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Spagna verso le elezioni, chi sono i candidati

27 Aprile 2019 - 09:56 Emma Bubola
Le operazioni di voto, avviate alle 9 del mattino, si sono concluse alle 20

Per i nazionalisti baschi, per i catalani, per l’estrema destra, per la sinistra tradizionale. Le elezioni legislative di oggi 28 aprile coroneranno un anno significativo per ciascuna delle principali formazioni spagnole. E saranno determinanti per il futuro politico di ognuna di loro.

I votanti saranno 37 milioni, per designare i 350 deputati e i 266 senatori delle Cortes Generales, il Parlamento bicamerale spagnolo. Le elezioni avrebbero dovuto tenersi l’anno prossimo ma la maggioranza non ha retto per la seconda volta dalla scorsa estate e il premier Pedro Sànchez ha indetto le elezioni anticipate.

I candidati

Pedro Sánchez (Partito Socialista, centrosinistra)

Exit poll Spagna, i socialisti in testa foto 2

Pedro Sànchez

Il premier e segretario del Partito Socialista è ancora il favorito. I sondaggi lo danno al 29%, abbastanza per vincere, non per per avere la maggioranza assoluta. In caso di vittoria, Sànchez dovrà probabilmente fare in modo di creare una coalizione, situazione a cui deve il fallimento del suo precedente governo.

La maggioranza si è infatti sfaldata a febbraio in seguito a una crisi provocata dagli indipendentisti catalani, che hanno detto «No» alla nuova legge di bilancio. Sànchez aveva bisogno del loro sostegno perché questa venisse approvata, ma l’appoggio catalano era legato alla loro richiesta di un referendum per l’indipendenza della regione, che Sànchez non ha accontentato.

Il suo esecutivo (con il più alto numero di donne nella storia) composto da Podemos, nazionalisti baschi e indipendentisti catalani non ha retto la defezione.

Pablo Casado (Partito Popolare, centrodestra)

Exit poll Spagna, i socialisti in testa foto 5

Pablo Casado

Dai giorni in cui è stata votata la sfiducia all’ex premier Mariano Rajoy per il coinvolgimento del suo partito in uno scandalo di corruzione, i consensi al Partito Popolare, ora guidato da Pablo Casado, sono crollati inesorabilmente. I sondaggi lo danno al 10% in meno rispetto ai socialisti.

Il candidato 37enne, ex responsabile della comunicazione del PP, è il volto della svolta a destra del partito. Ha scalzato la sinistra da una delle sue roccaforti, l’Andalusia, alle elezioni regionali di dicembre, grazie a un’alleanza con i liberali Ciudadanos e l’estrema destra Vox. Dopo una campagna elettorale poco gloriosa, Casado si vuole proporre come l’unica destra possibile, il solo «valore sicuro».

Santiago Abascal (Vox, estrema destra)

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Santiago Abascal

La Spagna era uno dei pochi paesi europei in cui il populismo di destra era assente dalle assemblee centrali e regionali dal 1982. Fino a al dicembre 2018, quando Vox ha sconvolto la Spagna, ottenendo l’11% dei voti e 12 seggi nelle elezioni regionali in Andalusia. Ora il partito è al 13% nei sondaggi, e potrebbe entrare per la prima volta in Parlamento.

Il suo leader, Santiago Abascal, è un nostalgico del franchismo e ha dichiarato di «non offendersi» quando viene definito «fascista». Sotto la sua guida, Vox ha proposto la soppressione di tutte le «istituzioni femministe radicali sovvenzionate», l’eliminazione della legge contro la violenza di genere e l’introduzione di una normativa che vieti l’aborto.

Riguardo l’immigrazione, Abascal ha promesso di espellere tutti i migranti irregolari, impedire loro di ottenere il permesso di soggiorno e di dare sempre la priorità agli spagnoli rispetto agli stranieri in termini di servizi pubblici.

Pablo Iglesias (Podemos, sinistra radicale)

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Pablo Iglesias

Fondatore di Podemos, il politologo Pablo Iglesias è il responsabile dell’istituzionalizzazione del movimento 15-M, gli Indignados che occupavano le strade per ribellarsi a diseguaglianza e corruzione. Ha solo 5 anni, ma Podemos è già la terza forza politica spagnola e lo è dal ventesimo giorno dopo la sua nascita.

Ora il partito è al governo in una coalizione con United Left e Equo, chiamata Unidos Podemos, che ha raccolto il 21% devi voti alle elezioni del 2016. Il partito anti-establishement e anti-europeo è stato criticato per aver firmato il budget di Sànchez, stringendo di fatto un’alleanza con il Partito Socialista.

