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Fecondazione assistita eterologa, l’Italia ora in linea con l’Europa – L’intervista

20 Giugno 2019 - 02:46 Juanne Pili
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La decisione del Consiglio di Stato colma un vuoto legislativo sulla eterologa dopo anni di divieti

Il Consiglio di Stato interviene per colmare il vuoto legislativo sulla fecondazione assistita eterologa, come chiesto anche dalle direttive dell’Unione europea. Saranno previsti inoltre dei limiti d’età per i donatori: 25 per la donna e 35 per l’uomo. Oltre alla maternità sarà garantita quindi anche la salute del neonato.

Le motivazioni di questa decisione sono nell’interesse dei futuri neonati e riguardano i limiti della procreazione di bambini con patrimonio genetico comune. Ci si aspetta adesso un aggiornamento dei regolamenti da parte del ministero della Salute sulla donazione delle cellule riproduttive.

In Italia la Legge 40 del 2004 ha per lo più fornito divieti molto pesanti sulla fecondazione assistita, costringendo molte coppie a trasferirsi all’estero per riuscire ad avere un figlio.

Il dottor Francesco Comodo, responsabile del Centro Florence, spiega a Open quali saranno le opportunità di questo passo avanti in materia di fecondazione medicalmente assistita.

Quindici anni di divieti ingiustificati

A 15 anni di distanza, i limiti legislativi – non sempre giustificati a livello scientifico – sono stati abbattuti a colpi di sentenze: come il divieto di fecondazione eterologa, tanto che nel 2014 la Corte costituzionale lo ha riconosciuto come illegittimo

«La Legge 40 effettivamente è stata una Caporetto per la fecondazione assistita – conferma il dott. Comodo – cercando di regolamentare ha invece blindato in maniera anomala la fecondazione assistita».

«Innanzitutto veniva permessa solo alle coppie infertili. Consentiva di usare solo un numero di ovociti congruo, mentre non si potevano congelare gli embrioni, inoltre l’eterologa era del tutto bandita».

La stessa Unione Europea lamentava le mancanze della nostra legislazione in merito. Dal 2009 al 2016 altri paletti controversi dettati più da questioni filosofiche o religiose sono venuti meno. L’Associazione Luca Coscioni ne ha stilato un elenco

«Divieto di produzioni di più di tre embrioni; Obbligo di contemporaneo impianto di tutti gli embrioni prodotti; Divieto di diagnosi pre-impianto per le sole coppie infertili; Divieto di eterologa; Divieto di accesso alle coppie fertili ma portatrici di patologie genetiche».

I limiti che maggiormente hanno creato difficoltà sono quelli che escludevano alle coppie fertili di ricorrere a questa pratica, tagliando fuori tutti quelli che avevano problemi genetici o specifiche patologie. Inoltre era possibile solo ricorrere alla fecondazione omologa, escludendo quindi le donazioni da parte di individui estranei alla coppia.

«Questa legge – continua il dott. Comodo – è stata effettivamente demolita a colpi di sentenze della Corte. Dal 2014, con l’accordo tra Stato e regioni finalmente possiamo congelare ovociti e gameti, compresi gli embrioni a patto che i pazienti si impegnino a riprenderli nel più breve tempo possibile. Infine abbiamo riaperto all’eterologa».

Una delle polemiche che maggiormente hanno condizionato i legislatori riguardava la possibilità di eseguire degli screening genetici pre-impianto. Si è parlato anche di possibili usi “eugenetici”, insinuando che queste analisi servissero a soddisfare il desiderio di avere “bimbi più sani e più belli”.

«Lo screening si fa in condizioni particolari. L’analisi genetica pre-impianto è applicabile nelle situazioni in cui potrebbero esserci gravi problemi genetici. Ci sono per esempio pazienti talassemici. Con lo screening preveniamo quindi un possibile aborto».

«Ovviamente il mostro è sempre dietro l’angolo ma esiste un codice etico a cui tutti noi ci atteniamo: l’eugenetica è ben lungi dalle nostre mire. Cerchiamo semplicemente di aiutare le coppie a evitare di trovarsi in situazioni gravi: dover abortire non è proprio salutare per una coppia».

Un vuoto normativo finalmente colmato

Al di là delle ultime questioni controverse sembra che si sia riusciti a colmare il presunto «vuoto legislativo» dovuto a una norma che si è rivelata essere illegittima in buona parte dei suoi divieti. Anche se non sarebbe corretto parlare di un Farwest, gli addetti ai lavori infatti seguono le procedure già in uso nei paesi dell’Unione Europea.

L’Associazione Luca Coscioni che più si è battuta per superare i limiti della Legge 40, ora chiede tempi brevi per l’atto ministeriale che permetterà l’effettiva applicazione delle tecniche di fecondazione eterologa, recependo finalmente le direttive europee, anche per quanto riguarda la donazione di «tessuti e cellule umane donate per scopi medici».

«Il Consiglio di Stato – conferma il dott. Comodo – non fa altro che ratificare le condizioni dettate dalla Conferenza tra Stato e regioni. Rappresentano del resto il modo di lavorare di tutti i centri europei. Ben venga che sia tutelata anche la salute del nascituro, abbassando l’età dei donatori e delle donatrici, cosa che già facevamo, prevenendo la consanguineità».

Manca una cultura della donazione

Una legge piuttosto restrittiva e i ritardi che ne sono conseguiti rispetto agli altri paesi dell’Unione Europea, ci hanno portato oggi ad aver perso l’occasione di costruire una cultura del dono, sottolinea il dott. Comodo.

«La maggiore difficoltà nel nostro Paese è quella di reperire donatori. La Legge 40 in tutti questi anni ha oscurato la coscienza civile a riguardo. Ci troviamo così nella situazione di non avere l’opportunità di accedere alle donazioni. Mancano innanzitutto persone in età per poter donare, la maggior parte dei pazienti che vengono da noi hanno superato i 35 anni». 

«Dovremmo promuovere campagne di sensibilizzazione a partire dalle scuole. A nome della Fondazione Pma Italia (procreazione medicalmente assistita) abbiamo lanciato l’8 marzo l’iniziativa intitolata “Campagna del cavolo”, promuovendo anche il Social e Medical freezing, ovvero la preservazione della fertilità nelle donne in vista di un trattamento futuro».

«La scelta genitoriale oggi non è condizionata solo dalla carriera lavorativa, – conclude il dottore – ma è correlata anche alla conoscenza della persona giusta con cui diventare genitori. Questo spesso non coincide con l’età biologica. Quindi andrebbe promossa non solo la cultura del dono, ma anche della preservazione, permettendo di dare dei compensi ai donatori, mettendoli nelle condizioni di poterlo fare».

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