Il ministro dell’Interno Matteo Salvini ha annunciato che lunedì 15 luglio scriverà a tutti i prefetti «per avere un quadro dettagliato e aggiornato in tempo reale delle presenze rom nei campi abusivi o teoricamente ‘regolari’ per procedere come da programma – ha aggiunto – a chiusure, sgomberi, allontanamento e ripristino della legalità». Insomma sembra partire quel censimento che era stato annunciato dal vicepremier leghista nel giugno del 2018 e che aveva scatenato numerose polemiche e dubbi di costituzionalità trattandosi di una schedatura su base etnica.
La situazione in Italia
Ma quanti sono i rom in Italia, quanti e dove sono i loro insediamenti, quali sono quelli “regolari” e quelli “irregolari”? La presenza in Italia di rom, sinti e caminanti è stata stimata dal Consiglio d’Europa nel 2017 in una forbice molto ampia compresa tra i 120.000 e i 180.000 individui, di cui la metà ha cittadinanza italiana: una comunità che costituirebbe comunque una delle percentuali più basse registrate nel continente europeo.
26mila persone vivrebbero nei campi, pari allo 0,04% della popolazione italiana. 16.400 sono circa i rom presenti negli insediamenti formali, mentre i restanti 9.600 occupano insediamenti informali e nei micro insediamenti. Il sistema dei campi, pur non essendo una peculiarità tutta italiana, come vedremo, fa segnare al nostro Paese un non invidiabile primato. Secondo il Rapporto annuale 2017 dell’Associazione 21 luglio (Onlus attiva nella lotta alle discriminazioni) «l’Italia è denominata in Europa “il Paese dei campi” perché la nazione maggiormente impegnata nell’ultimo ventennio nella progettazione, costruzione e gestione di aree all’aperto dove segregare su base etnica le comunità rom».
La situazione europea
Nell’intera Ue vivono una cifra stimata fra 1 10 e i 12 milioni di rom. Molti di loro sono fuggiti dai Paesi dell’Est per motivi di discriminazione e di povertà, ma fino a oggi nonostante i numerosi investimenti della comunità europea (243 miliardi di euro dal 2014 al 2020), i tentativi di integrazione e di sostegno sono falliti. Ma come affrontato i singoli stati la gestione di questo fenomeno? E il sistema dei campi, molto diffuso in Italia, è comune anche agli altri Paesi del continente? Vediamolo nel dettaglio.
La Francia
Per un reportage della Bbc del 2014, la Francia avrebbe «la politica più dura in Europa nei confronti degli immigrati rom». In particolare «la maggior parte [degli immigrati rom n.d.r.] vive in campi che vengono regolarmente distrutti dalla polizia e quindi ricostruiti». La popolazione rom nel Paese transalpino è stimata attorno alle 400.000 unità. Nonostante il giudizio severo dei media negli ultimi anni sono stati messi in campo diversi tentativi per favorire l’integrazione. A partire dal 2013 il governo si è impegnato soprattutto per l’assistenza in campo sanitario, anche con agevolazioni finanziare per accedere al sistema sanitario nazionale.
Nel campo dell’accesso al lavoro la città modello di integrazione rom è Lione. Attraverso il progetto Andatu sono stati utilizzati i fondi messi a disposizione dalla Comunità europea per migliorare le possibilità lavorative per rom e sinti e nonché l’accesso alle case pubbliche. Sono inoltre forniti corsi gratuiti di lingua francese, periodi di training professionale e supporto psicologico per l’inserimento. Il programma di Lione è stato finanziato con più di un milioni di euro.
Le Germania
In Germania è quasi assente il sistema dei campi. Berlino ha infatti avviato da anni, con successo, un processo d’integrazione dei rom basato principalmente sul sostegno abitativo. La comunità rom tedesca conta circa 120.000 individui. Cuore del progetto Task Force Okerstraße è l’inserimento all’interno del tessuto sociale tedesco soprattutto dei bambini, ma favorisce anche l’accettazione fra vicini all’interno dei quartieri dove rom e sinti, con l’aiuto dello Stato, trovano casa. Viene inoltre assicurato alle famiglie anche un supporto legale nel rapporto con le autorità.
La Spagna
Discorso a parte va fatto per la Spagna. La comunità rom spagnola è la più numerosa d’Europa: 750.000 unità e 1,6% della popolazione. Quello spagnolo è ritenuto un vero modello d’integrazione, soprattutto per i provvedimenti messi in atto dopo la caduta del regime di Franco. Particolarmente riuscito è l’integrazione in campo sanitario, raggiunta attraverso l’introduzione della figura del mediatore sanitario, che lavora a stretto contatto con la popolazione rom e fa da tramite fra gli usi, i costumi e i problemi di rom e sinti e le istituzioni mediche spagnole. In Spagna praticamente non esistono campi rom.
Già nel 2010 il New York Time scriveva: «Il 92% dei gitani vive in appartamenti e case normali, a fronte di molti paesi europei dove la maggioranza vive ancora in baracche. Il 50% dei lavoratori Rom è regolarmente impiegato, a dispetto del mito che il Rom, come nomade, non può mantenere un impiego stabile. Praticamente tutti i bambini gitani sono iscritti nelle scuole elementari e possono contare su mediatori che ne facilitano l’inserimento, mentre in molti paesi europei vengono addirittura collocati in classi speciali per studenti con disabilità mentale».
Un problema ancora irrisolto rimane però quello dell’abbandono scolastico, decisamente molto più alto in percentuale rispetto ai giovani spagnoli. Se la frequenza alle scuole elementari e medie è molto alta, nei corsi di studio successivi i rom scompaiono dai radar degli istituti scolatici.
La Danimarca e la Svezia
Modello invece nel campo dell’integrazione all’interno del mondo dell’istruzione sono Svezia e Danimarca. Al contrario della Spagna in Danimarca sono numerosi e in crescita i rom e i sinti che hanno accesso alle università e alle scuole superiori. In Svezia si cura anche l’educazione in età adulta, finanziata attraverso apposite borse di studio dedicate a chi non è riuscito a studiare da giovane.
Il Regno Unito
La situazione della Gran Bretagna è la più simile a quella dell’Italia per quanto riguarda la dislocazione abitativa e la difficile integrazione da parte della popolazione rom. Numerosi sono i campi, sia legali (cioè dotati di servizi idrici, sanitari, di corrente elettrica e di raccolta dei rifiuti), che illegali. Nel comune di Basildon, nell’Essex, per esempio, sono stati segnalati 75 insediamenti rom illegali dal 2016 ad oggi.
Leggi anche: