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Crimini militari americani in Afghanistan: gli Usa revocano il visto al procuratore che li indaga

Fatou Bensouda aveva proposto di aprire un’indagine sui crimini di guerra dei militari USA a Kabul. In risposta alla richiesta, gli Stati Uniti hanno deciso di imporre un divieto di visto alla giurista gambiana

Gli Stati Uniti hanno revocato il visto a una procuratrice della Corte penale internazionale dell’Aja (CPI), la gambiana Fatou Bensouda, per aver proposto di aprire un’indagine su presunti crimini di guerra di militari statunitensi in Afghanistan.


«È nostro auspicio che (la misura) non abbia alcun impatto sulla possibilità per il procuratore di recarsi negli Stati Uniti per soddisfare i suoi obblighi nei confronti delle Nazioni Unite, comprese le riunioni periodiche dinanzi al Consiglio di sicurezza dell’Onu», ha chiarito una nota diffusa dall’ufficio del Procuratore.


Già a marzo, il segretario di Stato americano Mike Pompeo aveva dichiarato di essere «determinato a proteggere il personale militare e civile americano e alleato dal vivere nella paura di un procedimento giudiziario ingiusto per le azioni intraprese per difendere la nostra grande nazione».

La richiesta era stata fatta da Bensouda più di un anno fa. La mossa dell’amministrazione Trump è stata denunciata da varie organizzazioni internazionali come un’interferenza senza precedenti nel lavoro della Corte che giudica i crimini di guerra internazionali. «Queste restrizioni potrebbero anche essere usate per impedire alla corte di perseguire personale alleato, tra cui gli israeliani», aveva aggiunto Pompeo.

«La corte è un’istituzione giudiziaria imparziale e indipendente cruciale per assicurare giustizia ai gravi crimini commessi sotto il diritto internazionale», ha chiarito in un comunicato la Corte penale internazionale.

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Oltre a crimini su civili, l’inchiesta prenderebbe in esame presunti abusi in centri di detenzione in Afghanistan tra il 2003 e il 2004. Il Paese è stato invaso da Washington nel 2001, poco dopo l’attentato alle Torri Gemelle, con l’obiettivo di mettere fine al governo dei talebani.

Ma dopo 18 anni di combattimenti gli Stati Uniti si trovano imbrogliati nel più lungo conflitto a cui Washington abbia mai partecipato. Una ferita più profonda della guerra in Vietnam che Trump è pronto a ricucire lasciando Kabul al suo destino.

A dicembre il Presidente americano ha annunciato il ritiro delle truppe dal Paese, mentre a febbraio hanno preso il via una serie di colloqui tra gli Stati Uniti e i talebani, colloqui che lasciano fuori proprio il governo riconosciuto dalle Nazioni unite di Ashraf Ghani.

Una mossa con cui Trump vuole rispettare le sue promesse elettorali dell’ «America First», ritirando i militari statunitensi dagli scenari di guerra in Medio Oriente. Così come per i curdi siriani che vengono consegnati ai progetti del Presidente turco Recep Tayyip Erdogan, l’America vuole stringere un patto con il gruppo estremista e consegnare il Paese al caos.

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