Il successo del partito è anche minacciato dallo scontro interno tra il leader Iglesias e il co-fondatore Íñigo Errejón: il numero di deputati di Podemos rischia di essere dimezzato. Il calo della popolarità del partito ha rinvigorito il supporto per il Partito Socialista.

Albert Rivera (Ciudadanos, liberale)

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Albert Rivera

Albert Rivera, il 39enne alla testa di Ciudadanos, si batte perché la Catalogna rimanga in Spagna. Originario di Barcellona, Rivera parla spesso di Emmanuel Macron e Justin Trudeau, affermando di volere, come loro, «battere il sistema esistente». Il suo partito è la quarta forza politica del Paese e ha contribuito insieme a Podemos a scardinare il bipartitismo in Spagna.

I suoi rappresentanti siedono in Parlamento dal 2015, dove hanno proposto misure economiche liberali e raccolto i delusi del Parito Popolare scagliandosi contro la corruzione. Questa virata a destra ha allontanato però una parte della sinistra moderata che sosteneva il partito, anche questa accaparrata dal Psoe.

Gli indipendentisti catalani

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I partiti catalani indipendentisti hanno candidato come capilista alcuni dei loro leader incarcerati e di quelli che hanno lasciato il paese per fuggire al carcere. L’ex presidente regionale, Oriol Junqueras, dietro le sbarre da un anno e mezzo e condannato a 25 anni di carcere, fa parte della lista della Sinistra Repubblicana Catalana per le elezioni generali di oggi e quelle europee di fine maggio.

L’ex presidente regionale Carles Puidgemont, attualmente in Belgio, fa parte della lista Insieme per la Catalogna per le Elezioni Europee. Il consiglio elettorale ha concesso ai candidati di organizzare conferenze stampa in carcere, ma la Corte Suprema ha vietato ai candidati carcerati di lasciare la prigione per condurre la campagna elettorale. Gli indipendentisti sembrano i favoriti tra tutti i partiti catalani.

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Jordi Turull, indipendentista catalano, intervistato in carcere

I sondaggi

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Pablo Casado, Pablo Iglesias, Pedro Sanchez, Albert Rivera

Gli ultimi sondaggi danno Vox al 12%, (18-28 deputati), Ciudadanos al 14 (51-53 deputati), il Partito Popolare al 20 (meno di 86 deputati), il Partito socialista intorno al 30 (tra 118 e 126 deputati) e Podemos al 12 (35-39).

Questi risultati hanno spinto vari giornali a definire la situazione spagnola un «pentapartitismo imperfetto». Se il voto di domenica rifletterà queste tendenze, sarà necessario formare un governo di coalizione per ottenere la maggioranza in Parlamento.

Per un governo di coalizione

A destra

Pablo Casado, il leader del PP, il partito di destra tradizionale, ha affermato, dopo il successo di Vox alle elezioni in Andalusia, di essere disposto ad accettare ministri del partito franchista. Ha dichiarato lo stesso rivolgendosi ai membri di Ciudadanos, che recentemente si è però scagliato contro la politica economica dei precedenti governi del PP. Dati i toni dei tre, sempre più estremi in campagna elettorale, l’unione dei tre partiti è stata soprannominata «triofachito», che significa «triofascista».

A sinistra

Difficilmente il Partito Socialista di Pedro Sànchez riuscirebbe a governare solo. Sembra però che non sarà sufficiente l’unione con Podemos di Pablo Iglesias per garantirgli la maggioranza. Nonostante Sánchez abbia definito «Irresponsabili» i partiti Esquerra Repubblicana (ERC) e Junts per Catalunya (JxCat), il socialista potrebbe essere costretto ad allearsi con i nazionalisti baschi e catalani.

Così facendo, Iglesias rischierebbe di ricacciarsi nel vicolo cieco che ha segnato la fine del suo precedente governo. Da un lato avrebbe la destra che condannerebbe ogni suo passo in avanti verso le volontà indipendentiste dei catalani, dall’altro i catalani che porrebbero il veto alla legge di bilancio in assenza di un “sì” al referendum di autodeterminazione.

L’unione con Ciudadanos sarebbe numericamente conveniente ma ideologicamente problematico: nonostante la sua intenzione centrista, il partito di Albert Rivera si è dimostrato di destra, radicalmente anticatalano e neoliberista.

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