Ex Ilva, 1.400 lavoratori in cassa integrazione: «Grave crisi del mercato»
Arcelor Mittal Italia si trova «oggi nella necessità di ricorrere temporaneamente alla cassa integrazione guadagni ordinaria» per i lavoratori dell’ex Ilva. Il motivo? Una «grave crisi di mercato».
Il provvedimento interesserà «lo stabilimento di Taranto per un numero massimo al giorno di circa 1.400 dipendenti per 13 settimane». La decisione giunge a sei mesi dalla stipulazione dell’accordo sindacale al Mise che ha portato all’assunzione di 10.700 lavoratori nei vari siti, di cui 8.200 solo a Taranto, e alla dichiarazione di esubero di altri 2.586 dipendenti rimasti in capo all’Ilva in amministrazione straordinaria in cassa integrazione a zero ore.
Provvedimento temporaneo
Già il 6 maggio scorso Arcelor Mittal aveva annunciato il taglio, seppur temporaneo, della produzione di acciaio in Europa con una riduzione di 3 milioni di tonnellate annue. Nello specifico, si prospettava la sospensione della produzione degli stabilimenti di Cracovia (Polonia), la riduzione nelle Asturie in Spagna e il blocco dell’aumento della produzione dell’ex Ilva di Taranto.
Ora la situazione sembra essere diventata insostenibile, almeno dal punto di vista economico: «Un mix di fattori sta penalizzando l’intero settore dell’acciaio europeo che soffre una situazione economica peggiorata sempre più negli ultimi mesi. Tutti gli indicatori evidenziano un forte rallentamento del mercato e non solo nel settore automotive, attualmente in calo del 10%». L’azienda fa sapere che continua a registrare «un’importante riduzione del consumo di acciaio a livello europeo, e anche italiano, che ha determinato un progressivo minor carico di ordini e, quindi, di lavoro».
L’ad: «Decisione difficile»
Una scelta obbligata quella della cassa integrazione secondo l’ad Matthieu Jehl. «È una decisione difficile, ma le condizioni del mercato sono davvero critiche in tutta Europa. Ci tengo a ribadire che sono misure temporanee, l’acciaio è un mercato ciclico».
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