Di Maio spiega l’incontro coi Gilet gialli a «Le Monde». Ma sbaglia una data

Dopo aver lodato la tradizione democratica francese, il vice-premier italiano esprime solidarietà con le rivendicazioni dei gilet gialli. L’elogio di Di Maio contiene però un’imprecisione: la democrazia francese non è millenaria, ha poco più di duecento anni

In una lettera al quotidiano francese Le Monde, il vice-premier italiano Luigi di Maio spiega le ragioni che l’hanno spinto a incontrare i rappresentanti dei gilet gialli candidati alle elezioni europee. La visita aveva suscitato l’indignazione del governo francese, contribuendo alla decisione di richiamare l’ambasciatore francese a Roma. «Dopo il richiamo da parte del governo francese del suo ambasciatore, la prima cosa che vorrei ripetere con forza è che l’Italia e il governo italiano considerano la Francia come un paese amico, e considerano il suo popolo, con la sua tradizione democratica millenaria, come un punto di riferimento, a livello mondiale, nelle conquiste dei diritti civili e sociali». L’elogio di Di Maio contiene però un’imprecisione: la democrazia francese non è millenaria, ha poco più di duecento anni.


Dopo aver espresso la sua ammirazione per le tutele e i diritti dello stato sociale francese, il vice-premier italiano afferma di capire che la popolazione esprima contrarietà quando questi vengono smantellati. Di Maio concede poi che questo smantellamento non sia solamente attribuibile al governo attuale e ricorda la sua opposizione alla Loi du travail, la Legge del Lavoro promulgata dal governo Hollande, responsabile a detta sua dell’aumento della precarietà dei lavoratori francesi. Si scaglia poi contro le misure ultra liberali portate avanti dalla sinistra come dalla destra e afferma di aver incontrato i rappresentanti dei gilet gialli perché è stato «colpito ritrovando tra le rivendicazioni dei gilet gialli dei temi post-ideologici che vanno oltre le divisioni tra destra e sinistra».


Nella seconda parte della lettera, il vice-premier spiega quella che dichiara essere la sua linea politica in Italia: ridare potere economico a quelle classi sociali che sono state a lungo vittima di un’establishment che per decenni ha favorito i più ricchi. «Nella nostra prima finanziaria abbiamo deciso di aumentare le tasse sui giochi d’azzardo, le banche, le compagnie d’assicurazione, le multinazionali che estraggono petrolio dai nostri mari. Allo stesso tempo abbiamo ridotto di mezzo miliardo le nostre spese militari. Tutto questo per finanziare delle misure che permetteranno a 1 milione d’italiani di andare in pensione più preso e a 5 milioni d’italiani di ricevere un reddito minimo.» Evoca poi investimenti in start-up, tutele a piccole e medie imprese e attacchi alle pensioni d’oro. Di Maio si congeda con un invito a non rovinare l’amicizia storica tra Francia e Italia e riafferma la volontà di collaborazione dell’esecutivo italiano.