Un’opera d’arte contro la violenza sulle donne ha fatto arrabbiare le femministe

L’installazione di Gaetano Pesce «Maestà soffrente» è stata posizionata in piazza Duomo, a Milano, per l’avvio del Salone del mobile. L’opera è un’evoluzione della sua famosa poltrona «Up5&6» e rappresenta la violenza sulle donne in forma di frecce che ne puntellano il corpo. Ma le associazioni femministe danno una propria interpretazione critica: «Alla poltrona e al puntaspilli mancano infatti testa, mani e tutto ciò che esprime umanità in un soggetto»

Il Salone Internazionale del Mobile, la più importante fiera al mondo del design e dell’arredamento, richiama migliaia di appassionati. Dal 9 al 14 aprile, insieme al Fuorisalone, trasforma la città con esposizioni e performance artistiche. Ma il giorno dell’inaugurazione, un’enorme installazione contro la violenza sulle donne esposta in piazza Duomo ha acceso le polemiche tra artisti, critici e femministe.


Un'opera d'arte contro la violenza sulle donne ha fatto arrabbiare le femministe foto 2


Fonte: B&B Italia | La poltrona Up 5&6

La «Maestà soffrente» di Gaetano Pesce campeggia con i suoi 8 metri di altezza davanti alle aiuole di palme e banani. Si tratta di una riproposizione della poltrona Up 5&6 che, cinquant’anni fa, diventò un’icona del design italiano. La critica la accolse come rappresentazione della donna assoggettata all’uomo: nel 1969, Pesce denunciò la condizione delle donne, condannate a una vita dietro le quinte e mai in primo piano nella società.

Oggi la mitica poltrona Up 5&6 viene riproposta in una chiave diversa: la superficie dura, in poliuretano e rivestita di vetroresina, è trafitta da 400 dardi, che rappresentano gli abusi che le donne subiscono ogni giorno. Oltre le frecce, l’artista e il suo team hanno rielaborato anche il celebre poggiapiedi sferico, trasformato in una “palla al piede” di ferro, come quelle che si usavano per bloccare i carcerati.

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Sei teste di animali feroci enfatizzano la crudeltà maschile che si manifesta nella sottomissione femminile: «A distanza di 50 anni – scrive lo studio di design – l’esistenza della donna è ancora più minacciata di allora, ma fortunatamente sono sempre di più le voci che si levano a sua difesa nel mondo. L’opera vuole riproporre il suo doloroso significato alla coscienza di centinaia di migliaia di visitatori provenienti dai diversi paesi del mondo».

A quanto pare, l’arte non è riuscita ad arrivare alle femministe: da metafora della violenza sulle donne, «Maestà Soffrente» è diventata bersaglio del movimento Non una di meno: «Non bastava l’utilizzo del corpo femminile reso oggetto ai fini del design, ora l’idea viene rielaborata per rappresentare la violenza sulle donne. Il risultato? Una potrona-donna trafitta da centinaia di frecce (rievocazione del martirio?). Una rappresentazione della violenza che è ulteriore violenza sulle donne perché reifica ciò che vorrebbe criticare», scrive il movimento su Facebook.

A Milano succede che per il salone del mobile è stata installata ieri in Duomo l'opera di Gaetano Pesce, intitolata: "…

Pubblicato da Non Una Di Meno – Milano su Domenica 7 aprile 2019

E aggiunge: «La donna per l’ennesima volta è rappresentata come corpo inerme e vittima, senza mai chiamare in causa l’attore della violenza. E tutto questo senza passare dalla forma umana: alla poltrona e al puntaspilli mancano infatti testa, mani e tutto ciò che esprime umanità in un soggetto».

La critica artistica pubblicata sul post non convince però gli organizzatori dell’evento. «È molto contemporanea nonostante sia di cinquant’anni fa – ha detto il sindaco di Milano Beppe Sala -. È giusto che se ne parli perché ci stupiamo ancora quando succede un femminicidio e se attraverso questa testimonianza se ne riparla, allora deve andar bene. È giusto rendere onore a Gaetano Pesce. A me non dispiace affatto, mi sembra un messaggio contemporaneo».

Anche l’assessore al Comune di Milano Cristina Tajani ha riconosciuto il lato provocatorio dell’opera, ma ha ribadito il suo apprezzamento: «L’installazione contiene un messaggio di grande impegno, ci è sembrato un modo per dare un contenuto sociale a una settimana normalmente “leggera”. Il design diventa così strumento per far riflettere».

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