Mogol si scopre sovranista: lettera agli associati Siae, sì alla quota fissa di musica nostrana

L’ex paroliere, ora presidente della Società Italiana Autori ed Editori, ha inviato una lettera per promuovere la proposta di legge che garantisce una quota fissa di palinsesto alla musica tricolore 

Giulio Rapetti Mogol – conosciuto da tutti solo come Mogol – il paroliere di Lucio Battisti, nonché presidente della Siae da settembre 2018 sta inviando agli iscritti alla società una lettera. Il contenuto si basa sulla proposta di legge – che ha fatto molto discutere nei giorni scorsi- dal titolo: «Disposizioni in materia di programmazione radiofonica della produzione musicale italiana», presentata dal deputato Alessandro Morelli. L’idea di base, immediatamente contestata da conduttori anche noti, è che nella programmazione delle emittenti, pubbliche e soprattutto private, un terzo della musica sia di autori italiani. Mogol afferma che la proposta di legge avrebbe un impatto positivo sul mercato radiofonico italiano perché «produrrebbe maggiori introiti in diritti d’autore e in diritti connessi» e dice anche che solo una piccola parte delle emittenti, quattro su dieci, oggi tengono la programmazione italiana nella soglia del 33%. Per questo motivo chiede a tutti, autori ma soprattutto editori, di «contribuire a questa battaglia per la valorizzazione della musica italiana».


Nella stessa lettera, è infine descritto una sorta di vademecum per tutti gli addetti ai lavori nel settore radiofonico per «promuovere la cultura italiana in radio, valorizzare i nostri talenti e sostenere la nostra industria musicale». La verità è che la lettera di Mogol non costituisce del tutto una novità: lo scorso 18 febbraio l’ex paroliere aveva rilasciato un commento a La Stampa subito dopo che la proposta di legge di Morelli era stata resa nota:«Ritengo quella proposta una cosa positiva perché concede spazio alla nostra cultura – argomentava Mogol -. Mi pare una cosa assennata, e poi la aspettiamo da anni una legge sulla musica. Penso anche che un provvedimento del genere vada incoraggiato anche con altre iniziative, come i limiti che andrebbero imposti al numero dei brani prodotti dalle radio, in modo che non diventi un trust».


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