Siamo praticamente d’accordo su tutto».
I migranti, il colonialismo e il Cfa
«Se oggi noi abbiamo gente che parte dall’Africa è perché alcuni Paesi europei con in testa la Francia non hanno mai smesso di colonizzare l’Africa. Con “il franco delle colonie” si finanzia il debito pubblico francese».
Con queste parole, Di Maio aveva inaugurato il 20 gennaio scorso le polemiche contro il Cfa, la moneta africana che si riferisce a due valute differenti (ma intercambiabili) in uso in 14 ex colonie francesi: Camerun, Repubblica Centrafricana, Ciad, Repubblica del Congo, Guinea Equatorial, Gabon per l’Africa Centrale e Benin, Burkina Faso, Guinea-Bissau, Costa d’Avorio, Mali, Niger, Senegal e Togo per l’Africa occidentale.
Secondo il vicepremier, il Cfa sarebbe la vera causa dell’arrivo dei richiedenti asilo in Italia dai Paesi che l’hanno adottata. A sostenere le accuse, Alessandro Di Battista e il volto di Fratelli d’Italia Giorgia Meloni, che in una serata di ospitate televisive su due diverse reti, avevano sbandierato un fac simile della banconota denunciando il ruolo dominante della Francia nei confronti del Continente africano.
La Tav
Il 6 febbraio 2019, il ministro dei Trasporti Danilo Toninelli ha consegnato l’analisi dei cost-benefici sulla Tav al governo francese. L’invio del materiale è stato rimandato per mesi. «A chi volete che interessi andare a Lione in treno?», aveva detto lo stesso Toninelli, definendo la costruzione un «buco inutile». Ma l’accordo sottoscritto da Italia e Francia sulla Torino-Lione durante la leadership del Pd rimane una realtà con cui l’attuale governo dovrà fare i conti. Sarà da vedere come il Movimento riuscirà a districarsi tra posizioni politiche e trattative internazionali.