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Raffaele Cantone lascia l’Anac: «Torno a fare il magistrato»

23 Luglio 2019 - 11:53 Redazione
«Sento che un ciclo si è definitivamente concluso, anche per il manifestarsi di un diverso approccio culturale nei confronti dell'Anac e del suo ruolo», ha scritto l'ormai ex presidente dell'autorità anticorruzione

Dopo oltre cinque anni alla presidenza dell’Anticorruzione, Raffaele Cantone lascia il suo ruolo per tornare alla magistratura. Ad annunciarlo è lui stesso in una lettera sul sito dell’Autorità. La sua decisione era stata anticipata lo scorso febbraio, quando voci interne all’istituto avevano lasciato presagire un allontanamento dall’ente di chi l’Anac lo aveva accompagnato fin dalla nascita. L’Autorità Nazionale Anticorruzione era stata istituita da una legge del 2012 e avviato ufficialmente nel 2014, anno della nomina a presidente di Cantone. La sua carica doveva durare sei anni. Nato a Napoli nel 1963, vive sotto scorta dal 2003, quando venne scoperto un progetto di attentato a suoi danni organizzato dal clan dei Casalesi. La sua battaglia più importante, infatti, è stata proprio quella contro la Camorra, e in particolare contro quello stesso clan. È riuscito ad ottenere la condanna di Francesco Schiavone e Francesco Bidognetti, ai vertici dei Casalesi.

Le motivazioni

«Sento che un ciclo si è definitivamente concluso, anche per il manifestarsi di un diverso approccio culturale nei confronti dell’Anac e del suo ruolo», si legge nel testo. «Nella mattina di oggi, con alcuni mesi di anticipo, ho dunque avanzato formale richiesta di rientrare nei ruoli organici della magistratura: un atto che implica la conclusione del mio mandato di Presidente dell’Anac, che diverrà effettiva non appena l’istanza sarà ratificata dal plenum del Csm». Cantone aveva comunicato la sua decisione già al Presidente della Repubblica, al Presidente del Consiglio e ai diversi ministri: La mia è una decisione meditata e sofferta. «Sono grato dell’eccezionale occasione che mi è stata concessa ma credo sia giusto rientrare in ruolo in un momento così difficile per la vita della magistratura».

Ecco il testo della lettera con cui ha comunicato la scelta:

Sono entrato in magistratura nel 1991 quando avevo ventotto anni, tanti quanti ne sono passati da allora a oggi. In pratica ho trascorso metà della vita indossando la toga, divenuta nel tempo una seconda pelle. Ho sempre considerato la magistratura la mia casa, che mi ha consentito di vivere esperienze straordinarie dal punto di vista umano e professionale, a cominciare dal periodo alla Direzione distrettuale antimafia di Napoli.


Per queste ragioni ho ritenuto fin dall’inizio il mandato di Presidente dell’Autorità nazionale anticorruzione una parentesi, per quanto prestigiosa ed entusiasmante. Adesso, dopo oltre cinque anni, sento che un ciclo si è definitivamente concluso, anche per il manifestarsi di un diverso approccio culturale nei confronti dell’Anac e del suo ruolo.
È una convinzione che ho maturato progressivamente e che nei mesi scorsi mi ha spinto a presentare al Consiglio superiore della magistratura la candidatura per un incarico direttivo presso tre uffici giudiziari. Nelle ultime settimane le dolorose vicende da cui il Csm è stato investito hanno tuttavia comportato una dilazione dei tempi tale da rendere non più procrastinabile una decisione.


Nella mattina di oggi, con alcuni mesi di anticipo, ho dunque avanzato formale richiesta di rientrare nei ruoli organici della magistratura: un atto che implica la conclusione del mio mandato di Presidente dell’Anac, che diverrà effettiva non appena l’istanza sarà ratificata dal plenum del Csm. Tornerò pertanto all’Ufficio del massimario presso la Corte di Cassazione, dove prestavo servizio prima di essere designato all’unanimità dal Parlamento a questo importante incarico.


Dopo aver comunicato nei giorni scorsi le mie intenzioni al Presidente della Repubblica, al Presidente del Consiglio dei ministri e a vari esponenti del Governo, reputo opportuno annunciare pubblicamente e in assoluta trasparenza la determinazione che ho assunto.
La mia è una decisione meditata e sofferta. Sono grato dell’eccezionale occasione che mi è stata concessa ma credo sia giusto rientrare in ruolo in un momento così difficile per la vita della magistratura. Assistere a quanto sta accadendo senza poter partecipare concretamente al dibattito interno mi appare una insopportabile limitazione, simile a quella di un giocatore costretto ad assistere dagli spalti a un incontro decisivo: la mia indole mi impedisce di restare uno spettatore passivo, ancorché partecipe.


Lascio la presidenza dell’Anac con la consapevolezza che dal 2014 il nostro Paese ha compiuto grandi passi avanti nel campo della prevenzione della corruzione, tanto da essere divenuta un modello di riferimento all’estero. La stessa Autorità nazionale anticorruzione, istituita sull’onda di scandali ed emergenze, rappresenta oggi un patrimonio del Paese. Sono circostanze che dovrebbero rappresentare motivo di orgoglio per l’Italia, invece sono spesso poco riconosciute come meriterebbero.


Naturalmente la corruzione è tutt’altro che debellata ma sarebbe ingeneroso non prendere atto dei progressi, evidenziati anche dagli innumerevoli e nient’affatto scontati riconoscimenti ricevuti in questi anni dalle organizzazioni internazionali (Commissione europea, Consiglio d’Europa, Ocse, Osce, Fondo monetario) e dal significativo miglioramento nelle classifiche di settore.


So di lasciare l’Autorità in buone mani, mi auguro in ogni caso che nei tempi tecnici necessari a formalizzare il rientro in magistratura sarà possibile procedere alla nomina del mio successore.
Ringrazio quanti in questi anni, con sacrificio e spirito di abnegazione, hanno consentito di ottenere i risultati raggiunti. Sono certo che grazie al loro impegno sarà possibile assicurare la debita continuità col lavoro svolto finora.

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