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Tutto quello che dovete sapere sui tumori che colpiscono le donne: prevenzione e diagnosi

05 Ottobre 2019 - 22:10 Juanne Pili
Grazie alla ricerca sono tante le donne che come Emma Marrone possono vincere la battaglia contro il cancro

Secondo stime ottenute dall’Airc nel 2017, ogni anno sono oltre cinquemila le donne colpite dal tumore dell’ovaio, tra queste anche la cantante Emma Marrone la quale testimonia con la sua esperienza anche la possibilità di sconfiggere la malattia se diagnosticata in tempo, ricorrendo a terapie adeguate. Generalmente i tumori che colpiscono le donne si presentano dai 50 anni in su, ma una buona parte interessa anche le più giovani. Tra i principali fattori di rischio troviamo anche l’obesità e il fumo. Un discorso a parte può essere fatto riguardo il tumore al collo dell’utero causato dal Papilloma virus (Hpv), per il quale – come vedremo – esiste un vaccino da somministrare alle ragazze. Analizziamo la situazione più nel dettaglio, avvalendoci dell’ultimo rapporto rapporto AIRTum pubblicato nel settembre scorso e della consulenza di Irene Bossert, medico nucleare dell’Irccs Maugeri di Pavia, che spiega a Open lo stato attuale della ricerca:

L’importanza di una diagnosi precoce

«Globalmente il fumo è responsabile di circa un terzo di tutti i tumori; le abitudini di vita scorrette (dieta, consumo di alcol, sedentarietà) di un altro terzo, mentre la genetica incide per meno del 2% dei casi (nella mammella un poco di più). La contraccezione ormonale (la pillola) incrementa lievemente il rischio di neoplasia mammaria ma riduce il rischio di neoplasia ovarica; deve essere effettuato un accurato bilancio rischi/benefici nella singola donna. Aderire, ove presenti, ai programmi di screening aiuta la diagnosi precoce e questo favorisce trattamenti meno aggressivi. La vaccinazione per l’Hpv riduce il rischio di contrarre forme aggressive di questo virus e in prospettiva ridurrà l’incidenza di neoplasie della cervice uterina (e di ano, orofaringe, vagina, vulva)».

Tumore al seno

I lobuli sono quelle strutture ghiandolari che permettono in condizioni normali di allattare, ma sono anche il bersaglio di alcune delle loro cellule, quando cominciano a moltiplicarsi in maniera incontrollata. Se si agisce in ritardo e abbiamo la formazione di metastasi, ovvero la diffusione delle cellule tumorali in altri organi, la sopravvivenza media nonostante la chemioterapia è di due anni, con situazioni che possono aumentare la speranza di sopravvivere fino a 10 anni. «Il tumore al seno è la neoplasia più frequente nelle donne in Italia (escludendo i tumori cutanei) – spiega Bossert – La sopravvivenza media a 5 anni dalla diagnosi è pari all’87% dei casi, e a 10 anni dell’80%, grazie alla diagnosi precoce ed al miglioramento delle strategie terapeutiche. La diagnosi precoce si ottiene tramite la mammografia, un esame radiografico delle mammelle.

Nei programmi di screening la mammografia è solitamente effettuata ogni due anni nelle donne tra i 50 e i 69 anni di età (anche se alcune regioni stanno sperimentando intervalli di età più ampi), e l’adesione a questi programmi è fortemente raccomandata. Nelle donne ad alto rischio per importante familiarità o con note mutazioni genetiche i controlli debbono iniziare a 25 anni, e alla mammografia può essere associata la risonanza magnetica mammaria. La terapia varia a seconda del grado di avanzamento del tumore alla diagnosi. Nei tumori piccoli e poco avanzati si propone l’intervento chirurgico, associato o meno a trattamenti di chemioterapia prima o dopo l’operazione e di radioterapia dopo l’intervento, a seconda del singolo caso.

Alcune forme tumorali relative al seno presentano una grande quantità di recettori per gli ormoni sessuali. In questi casi può essere utile una terapia atta a ridurre i livelli di questi ormoni nel sangue. Qualora la malattia non sia operabile o si rivelino delle metastasi, si ricorre alla terapia ormonale, a schemi particolari di chemioterapia, alla terapia con anticorpi monoclonali e, in casi particolari, a chirurgia e radioterapia».

