L’Italia tornerà protagonista in Europa? La posizione di Tria e i nodi da sciogliere (in 3 minuti)

di OPEN

Secondo il ministro dell’Economia l’Italia ha tutte le carte in regola per tornare ai vertici dell’Ue e cambiare le regole del gioco

Il ministro del Tesoro Giovanni Tria è soddisfatto. Ha sventato due procedure d’infrazione nel giro di sei mesi ed è riuscito a lavorare «senza ostacoli» da parte del governo. In un’intervista a La Stampa, parla di un’Europa dal «clima cambiato».


Il rispetto e l’accettazione dei vincoli europei ha fatto riconquistare all’Italia «fiducia sui mercati» e le cose vanno per il meglio. Secondo Tria l’Italia avrà addirittura un ruolo di prim’ordine per ripensare le regole dell’Europa e cambiare i parametri fiscali.


Sembrerebbe un altro lieto fine con l’Ue, nonostante i discorsi euroscettici dei leader dell’esecutivo, sui quali hanno fondato la maggioranza in Parlamento. Ma quest’intesa con l’Europa è davvero possibile?

I nodi del Fiscal Compact

«L’Italia sta accanto a Francia, Spagna e in parte alla Germania. Ci sono i presupposti per cambiare le politiche Ue», ha detto Tria nell’intervista. Il ministro del Tesoro parla di un Paese ai vertici dei dibattiti sui parametri del bilancio dell’Eurozona, sui grandi programmi di investimento. E soprattutto al centro del dibattito su uno degli acerrimi nemici dell sud Europa: il Fiscal Compact.

Figlio della crisi del 2008, il trattato sul patto di bilancio è stato firmato nel marzo del 2012 da tutti gli Stati membri dell’UE ad eccezione di Regno Unito e Repubblica Ceca. Si tratta di un insieme di regole riguardanti la finanza pubblica e che, in breve, sanciscono la regola aurea per non incombere in sanzioni e procedure d’infrazione: il bilancio di uno Stato membro deve essere in pareggio o in attivo.

Quando negli scorsi mesi l’Italia è stata minacciata dall’Ue per debito eccessivo, l’Italia era (ed è attualmente) in bilico sui limiti imposti tra entrate e uscite: il deficit si stima ancora allo 0,5% di distanza dalla soglia imposta dall’Ue, fissata al 3%.

La percentuale da «austerity» è una delle questioni più spinose dell’accordo. Secondo molti leader ed ex leader (tra i quali Matteo Renzi), la soglia sarebbe ormai oggettivamente anacronistica. Se quel che dice Tria è vero, l’Italia potrebbe trovare degli alleati come Francia (che potrebbe sforare dello 0,1%) e Spagna per ripensare le percentuali – e quindi diminuire i tagli alla spesa. Ma per il momento, i Paesi del Nord Europa non sembrano decisi a seguire la linea tracciata dall’Italia.

Ma il Fiscal Compact prevede anche che il debito di uno Stato non superi del 60% i numeri del suo Pil. Se questo accade, il Paese firmatario deve garantire diminuzioni di almeno un ventesimo l’anno. Una norma che ha fatto discutere sin dall’inizio, incontrando già ai tempi l’ostilità sia della Lega che del Movimento 5 Stelle. Basti pensare che nel 2014 Beppe Grillo aveva giurato sul suo blog di cancellare il Trattato non appena il 5stelle sarebbero saliti al governo.

Negli ultimi anni all’Italia sembra aver giocato una partita con regole a parte, fino a che l’Ue non ha presentato la lettera: nel 2018 il debito è aumentato di 0,8 punti percentuali (passando dal 131,4% al 132,2%), e nel 2019 si attesterà attorno al 133,7%. Con buone probabilità, tutto si muove verso il traguardo del 135,2% del 2020.

La prossima legge di bilancio

Con la procedura d’infrazione sventata, l’Italia è dovuta tornare su molti punti del bilancio. Da una politica «effervescente», il governo è passato a una politica «molto prudente». E per rispettare gli obiettivi di finanza, il governo promette di non tassare i cittadini ma di attuare tagli alla spesa pubblica.

Ma se da una parte Tria vorrebbe rivedere le tassazioni sui cedi medi, considerate troppo alte (aliquote disegnate per i ricchi con l’inflazione di 30 anni fa), dall’altra non nega la necessità di una tassazione indiretta. Nel Documento di economia e finanza approvato lo scorso 19 aprile, sembrerebbe già stabilito l’aumento dell’Iva, ma la previsione tendenziale viene fatta in base alla legislazione vigente e potrebbe cambiare con la nuova legge di ottobre.

Proprio sull’Iva Tria sembrerebbe infatti avere le mani legate dall’Ue e dall’esecutivo: «Sull’Iva il Parlamento ha invitato il governo a non aumentarla. E c’è un impegno in quella direzione. Avremo dei risparmi sulle spese relative a reddito di cittadinanza e Quota 100. Poi c’è un aumento del gettito Iva, che stiamo analizzando: credo che l’effetto della fatturazione elettronica sia stato molto più forte di quanto ci potessimo aspettare».

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