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Ex Ilva, il padre di Giorgio, morto a 15 anni per inquinamento: «Ci fanno ammalare e non possiamo curarci»

Angelo di Ponzio ha perso suo figlio Giorgio lo scorso gennaio, dopo una malattia durata tre anni. Con altri genitori, anch'essi colpiti dalla morte di un figlio per cause legate all'inquinamento ambientale, hanno fondato l'associazione Noibe per chiedere giustizia e ridurre le emissioni inquinanti

Giorgio aveva 15 anni quando lo scorso 25 aprile è stato portato via da un tumore. Tre anni di sofferenza, da quando nel 2016la famiglia Di Ponzio aveva scoperto della malattia del figlio minore. Un tumore rarissimo, un sarcoma dei tessuti molli che, secondo la fondazione per la ricerca sul cancro, sarebbe causato, tra le altre cose, anche da materie chimiche cancerogene come la diossina.

«A Taranto ci fanno ammalare», è lo sfogo del padre Angelo che ha deciso di iniziare una battaglia contro le emissioni inquinanti a Taranto e in provincia attraverso l’associazione Noibe che, proprio il 3 maggio, si è presentata davanti allaCamera dei deputaticon le storie e le patologie delle vittime dell’inquinamento.

Da quando è nato il suo impegno civile?

«La mia battaglia è iniziata da quando è scomparso mio figlio lo scorso 25 gennaio. Siamo stati coinvolti in campo socialema quando accadono queste cose bisogna scegliere se sedersi su un divano e piangersi addosso oppure trasformare tutta la rabbia in lotta e cercare dicambiare qualcosa».

Ex Ilva, il padre di Giorgio, morto a 15 anni per inquinamento: «Ci fanno ammalare e non possiamo curarci» foto 1Ansa | Striscione davanti al municipio di Taranto

Come è nato il comitato?

«Il comitato è composto da genitori. Siamo tutti accomunati dalla perdita di figli. L’associazione è nata dopo che abbiamo iniziato a conoscerci, a capire che c’erano altre persone che avevano vissuto esperienze simili, perdendo figli per patologie legate all’inquinamento ambientale.

Abbiamo capito che c’erano delle difficoltà e delle carenze comuninel percorsointrapreso nel tentativo di curare i nostri figli. Sicilia, Toscana, Puglia: i genitori vengono da tutta Italia e ci stiamo espandendo. Vogliamo offrire un aiuto, un contributo a chi sta vivendo un’esperienza simile ma non sa come muoversi».

Perchè Noibe?

«Abbiamo capitoche non c’è un nome che ci identificava, come può essere per i vedovi e le vedove, gliorfani. Quando ti muore un figlio non c’è un termine. Grazie a mio figlio maggiore siamo venuti a conoscenza del mito di Noibe, di questa donna mitologica che ha perso 14 figli, sette femmine e sette maschi a causa di un peccato di superbia. Abbiamo voluto associare questo peccato di superbia al fatto che fino a quando non si vive un’esperienza simile non si pesa mai che possa accadere proprio a noi: è stato l’unico legame che abbiamo trovato».

Qual è stato il contributo dello Stato?

«Inesistente. Zero. Con la conferenza stampa alla Camera dei deputati volevamo prima di tutto far capire quali sono le difficoltà nel curarsi. Non è normale che in zone di rilevanza nazionale come quelle nostre non ci sianostrutture. Abbiamo industrieche inquinano molto e ci fanno ammalare ma per avere una cura dobbiamo andare da altre parti.

Per muoversi servono soldi. Andare in un’altra città, come Milano, significa dover pensare auna sistemazione in caso di lunga degenza. Spesso durante la notte solo uno dei due genitori può rimanerein reparto. L’altro genitore deve trovarsi un alloggio».

Ex Ilva, il padre di Giorgio, morto a 15 anni per inquinamento: «Ci fanno ammalare e non possiamo curarci» foto 2Ansa|Sit-in di ambientalisti a Taranto

Come si vive a Taranto?

«A Taranto ci fanno ammalare ma non permettono di curarci. Oncologia pediatrica ha una quarantina di pazienti sotto cura ma ne ospita solo tre,perché non ci sono posti letto a sufficienza. Stiamo parlando di un reparto che ha avuto il riconoscimento di oncologia pediatrica solo l’altro giorno, altrimenti era un semplicecorridoio nel reparto di pediatria. Bisogna capire se la regione Puglia ha interesse a far sì che la struttura si evolva. Per una semplice tac, o prelievo dobbiamo spostarci a Bari, stressando i bambini e creando molti disagi in situazioni già difficili».

Luigi Di Maio era a Taranto lo scorso aprile, ma è stato molto contestato.

«Mia moglie era presente a quella manifestazione contro Di Maio e avrebbe voluto dirgli: «Inostri figli sono stati vittime dei governi precedenti, adesso lei che cosa vuole? Vuole che fra qualche anno le venga detta la stessa cosa?».

Taranto ha dato molti voti al M5S, ha eletto cinque deputati, eppure- a detta di chi li ha votati -ha disatteso le aspettative. Durante la campagna elettorale i 5S parlavanodella chiusura dell’IIva macosìpoi non è stato. Hanno detto di aver trovato una situazione che non potevano cambiare. C’è una presa di coscienza da parte dello Stato sui dati allarmanti delle vittime da inquinamento, anche tra operai. Conoscono l’emergenza ma nessuno fa niente».

Ex Ilva, il padre di Giorgio, morto a 15 anni per inquinamento: «Ci fanno ammalare e non possiamo curarci» foto 3Ansa|Luigi di Maio dopo una riunione sull’Ilva al MISE

Qual è il ruolo delle amministrazioni locali?

«Sono assenti. Basti pensare che il 25 marzo, durante un consiglio monotematico sull’ambiente richiesto dalla nostra associazione, alcuni consiglieri hanno proposto una mozione che mettevanelle mani del sindaco il diritto di tutelare la salute pubblica e il diritto di attuare un’ordinanza di chiusura delle fonti inquinanti: La mozione è stata respinta da 17 persone, solo 8 i favorevoli e 5 gli astenuti. Un dato scandaloso».

La morte di suo figlio era evitabile?

«Se vent’anni fa avessero fatto dei controlli sulle fonti inquinanti del territorio penso proprio di sì. La sua patologia è tra le pochissime riconducibili direttamente, come causa-effetto, alla diossina. Anche il primario di oncologia pediatrica di Taranto ci aveva confermato questa ipotesi.Ma non mi fermo, con un avvocato stiamo andando avanti per chiarire cosa è successo: ma se vent’anni fa si fossero fatti controlli diversi sul territorio penso proprio che mio figlio non si sarebbe ammalato».

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