Tumore all’utero

L’utero è costituito dal corpo e dalla cervice nell’estremità inferiore, detta anche collo. Abbiamo uno strato superficiale di tessuto detto endometrio e uno più esterno detto miometrio. La quasi totalità dei tumori all’utero riguarda l’endometrio, sono anche al sesto posto tra quelli più diagnosticati alle donne. «Quello alla cervice uterina è il secondo tumore nel Mondo per frequenza dopo quello alla mammella – continua l’esperta – ed è causato principalmente dall’infezione da parte di alcuni ceppi di Hpv: questa infezione è più probabile nelle persone con numerosi partner sessuali, che hanno iniziato precocemente l’attività sessuale e che abbiano avuto figli. Da alcuni anni sono disponibili i vaccini per Hpv, che vengono offerti gratuitamente alle femmine di età inferiore ai 12 anni.

In Italia la sopravvivenza a 5 anni è del 68%, a 10 anni del 61%. Chi sopravvive dopo i primi 5 anni ha il 93% di probabilità di arrivare a 10. La diagnosi precoce in questo caso è fondamentale e si basa sul Pap-test, un esame effettuato di routine nell’ambito dei controlli ginecologici, e modernamente sul test Hpv. È un tumore che impiega molti anni a svilupparsi e che viene “annunciato” da lesioni pre-cancerose che possono essere trattate agevolmente, pertanto i programmi di screening per questa malattia hanno un rapporto costo/benefici molto favorevole. La terapia delle lesioni iniziali è fondamentalmente chirurgica, mentre i casi avanzati devono essere trattati con combinazioni di chirurgia, radio- e chemioterapia.

Nel corpo dell’utero (endometrio) tra i fattori di rischio sono presenti l’obesità, la menopausa tardiva, il non aver avuto figli, il diabete e l’ipertensione. La sopravvivenza a 5 anni in Italia è pari al 77%, a 10 anni del 74%. Di norma esordisce con un sanguinamento atipico, e di solito questo è un sintomo precoce: pertanto le diagnosi vengono spesso poste quando il tumore è ancora confinato nell’organo, soprattutto nei casi che si sviluppano in epoca post-menopausale. Le perdite ematiche in età fertile invece possono essere sottovalutate più facilmente. Nell’iter diagnostico sono fondamentali l’ecografia transvaginale e l’isteroscopia, che consente l’esecuzione di biopsie mirate. La terapia è basata essenzialmente sulla chirurgia, associata nelle pazienti a rischio intermedio con la brachiterapia, una forma localizzata di radioterapia, e nelle pazienti ad alto rischio con la radioterapia, in questo caso associabile a chemioterapia».

Tumore dell’ovaio

«Rappresenta il 30% dei tumori femminili – conclude l’esperta – Se ne distinguono due forme: epiteliale (60% del totale) e germinale (circa 40%, spesso nelle donne di età inferiore a 20 anni). I fattori di rischio principali per le forme epiteliali sono di tipo ormonale: aumentano il rischio la terapia ormonale sostitutiva in menopausa condotta per almeno 10 anni, mentre lo riducono le gravidanze, l’allattamento al seno ed un uso prolungato dei contraccettivi ormonali. Per le forme “stromali” tra i fattori di rischio si riconoscono le terapie per indurre l’ovulazione, l’abuso di alcol, l’obesità, la dieta ricca di grassi. Esistono poi le forme familiari associate a mutazioni di specifici geni. La sopravvivenza a 5 anni in Italia è del 40%, a 10 anni del 31%, e le donne giovani presentano tassi di sopravvivenza migliori rispetto alle donne di oltre 75 anni di età.

Non esistono test di screening affidabili, e poiché il tumore all’ovaio di solito causa sintomi aspecifici e vaghi spesso la diagnosi è tardiva. I pochi casi scoperti precocemente vengono di solito riscontrati durante visite ginecologiche di routine (è importante per le donne effettuare visite ginecologiche periodiche). Una volta che venga posto il sospetto di neoplasia ovarica si propongono accertamenti quali l’ecografia transvaginale ed il dosaggio di alcuni marcatori nel sangue; in seguito si effettua una TC per valutare eventuali metastasi già presenti. L’intervento chirurgico ha un ruolo fondamentale sia di tipo terapeutico ma anche di tipo diagnostico, poiché consente di valutare direttamente la cavità addominale. Di norma si associa la chemioterapia (che è evitabile solo nelle pazienti considerate a basso rischio), sia con farmaci “convenzionali” sia con farmaci “biologici”».

Foto di copertina: Freepik/Simbolo della lotta contro il tumore al seno.

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