In Evidenza Governo MeloniIsraeleBruno Vespa
ATTUALITÀEx IlvaLavoro e impresaLuigi Di MaioPugliaTaranto

Ilva, i ministri 5 Stelle oggi a Taranto. La riconversione è davvero possibile?

24 Giugno 2019 - 06:10 Redazione
La Lega di governo, per il momento, resta a guardare, mandando segnali distensivi alla proprietà Arcelor Mittal

Ex-Ilva: tavolo in prefettura oggi, lunedì 24 giugno, a Taranto per fare il punto sul Contratto istituzionale di sviluppo. La riunione sarà presieduta dal vicepremier Luigi Di Maio. Con lui ci saranno altri 5 colleghi M5S: la ministra per il Sud Barbara Lezzi, quella della Salute, Giulia Grillo, il ministro dell’Ambiente, Sergio Costa, quello ai Beni Culturali Alberto Bonisoli e la ministra della Difesa, Elisabetta Trenta.

La Lega di governo, per il momento, resta a guardare, mandando segnali distensivi alla proprietà Arcelor Mittal (entrata in scena nel 2018, a cinque anni dal sequestro dell’area) e tenendosi a distanza da un caso, quello dell’ex Ilva, che secondo alcuni potrebbe rivelarsi un nodo complesso da risolvere per Di Maio e i 5 Stelle.

All’incontro di oggi partecipano anche tutti gli enti coinvolti nel Contratto istituzionale di sviluppo, a partire dai Comuni dell’area di crisi: Taranto, Statte, Massafra, Crispiano, Montemesola. E poi Invitalia, l’amministrazione straordinaria dell’ex Ilva, il commissario per le bonifiche, l’Autorità di Sistema Portuale, la Marina Militare, la Camera di Commercio, Regione, Provincia.

La fine dello scudo penale

L’incontro arriva a pochi giorni dall’approvazione alla Camera della fiducia al decreto Crescita. Il provvedimento passa ora al Senato che deve convertirlo in legge entro il 29 giugno, pena la decadenza. Passa quindi a Montecitorio l’articolo 46, che abolisce l’immunità penale per dirigenti ex Ilva e acquirenti – quindi ArcelorMittal – per l’attuazione del piano ambientale. Lo scudo termina il prossimo 6 settembre. Per i vertici del siderurgico, questo potrebbe pregiudicare la capacità di gestire l’impianto mentre si procede col piano ambientale richiesto dal governo.

Sulla facciata della direzione dello stabilimento siderurgico di Taranto non c’è più la scritta Ilva ma compare il logo ArcelorMittal, Taranto, 8 novembre 2018. ANSA

Una settimana cruciale

L’appuntamento di oggi è solo il primo di una serie di passaggi che rendono la settimana in corso cruciale per comprendere il futuro dell’ex Ilva di Taranto. Come ricorda la Gazzetta del Mezzogiorno, martedì sarà la volta del confronto tra sindacati e azienda e sindacati sulla cassa integrazione per quasi 1400 persone. Il giorno dopo, a Bruxelles, è attesa una conferenza stampa di Geert Van Poelvoorde, presidente di Eurofer, vice presidente esecutivo e amministratore delegato di ArcelorMittal Europa in occasione della giornata europea dell’acciaio. Occhi puntati soprattutto su sabato e la conversione in legge del decreto Crescita.

L’immunità, ricorda ancora la Gazzetta, ai sensi del quadro normativo esistente al momento della firma dell’accordo tra azienda, sindacati e governo, doveva fornire uno “scudo” all’azienda fino alla fine del piano ambientale, ovvero il 2023. La caduta di quello scudo, insomma, potrebbe portare l’azienda a rivedere i suoi impegni a Taranto: un’ipotesi fatta circolare anche prima del voto di Montecitorio.

Il tavolo

Dal tavolo di oggi saranno assenti, a differenza della riunione di due mesi fa (in cui non erano mancate pesanti critiche all’operato del vicepremier grillino Luigi Di Maio), le associazioni ambientaliste. Non ci saranno quelle aderenti al Piano Taranto, la piattaforma che chiede la chiusura dello stabilimento siderurgico, la bonifica del sito con il reimpiego degli operai e la riconversione economica del territorio: nelle stesse ore terranno un sit-in alla direzione dello stabilimento ArcelorMittal per chiedere alle istituzioni di annunciare «pubblicamente i tempi e le modalità della chiusura progressiva delle fonti inquinanti per lo stabilimento ex Ilva, così come stabilito dal contratto di governo tra Lega e Movimento 5 stelle».

«Sull’Ilva, ci sono 15mila posti di lavoro in ballo», aveva detto il vicepremier leghista Matteo Salvini pochi giorni fa. «Veramente credo che il rispetto dell’ambiente sia fondamentale. Ma penso che anche la crescita lo sia». AncelorMittal ha annunciato a inizio mese la cassa integrazione per 1.400 lavoratori dello stabilimento di Taranto.

