Perché la Germania dovrebbe spendere di più (anche per il bene dell’Europa), secondo Draghi e non solo

Una politica fiscale espansiva potrebbe rilanciare non solo l‘economia tedesca, ma anche quella europea

Secondo Mario Draghi, i Paesi europei con i conti a posto dovrebbero spendere di più. Lo ha affermato il 12 settembre in un discorso in cui la Germania non è stata quasi mai nominata direttamente, ma è stata più volte chiamata in causa in modo implicito. Tra meno di un mese Christine Lagarde prenderà il suo posto e l’attuale presidente della Banca Centrale Europea ha deciso di chiudere il mandato con una netta presa di posizione. Tra proteste interne alla Bce, ma anche quelle di vari leader europei nonché di Donald Trump, Draghi ha annunciato il ripristino del Quantitative Easing, manovra economica diventata ormai il suo marchio di fabbrica che prevede l’acquisto di titoli di Stato nell’ultima versione per 20 miliardi al mese «fino a che sarà necessario». Draghi ha anche rivolto un appello ai Paesi che hanno spazio di manovra sul fronte dei conti pubblici di agire «in maniera efficace e tempestiva» per fronteggiare la situazione economica più difficile.


La Germania dal 2014 raggiunge ogni anno il pareggio del bilancio, (nel 2018 ha addirittura chiuso con un surplus del 1,7%), nel rispetto di un limite costituzionale che vieta al governo di registrare un deficit strutturale che superi lo 0,35% del PIL e dello Schwartze Null, lo zero nero, la regola non scritta che impone il pareggio dei conti. Negli ultimi anni la crescita tedesca ha però subìto un rallentamento, e negli ultimi mesi le tensioni commerciali tra Cina e Stati Uniti hanno duramente colpito l’economia esportatrice della Germania. Nonostante la complessiva instabilità europea, il Paese è l’unico ad aver subìto una contrazione negli ultimi tre mesi. Ad agosto il settimanale Der Spiegel aveva riportato che sia Merkel sia il ministro delle Finanze Olaf Scholz, dopo aver inizialmente minimizzato la situazione, sarebbero ora disposti ad aumentare il debito pubblico, nonostante in Germania, debito e peccato sono la stessa parola.


Condurre una politica fiscale espansiva farebbe bene alla Germania. Poul Thomsen, il direttore del dipartimento europeo del Fondo Monetario Internationale era stato più esplicito di Draghi in aprile. Tagli alle tasse, ma anche un aumento della spesa pubblica stimolerebbe la domanda interna e limiterebbe il surplus commerciale del Paese, emancipandolo dalle esportazioni e rilanciandone la crescita. Secondo i ministri dell’economia europei, i tassi di interesse bassi e l’attività economica indebolita suggeriscono che sarebbe tempo per la Germania e altri paesi con un basso debito pubblico di condurre politiche fiscali espansive. Lo affermano commentando un report pubblicato a luglio dal Comitato europeo per le finanze pubbliche, che sostiene, tra le altre, che ad aumentare la spesa pubblica tedesca beneficerebbe anche il resto dell’Europa.

«Gli effetti di spillover sarebbero positivi» per tutti quei Paesi che hanno un alto debito pubblico e non possono permettersi misure analoghe, aggiunge il report. E lo ribadisce il Commissario per gli Affari Economici Pierre Moscovici, secondo cui è necessario che i Paesi con un surplus budgetario lo usino «per la propria crescita e quella dell’intera Eurozona». «Dato il suo peso politico e nell’Eurozona, la Germania ha una responsabilità importante», ha aggiunto il ministro delle finanze francese Bruno Le Maire. Se la Germania investisse in tagli alle tasse per le aziende o per gli investimenti esteri diretti, ma anche aumentasse i salari dei dipendenti pubblici rilanciando la domanda interna, andrebbe infatti a rilanciare le economie europee, spiega a Open Sergio Cesaratto, professore di Economia Politica all’Università di Siena. Questa domanda più elevata sarebbe infatti rivolta anche agli altri Paesi dell’Eurozona, prima che la Germania porti a termine una riconversione industriale che le permetta di soddisfare la domanda interna.

«Gli Stati Uniti come potenza imperiale si sono sempre assunti la responsabilità di sostenere le economie mondiali grazie alla loro domanda interna», aggiunge Cesaratto, «La Germania è il Paese più importante dell’Europa, ha una responsabilità politica, ma non se la vuole prendere». La politica monetaria di Draghi ha messo gli Stati europei in condizione di poter spendere, ricorda l’economista, in riferimento al Quantitative Easing, i tassi di interesse sono bassi da tempo, addirittura negativi in Germania, «ma come diceva Keynes, è inutile portare il cavallo alla fonte se poi questo non beve».

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