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Guida galattica per cacciatori di materia oscura: il sottile legame tra la Terra e i vuoti cosmici

04 Agosto 2019 - 10:21 Juanne Pili
L'astrofisica Tullia Sbarrato racconta la rete di galassie e materia oscura che formano l'Universo

Dietro a quel che sembra solo un caotico Universo di stelle c’è una struttura che collega noi, il nostro pianeta e il Sistema solare alla Via Lattea; a sua volta collegata alla vicina Andromeda e altre piccole galassie a un Gruppo locale; e via così, arrivando a contemplare una vasta rete di ammassi galattici messa insieme dalla gravità.

Questa struttura presenta anche numerosi vuoti, destinati a espandersi, mentre la gravità tende ad avvicinare gli ammassi di galassie tra loro, tanto che se dovessimo puntare un luogo alla cieca di questo sistema sarebbe molto probabile indicare il nulla.

Siamo capitati in una zona dell’Universo confinante con uno di questi vuoti, denominato appunto “local void” (vuoto locale). Si trova proprio dietro il nucleo della nostra Galassia. Uno studio pubblicato sull’Astronomical Journal intitolato «Cosmicflows-3: Cosmography of the Local Void» presenta l’ultimo aggiornamento della mappatura 3D dell’Universo costituito da questi filamenti di ammassi galattici in mezzo a punti totalmente vuoti.

Questo genere di lavori è molto importante anche nello studio della materia oscura, di cui sappiamo ancora molto poco, anche se indirettamente siamo riusciti a raccogliere diversi indizi della sua esistenza.

In questo viaggio, onde evitare di perderci in affermazioni sensazionaliste e imprecise, saremo accompagnati dall’astrofisica Tullia Sbarrato, ricercatrice all’Università di Milano Bicocca.

Sbarrato, che attualmente studia buchi neri supermassicci e li osserva mentre accrescono la massa, spiega a Open quali sono le nostre conoscenze attuali sulla rete di galassie presente nell’Universo e sull’enigma della materia oscura.

Una «ragnatela di materia» nell’Universo

Se dividiamo in quartieri cosmici le parti principali della rete di galassie che forma l’Universo ecco che nel nostro – il Gruppo locale – troveremo una zona vuota denominata local void. Il Gruppo locale a sua volta è parte di un’ampia struttura formata da oltre 100 mila galassie denominato Laniakea. 

Noi, la Via Lattea, siamo in un punto di frontiera di Laniakea dominato dal local void. «Sappiamo che la materia nel nostro Universo è distribuita su grande scala in maniera uniforme – spiega Sbarrato – ma se andiamo nel dettaglio ci sono fondamentalmente delle “disuniformità”, che possiamo vedere come una sorta di ragnatela di materia.

Ci sono dei filamenti in cui sono distribuite poche galassie e dei punti in cui le galassie sono molto più concentrate, in corrispondenza degli ammassi e superammassi. Tra questi gruppi e questi filamenti ci sono degli spazi vuoti. 

I vuoi in realtà sono quello che occupa la maggior parte dello Spazio. Quindi per lo più l’Universo è vuoto. I filamenti e i grandi ammassi di materia sono delle piccole fluttuazioni». 

Il ruolo della gravità

Siamo alla terza edizione della mappa di questa struttura dell’Universo, fatta di immensi filamenti di galassie disposti in maniera non uniforme amalgamati assieme ad ampie zone vuote. Nei vuoti non dovrebbe trovarsi nulla, nemmeno la gravità?

«Nei vuoti non è vero che non c’è la gravità – precisa l’Astrofisica – la gravità è legata alla materia, di conseguenza la massa attira tutto nei punti in cui è presente, quindi ci aspettiamo che nei punti in cui ci sono tante galassie ci sarà anche tanta materia oscura in cui sono immerse. Le galassie nei filamenti tendono a spostarsi verso i punti più affollati. 

