Insulti razzisti a un bambino durante una partita di basket: «Mio figlio mi ha detto: “Non posso più giocare?”» – L’intervista

Parla a Open Rita Aicardi, la mamma del bambino insultato dagli spalti durante una partita under 13

«Volevo dare un segnale a mio figlio, dimostrargli che una cosa del genere non deve fargli pensare di smettere di giocare a basket e che certe cose si possono denunciare pacatamente senza insultare nessuno».


Commenta così a Open Rita Aicardi, la madre del ragazzino insultato durante un triangolare di Basket under 13, organizzato dalla polisportiva Schuster a Milano. Mentre in campo le due squadre si contendevano la vittoria nella finale, dagli spalti è partita una pensante offesa al ragazzino («N**** di M**** ») nato in Etiopia e adottato a sei mesi.


«All’inizio ho cercato di smorzare dicendo che sono solo dei cretini. Quando mio figlio mi ha chiesto se non poteva più giocare a basket allora gli ho detto che ci saremmo difesi, ma con le parole, non con la violenza». Il post Facebook ha avuto una risonanza che Aicardi non si aspettava.

«Non penso assolutamente si tratti di un episodio di odio razziale ma di stupidità. Ma con la stupidità è difficile confrontarsi ed è per questo che è molto pericolosa. Poi la società che si è trovata a giocare contro mio figlio non c’entra assolutamente niente e questo l’ho detto e ribadito». Una precisazione che si è resa doverosa perché su Facebook la società è stata presa di mira dagli insulti.

Gli insulti alla società

«Siamo stati sommersi dagli insulti senza che però nessuno abbia potuto verificare cosa sia veramente successo», dice Andrea Polo Buongiorno, responsabile tecnico del settore giovanile dei Tigers. «Fin da subito ci siamo dissociati (dagli insulti razzisti, ndr) e ci siamo attivati per trovare i colpevoli. Ma sulla nostra pagina sono arrivate molte critiche, ingiustificate».

Intervistato da Open, Buongiorno racconta che la società è impegnata da anni in via Padova, una vita multietnica di Milano, contro la discriminazione e ogni forma di razzismo: «Abbiamo molti ragazzi stranieri nelle nostre squadre e abbiamo sempre fatto dell’inclusione la nostra missione quindi ci sembra una pugnalata quella ricevuta sui social e mi dispiace che sia stato attaccato il lavoro di chi viene tutti i giorni in palestra».

Opinione condivisa anche dalla mamma del ragazzo: «Non è stato capito l’intento del mio post su Facebook», spiega Rita. «Anzichè unirci ci siamo scagliati contro una società che non ha responsabilità». Aicardi dice di non essere interessata a individuare il responsabile: «Non voglio che la vicenda assuma connotazioni politiche. Chi ha detto questa cosa ha potuto riflettere sulla stupidità di quello che ha fatto. Quello che volevo era dimostrare a mio figlio che ogni insulto ha una conseguenza: da ciccione a brutto».

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