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Usa, Google sotto inchiesta in 50 procure: le accuse sul monopolio in ricerche e pubblicità

In una rara ma esemplare mossa bipartisan, i procuratori generali in quasi tutto il Paese, sia democratici che repubblicano, hanno unite le forze per sfidare il gigante di Silicon Valley

Le cose sembrano mettersi male per Google. Solo negli Stati Uniti, 50 procure hanno annunciato una nuova inchiesta nei suoi confronti per pratiche considerate sleali e nocive alla competizione. Una per ogni stato USA – eccezion fatta per la California e l’Alabama – oltre al Distretto di Columbia e Porto Rico (territorio non incorporato). Ad annunciarlo fuori dalla Corte suprema americana, a Washington D.C. sono stati gli stessi procuratori generali (14 in tutto), venuti nella capitale in un’eccezionale manifestazione di unità.


La procedura di antitrust

Le procure indagheranno principalmente per capire se davvero Google «domina tutti gli aspetti riguardanti la pubblicità e la ricerca sul web», come ha spiegato Ken Paxton, il procuratore generale del Texas. Altri procuratori hanno posto l’accento sul dominio di Google nel mercato pubblicitario e, in aggiunta, sulle pratiche di utilizzo dei dati degli utenti da parte della compagnia della Silicon Valley.


Gli Usa seguono l’esempio europeo

Le due authority antitrust americane, il Dipartimento della Giustizia e il Federal Trade Commission, hanno già avviato indagini che dovrebbero riguardare non soltanto Google ma anche Facebook. Già a luglio, il Dipartimento di Giustizia americano aveva annunciato una procedura di antitrust nei confronti di Alphabet, confermata dalla stessa compagnia a fine agosto.

Anche il Congresso americano ha criticato in passato le più grandi compagnie di Silicon Valley per la mancata tutela degli utenti e per le pratiche anti competitive che tendono a favorire la creazioni di monopoli. L’accusa ovviamente non riguarda soltanto Google e Facebook, ma si estende anche a Amazon e a Apple. Quattro giorni fa il procuratore generale di New York, Letitia James, ha avviato, insieme a sette altre procuratori (quattro democratici, quattro repubblicani), un’indagine simile nei confronti di Facebook.

L’impeto regolatorio nei confronti del Big Tech negli Stati Uniti ha origini recenti. Gli stati europei si sono già mossi in questo senso. Nel luglio 2018, l’autorità antitrust europea aveva multato Google una cifra record di 4,3 miliardi di euro per il l’uso del sistema operativo Android per bloccare i propri rivali. Grazie a questa e altre iniziative, Margreth Vestager, già Commissario europeo per la concorrenza, adesso anche vicepresidente dell’Ue, è diventata un simbolo globale della lotta contro le tendenze monopolistiche delle tech companies come Google e Facebook.

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