L’immigrazione? Per gli italiani non è una preoccupazione. Lo sono piuttosto disoccupazione e tasse

Gli italiani credono che il 31% dei residenti in Italia sia straniero, ma è il 9%.

No, l’immigrazione non è in cima alla lista delle preoccupazioni degli italiani. Ma sì, c’è una percezione amplificata della presunta “invasione”, che invasione non è perché i dati reali smentiscono quello che viene percepito. E sì, le prime preoccupazioni degli italiani restano altre: la disoccupazione, la situazione economica e le tasse.


È quanto emerge dal sondaggio CIAK MIgrACTION sulla percezione del fenomeno migratorio in Italia condotto dall’istituto Ipsos e presentato oggi a Bologna da WeWorld Onlus, organizzazione italiana indipendente che lavora in 29 Paesi – compresa l’Italia – con progetti di cooperazione allo sviluppo e aiuto umanitario. Alla presentazione del sondaggio, in occasione della Tredicesima edizione di Terra di Tutti Film Festival, rassegna di cinema sociale “Voci dal mondo invisibile” che si tiene a Bologna dal 10 al 13 ottobre, sono presenti il presidente di Ipsos Nando Pagnoncelli insieme a Marco Chiesara, presidente di WeWorld Onlus.


Preoccupati per il futuro dell’Italia

Gli italiani sono sì preoccupati, ma tra loro priorità non c’è l’immigrazione: ci sono piuttosto la disoccupazione, nel 50% delle risposte al sondaggio, seguita dalla situazione economica (38%) e dalle tasse (34%). Il fenomeno migratorio è solo al 4° posto tra i problemi, con il 28%.

Dai dati emerge una percezione falsata della presenza reale dei migranti in Italia, un fenomeno migratorio sovrarappresentato: gli italiani credono che il 31% dei residenti in Italia sia straniero. Ma il dato reale certificato dall’Istat parla di meno di un terzo di quella cifra: sono il 9% della popolazione.

Fonte/Ipsos per WeWorld

«È estremamente significativo che la percezione del fenomeno migratorio sia così falsata rispetto alla realtà», dice Marco Chiesara, presidente WeWorld Onlus. «Mette in luce la grande sovraesposizione mediatica degli ultimi tempi. Questi dati mostrano come il clima d’odio costruito e promosso negli ultimi anni abbia generato percezioni distorte, che alimentano paure infondate verso chi arriva in Italia in cerca di accoglienza. Paure che diventano prioritarie rispetto a problemi più concreti e reali».

I governi e l’Unione europea

Perché accade? Le ragioni, dice a Open Stefano Piziali, responsabile programmi Italia e Europa di WeWorld, sono molteplici. «Da una parte ci sono le responsabilità degli attori pubblici: i cittadini italiani valutano negativamente il comportamento dei governi fino a ora rispetto alla gestione del fenomeno migratorio». (“Fenomeno”, non “emergenza”, sottolinea Piziali: «è un processo che dura decine di anni, non è contingente»).

Fonte/Ipsos per WeWorld

«Giudicano negativamente anche l’azione dell’Unione Europea: solo il 7% degli italiani la ritiene positiva», spiega ancora Piziali. E poi c’è il modo con cui i media hanno trattato il fenomeno migratorio. Per il 16% degli italiani c’è una valutazione corretta, «ma per oltre la metà dei rispondenti c’è una eccessiva e a volte distorta, non corretta, esagerata gestione del fenomeno migratorio. Che quindi andrebbe trattato in modo più aderente alla realtà, evitando stereotipi e generalizzazioni».

Gli italiani poi, «pur essendo – come ungheresi, greci e austriaci che pure abbiamo intervistato – poco attenti alla realtà e quindi a volte con percezioni errate, sono invece molto sensibili al fatto che i migranti possono dare un contributo positivo allo sviluppo del paese. Anche se sono preoccupati per le ricadute sulla sicurezza», spiega Stefano Piziali.

Il 44%, infatti, si dichiara infatti preoccupato dalla possibile presenza di terroristi tra i migranti. Diffusa tra un italiano su tre l’idea che la gran parte dei crimini siano perpetrati da persone di origine straniera (33%).