In questo senso i vuoti – che non hanno materia al loro interno – è come se repellessero le galassie, proprio perché queste tendono a muoversi all’interno dei filamenti verso i punti più densi dell’Universo».

L’enigma della materia oscura

Gli autori hanno studiato il movimento delle galassie in modo da costruire delle mappe 3D della parte dell’Universo più vicina a noi. In questo modo hanno potuto mettere a fuoco i confini del local void. Nelle pubblicazioni che divulgano questa notizia si parla anche di come questo genere di mappature possa aiutarci a sapere qualcosa di più sulla materia oscura.

Sappiamo che esiste, o meglio lo deduciamo dal fatto che l’Universo si comporta in modo diverso dal previsto. Dovrebbe costituire circa il 90% della materia dell’Universo e non emette radiazione elettromagnetica, cosa che la rende impossibile da individuare in maniera diretta.

«Noi non abbiamo un modo di vedere la materia oscura, per questo viene chiamata così – prosegue Sbarrato – l’unica informazione che abbiamo è il fatto che viene tracciata dalla materia visibile. Avere una mappa molto dettagliata della distribuzione delle galassie ci permette di averla anche della materia oscura.

In realtà la parte importante di questo articolo non è data dalle posizioni delle galassie ma da come si muovono nei nostri dintorni, e – ancora più importante – per l’informazione dal punto di vista della dinamica e della velocità con cui si muovono in questa struttura a filamenti. 

Siccome questa dinamica è fondamentalmente dominata a livello locale completamente dalla gravità, e quest’ultima è dominata dalla materia oscura, allora avere informazioni sulla velocità delle galassie ci dà informazioni sulla quantità di materia oscura nei nostri dintorni».

Perché sappiamo che la materia oscura esiste

Quindi il problema della materia oscura non è tanto sapere dove si trova o quanta ce n’è, mentre non sappiamo da cosa è composta, in questo entriamo anche nel campo della fisica delle particelle. 

«Avere informazioni su quanta ce n’è è fondamentale – conferma l’Astrofisica – ma in realtà c’è tanto bisogno di informazioni anche dal punto di vista dell’infinitamente piccolo per capire quanto margine abbiamo, in modo da descrivere i dettagli più fondanti.

Per quanto ne sappiamo la materia oscura interagisce soltanto attraverso la gravità: attrae le cose; domina completamente l’evoluzione dinamica delle galassie; se guardiamo a che velocità si muovono le stelle al loro interno, possiamo spiegare il loro moto soltanto grazie a un’enorme quantità di materia che non vediamo.

Di conseguenza non sappiamo come si può distribuire rispetto alla materia “barionica”, ovvero quella che vediamo. Ci aspettiamo che una galassia debba essere circondata da un alone più o meno sferico più grande di quel che vediamo di essa, ma poi su scala molto piccola non abbiamo informazioni». 

Cacciatori di materia oscura

Non resta quindi che rimboccarsi le maniche e proseguire nella ricerca. Prima o poi – come è successo con le onde gravitazionali – dovremmo riuscire a stabilire un “primo contatto” con la materia oscura.

«In questo momento ci sono alcuni esperimenti, tra cui uno ospitato sulla Iss (Stazione spaziale internazionale): una sorta di telescopio che guarda fondamentalmente i raggi cosmici, quindi le particelle cariche nell’Universo. 

Questo tipo di esperimenti cerca di farci capire se tra tutti questi raggi cosmici c’è qualcosa che può essere prodotto con interazioni che ancora non conosciamo che riguardino la materia oscura. 

Quasi tutti gli esperimenti di alte energie, sia dal punto di vista dei telescopi che quello della fisica delle particelle cercano di andare a indagare più a fondo su cosa potrebbe aiutarci a capire un po’ di più il mistero della materia oscura. Quindi sicuramente dal punto di vista della loro natura c’è bisogno di uno studio sulla fisica delle particelle». 

Foto di copertina: Astronomical Journal/Cosmicflows-3: Cosmography of the Local Void.

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