Siria, continua l’invasione turca. Razzi curdi: morti almeno 2 civili, tra loro un bambino


Secondo la prefettura locale sarebbero due le vittime provocate dai razzi e colpi sparati dalle zone curde nel nord della Siria. Tra di loro anche un bambino rifugiato siriano di 9 mesi. Ad essere colpita è stata la provincia frontaliera turca di Şanlıurfa.
Erdogan non si ferma
Va avanti l’operazione militare turca in Siria. L’esercito turco ha stabilito una posizione in territorio siriano tra la città del confine di Tell Abyad e Suluk nella provincia settentrionale siriana di Raqqa e controlla diversi villaggi e posizioni nella parte occidentale di Tal Abyad. Sarebbe entrato dunque di 5 chilometri in territorio siriano nella provincia nordorientale siriana. A dare la notizia è il quotidiano al-Jazeera, citando fonti locali.
Il ministero della Difesa turco ha annunciato che l’operazione militare della Turchia contro le milizie curde nel nord-est della Siria «prosegue con successo secondo i piani», pubblicando un video in cui rivendica di aver colpito 181 obiettivi dall’inizio dell’operazione. Le Forze democratiche siriane a guida curda hanno accusato l’esercito turco di aver colpito alcuni cilvili, uccidendone almeno 8.
Continuano angli gli scontri. Sono stati lanciati dalla Siria verso la Turchia due colpi di artiglieria pesante e hanno colpito Akcakale, una cittadina di confine tra la Turchia e la Siria, dove è stato istituito il centro di comando e sono stanziati molti dei militari turchi, ferendo due persone.
Si contano i morti
Per la Mezzaluna Rossa del Kurdistan ci sarebbero almeno 5 morti e 25 feriti, di cui 6 bambini. Con una nota il ministero della Difesa turca ha respinto le denunce, ribadendo che «Nella pianificazione ed esecuzione dell’operazione Fonte di pace vengono presi di mira solo rifugi, ripari, postazioni, armi, mezzi ed equipaggiamenti che appartengono a terroristi del Pkk/Pyd-Ypg e di Daesh (Isis)». Secondo il presidente turco Recep Tayyip Erdogan nei raid turchi sarebbero stati uccisi 109 terroristi.
Denunciato anche il bombardamento di una prigione in cui sono detenuti miliziani dell’Isis di oltre 60 Paesi, sempre dalle Forze democratiche siriane (Fds) a guida curda, secondo cui si tratta di “un chiaro tentativo” di favorire la fuga dei jihadisti. Sarebbero 5 invece i soldati turchi uccisi nelle ultime ore in scontri con le forze curdo-siriane nel nord-est della Siria. Ad affermarlo sono le forze curdo-siriane citate dalla TV panaraba al Arabiya.

L’inizio il 9 ottobre
Nella serata del 9 ottobre, l’esercito turco è entrato in Siria insieme a 14.000 membri delle milizie locali dell’Esercito siriano libero cooptate da Ankara. L’operazione, ha annunciato il presidente turco Recep Tayyip Erdogan, è volta a «evitare la creazione di un corridoio di terrore a cavallo del nostro confine sud e per portare pace nel territorio».
L’intervento militare arriva dopo la decisione del presidente Usa Donald Trump di ritirare le truppe americane dal confine, aprendo all’intervento della Turchia contro i curdi sostenuti dagli stessi americani. Dopo un primo annuncio che faceva pensare a un ritiro totale delle truppe, il presidente americano ha minimizzato, spiegando che si tratta di circa 50-100 truppe, come confermato da lui stesso in seguito su twitter.
La riposta delle Forze democratiche siriane
Le Forze democratiche siriane guidate dai curdi sostengono di aver respinto l’offensiva terrestre turca sul confine settentrionale della Siria, poco dopo che Ankara ha annunciato l’inizio della fase terrestre della sua operazione contro le forze curde. Ma, come riporta al-Jazeera, le loro affermazioni non sono state verificate.
«L’attacco a terra da parte delle forze turche è stato respinto dai combattenti delle Forze democratiche siriane (Fds)» nella regione di Tal Abyad, ha dichiarato il portavoce dell’Fds, Mustefa Bali, su Twitter. Il suo esercito è il principale alleato dell’occidente nella lotta contro lo Stato Islamico, ma è trattato dalla Turchia come un gruppo terrorista a causa dei suoi legami con il Partito dei Lavoratori Curdi (PKK).
Le reazioni
L’Unione europea ha chiesto alla Turchia di fermare l’offensiva militare, citando come ragioni la destabilizzazione della zona, le sofferenze dei civili e il riaffiorare del terrorismo. L’Ue sostiene inoltre che il piano per il ricollocamento dei profughi siriani nella cosiddetta “zona sicura” ha poche possibilità di rientrare nei parametri della Nazioni Unite, così come stabilito dall’Alto commissariato per i rifugiati.
Watch the closing statement on Syria by @FedericaMog at the @Europarl_ENhttps://t.co/wHvO7N0Bj4
— European External Action Service – EEAS (@eu_eeas) October 9, 2019
«Molto preoccupato» si è detto il segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres. Prevista per oggi una riunione d’emergenza del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. Parlando in conferenza stampa a Montecitorio, Ahmad Yousef, membro del consiglio esecutivo della Federazione della Siria del Nord, ha avvertito che c’è il rischio, oltre all’esodo di 2,5 milioni di persone, anche di «un genocidio» perché la Turchia «non fa distinzioni tra militari e civili».
La condanna dell’Italia
Il ministro degli Esteri italiano Luigi Di Maio è stato più netto nella condanna dell’invasione turca: «Penso che l’iniziativa militare della Turchia in Siria sia assolutamente inaccettabile, la condanniamo. Rischia di compromettere la lotta al terrorismo perché le azioni di forza militare in passato hanno sempre fatto proliferare il terrorismo. Dal punto di vista del ministero degli Esteri e del governo l’unica strada da perseguire è quella delle Nazioni Unite». Durante una conferenza stampa a Palazzo Chigi il 9 ottobre il premier Giuseppe Conte si era detto preoccupato per le «iniziative che possano portare ad una ulteriore destabilizzazione della Regione».
La minaccia di Erdogan all’Ue
«Se l’Ue ci accuserà di occupazione della Siria e ostacolerà la nostra operazione militare, apriremo le porte a 3,6 milioni di rifugiati e li manderemo da voi». Così Recep Tayyip Erdogan, parlando ai leader provinciali del suo partito Akp, rispondo all’Ue facendo allusione ai profughi siriani attualmente in Turchia.
Per fermare la migrazione irregolare dalla Turchia verso l’Ue il 18 marzo 2016 le due parti siglarono un accordo che prevedeva il respingimento dei migranti e profughi sulla rotta balcanica (di coloro che non avevano presento la domanda d’asilo presso le autorità greche) in cambio di tre miliardi di euro di aiuti alla Turchia. Per ogni profugo siriano che veniva rimandato in Turchia dalle isole greche, l’Ue accettava di trasferirne un altro in europea attraverso i canali umanitari.
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