«Gli italiani poi sanno distinguere tra ‘migranti’ e ‘rifugiati’: cosa che spesso non fanno i giornalisti. Sanno che i rifugiati hanno diritto a essere accolti perché fuggono da paesi in guerra o con distratti climatici: il 67% ci ha risposto in questo senso, ed è tra le percentuali più alte che abbiamo riscontrato». Ma il 40% degli intervistati si dichiara d’accordo con la gestione del governo italiano dei respingimenti.

Il rispetto per tradizioni e abitudini dei migranti è importante per il 69% degli intervistati, a patto che non violino la legge. Ma solo un quarto degli italiani ritiene che l’immigrazione abbia un effetto positivo sulla vita culturale del paese. Quasi un italiano su due ritiene che l’immigrazione stia dividendo la società in «fazioni opposte» e che per questo sia negativa.

L’indole favorevole all’accoglienza

L’aspetto lavorativo-occupazionale è tra quelli che più alimentano le paure: sì, i migranti sono vittime, spesso sfruttate dal mercato del lavoro (per il 75% degli intervistati), e che spesso svolgono professioni che gli italiani non vogliono più fare (55%). Ecco perché per il 56% degli italiani il mercato del lavoro dovrebbe riconoscere le loro competenze e titoli di studio (56%). Ma no, sull’occupazione non c’è tranquillità: le aziende dovrebbero dare la precedenza nelle assunzioni ai lavoratori italiani per il 46% degli intervistati, e un terzo è convinto che i migranti abbiano reso più difficile trovare lavoro per gli italiani.

Per il 33% vanno chiuse le frontiere, ma il 68% ancora ben disposto nei confronti dei rifugiati e a favore del diritto all’accoglienza. «Una percentuale importante degli italiani pensa che chi fugge da paesi a rischio di guerra, conflitti e disastri naturali vada accolto e distinto da chi migra per altri motivi», commenta Stefano Piziali.

Fonte/Ipsos per WeWorld

«Dall’altra parte il 40% risponde di essere preoccupato del fatto che i migranti possano togliere agli italiani l’accesso al welfare, concorrano per gli stessi posti di lavoro». Ma qui c’è un altro elemento ambivalente: gli italiani riconoscono che ci sono ormai determinati lavori (agricoltura, edilizia, ristorazione) che si possono fare solo grazie ai migranti. Quasi unanime (84%) appare la richiesta all’Unione Europea di svolgere un ruolo più centrale a sostegno dell’Italia nella gestione dei rifugiati.

Le fake news

Il 63% degli intervistati dichiara di essere stato esposto a fake news sul tema dell’immigrazione. «Ecco perché il ruolo dei media è fondamentale», prosegue Piziali. «Non possono essere ritenuti la sola agenzia educativa, non è la loro azione primaria, ma nella loro informazione devono riscoprire regole di base: per esempio trattare i migranti come soggetti e non come oggetti. O non enfatizzare né minimizzare i problemi – a volte si passa da un eccesso all’altro. E poi bisogna tenere conto del fatto che la comunicazione pubblica si basa spesso su opinioni e non sulla realtà dei fatti», spiega WeWorld.

Fonte/Ipsos per WeWorld

L’invito alla politica

Sicuramente è necessario un invito forte alla politica, spiegano da WeWorld Onlus. «Lo Stato italiano non ha firmato il Global Compact delle Nazioni unite. È vero che è un accordo volontario e non vincolante, ma dal punto di vista morale è significativo, perché pone le basi per trovare un linguaggio comune con gli altri paesi», conclude Stefano Piziali.

«Il secondo aspetto è la riforma del regolamento di Dublino, che penalizza l’Italia ma soprattutto i paesi che vorrebbero avviare politiche nuove sul tema della migrazione, basate sull’accoglienza non indiscriminata ma regolata in modo chiaro e certo a partire dai paesi di origine». Terzo aspetto «che ci preoccupa, forse il più importante: l’ultimo governo, non l’attuale, ha di fatto smantellato il sistema dell’accoglienza. Quindi noi oggi siamo in una situazione di migranti irregolari peggiore di due anni fa. E questa è stata un’operazione voluta per creare delle situazioni di conflitto sociale che rischia di diventare difficilmente governabili se non si agisce con rapidità».

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