23 miliardi di euro bruciati in 7 anni

Un articolo del Sole 24 Ore, nel frattempo, fa il punto sui numeri e sul complesso aspetto economico della vicenda, attraverso l’aggiornamento dell’analisi econometrica della Svimez – l’associazione per lo sviluppo dell’industria nel Mezzogiorno – sull’impatto che la crisi dell’Ilva ha avuto sul Pil nazionale. Numeri che raccontano l’interesse del siderurgico tarantino a livello nazionale e internazionale, con ricadute notevoli per il Nord e che rendono di fatto l’ipotesi della conversione, pure rivendicata dalle associazioni e parte del contratto di governo, delicata per gli interessi del Nord. Da qui, possibili spiegazioni sul comportamento della Lega e sulle parole di Matteo Salvini a ArcelorMittal: «Gli investitori vanno agevolati».

L’impatto sul Pil nazionale «è pari ogni anno, fra il 2013 e il 2018, a una perdita secca compresa fra i 3 e i 4 miliardi di euro, circa due decimi di punto di ricchezza nazionale», scrive il giornale di Confindustria. Secondo l’analisi Svimez, per l’anno in corso «la riduzione verrà resa più onerosa dalla decisione di ArcelorMittal di mantenere a 5,1 milioni di tonnellate la produzione di acciaio, anziché i 6 milioni promessi appena arrivati a Taranto: nel 2019, la ricchezza nazionale bruciata sarà di 3,62 miliardi».

Una veduta aerea dello stabilimento dell'Ilva di Taranto, 2 ottobre 2013. Ansa/Ufficio stampa Questura di Taranto
Una veduta aerea dello stabilimento dell’Ilva di Taranto, 2 ottobre 2013. Ansa/Ufficio stampa Questura di Taranto

Dal 2013 a oggi è andato in fumo, quindi, «Pil per 23 miliardi di euro, l’equivalente cumulato di 1,35 punti percentuali di ricchezza italiana», scrive il Sole24Ore. E qui emerge il dato inedito: di questi, 7,3 miliardi «riguardano il Nord industriale, cioè il Veneto, l’Emilia Romagna, il Piemonte, la Liguria e la Lombardia».

Non solo: negli anni di crisi dell’Ilva «sono stati eliminati export delle imprese per 10,4 miliardi di euro e consumi delle famiglie per 3,5 miliardi». «A sette anni dall’inizio di tutto, possiamo dire che è stato un vero shock culturale, giudiziario e finanziario», dice Vincenzo Cesareo, presidente uscente di Confindustria Taranto. «Ancora oggi le nostre imprese hanno 150 milioni di crediti non incassati dall’Ilva».

Malattie ed esposti

Sono arrivate a 6mila le firme per l’esposto «Con il veleno nel sangue e il cuore in mano», lanciato sei mesi fa dall’ambientalista Luciano Manna e da Angelo Di Ponzio, papà di Giorgio, morto a 15 anni con un sarcoma dei tessuti molli, per denunciare le emissioni dello stabilimento siderurgico ex Ilva. Secondo quanto riporta l’Ansa, martedì prossimo, alle ore 11, l’esposto, a cui hanno aderito associazioni e cittadini, sarà depositato negli uffici della Procura della Repubblica di via Lago di Bolsena.

Secondo gli ambientalisti, foto e video, materiale raccolto da novembre scorso e che costituiscono il dossier dimostrerebbero chiaramente «le emissioni non convogliate che si verificano durante il giorno e la notte dagli impianti del siderurgico tarantino. Emissioni nocive e cancerogene che provengono dalle cokerie, dagli altoforni, dalle acciaierie e da altri impianti, gli stessi già sequestrati dalla Magistratura nel 2012». Il materiale è stato raccolto dal novembre scorso.

Manna e Di Ponzio sottolineano che «quanto legiferato in questi anni rappresenta la violazione dei nostri diritti. Pertanto, non riconoscendo gli effetti di queste leggi, palesemente anticostituzionali, martedì ci recheremo presso gli uffici della Procura della Repubblica di Taranto per depositare documenti raccolti da novembre ad oggi inerenti la gestione da parte di ArcelorMittal degli impianti ex Ilva di Taranto. Invitiamo il sindaco Rinaldo Melucci ad accompagnarci in Procura e a firmare questo esposto con noi; inoltre, estendiamo l’invito a tutti i rappresentanti politici locali, di tutti i livelli istituzionali».

Foto di copertina: Wikipedia/ILVA – Unità produttiva di Taranto nel 2007

Sullo stesso tema:

Articoli di ATTUALITÀ più letti