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Inchiesta Open, le email sospette dai finanziatori sulle “norme gradite”: le ombre sul Giglio magico renziano

13 Dicembre 2019 - 08:30 Redazione
Nel mirino della Guardia di Finanza l'avvocato Bianchi ex presidente della fondazione, ma anche Marco Carrai e Luca Lotti. I sospetti su un emendamento allo Sblocca Italia

Nella stessa giornata in cui Matteo Renzi è intervenuto in Senato per difendersi dalle accuse della procura fiorentina arrivano nuovi particolari sull’inchiesta Open e nello specifico a proposito di alcuni esponenti di spicco del cosiddetto “Giglio magico”, cioè l’avvocato Alberto Bianchi e l’imprenditore Marco Carrai, rispettivamente ex presidente ed ex consigliere della fondazione, quest’ultimo organizzatore delle Leopolde tra il 2012 e il 2018, ma anche sul presunto coinvolgimento di Luca Lotti.

Bianchi è indagato per traffico di influenze e finanziamento illecito ai partiti, mentre a Carrai è imputato solo il secondo reato. Più di 30 finanziatori della fondazione sono stati perquisiti, ma ad oggi nessuno risulta indagato. 5 mila le pagine depositate agli avvocati in vista dell’udienza presso il tribunale del Riesame in programma lunedì prossimo. Nelle informative della Guardia di Finanza depositate dalla procura emergerebbe, secondo quanto riporta il quotidiano la Repubblica, «l’interessamento dell’onorevole Luca Lotti all’epoca sottosegretario alla presidenza del consiglio dei ministri» nella vicenda del contenzioso tra Autostrade e il gruppo Toto.

Bianchi, che era allora appunto avvocato degli imprenditori, secondo la Guardia di Finanza si sarebbe confrontato con Lotti «i primi del mese di gennaio 2016… Avrebbe avuto una riunione e consegnato l’appunto Toto, riferendogli l’esito di un incontro tenutosi il 5 aprile 2016 in merito alle trattative in corso» tra il raggruppamento di imprese di cui faceva parte Toto e Autostrade (Aspi).Della questione si sarebbe interessato anche Carrai: «Dall’esame della corrispondenza email e degli appunti manoscritti emerge che, ai fini delle trattative con Aspi, I’avvocato Alberto Bianchi si è avvalso di Carrai il quale avrebbe avuto contatti diretti e/o incontri con l’amministratore delegato di Aspi, Castellucci».

Secondo i finanzieri: «il netto del compenso che l’avvocato Bianchi ha ricevuto dalla Toto in relazione alla pratica è stato versato alla fondazione Open e al Comitato nazionale per il Sì al referendum costituzionale, circostanza che l’avvocato ha rendicontato all’onorevole Lotti con una lettera rinvenuta tra la documentazione della fondazione Open». In totale un finanziamento di 400mila euro.

Secondo i pm Luca Turco e Antonino Nastasi, nei documenti sequestrati durante l’inchiesta: «è stata rinvenuta documentazione afferente l’intromissione di Bianchi con riguardo a proposte di modifiche normative concernenti il differimento del pagamento dei canoni di concessione autostradale». Sarebbe stato trovato nello studio di Bianchi un foglio stampato con l’emendamento e alcune correzioni a mano. Per la Finanza quindi «le operazioni di trasferimento di denaro dal gruppo Toto a Bianchi e da Bianchi alla fondazione Open risultano in effetti dissimulare un trasferimento diretto di denaro dal gruppo a Open«. Inoltre, si specifica, Bianchi «si è interessato a modifiche inerenti il settore delle infrastrutture autostradali».

Se la Repubblica si concentra sulle 5mila pagine depositate agli atti, il Corriere della Sera approfondisce invece i contenuti delle mail inviate dalla fondazione Open a Palazzo Chigi a proposito di presunte norme “gradite” ai finanziatori. Al centro della vicenda sempre l’avvocato Alberto Bianchi: le mail sono state sequestrate dalla Guardia di Finanza durante le perquisizioni ordinate dalla Procura di Firenze. Anche in questo caso non appare estraneo ai fatti Marco Carrai. Secondo i magistrati la fondazione nata per sostenere l’attività politica di Renzi, agiva in realtà come «articolazione di un partito politico» e avrebbe favorito gli interessi di chi — tra il 2012 e il 2018 — accettò di versare contributi economici.

Nel mirino della Guardia di finanza due mai inviate a Matteo Renzi, quando era a Palazzo Chigi. La prima del 25 settembre 2014 inviata dalla segreteria studio Alberto Bianchi e diretta a a.manzione@governo.it avente ad oggetto «emendamento» e come allegato «proposta di emendamento dl sblocca Italia». La destinataria è Antonella Manzione, capo dei vigili urbani di Firenze che Renzi portò a Palazzo Chigi e nominò responsabile dell’ufficio Affari legislativi.

La seconda mail, si legge nelle carte, «del 14 aprile 2014 inviata da segreteria studio Alberto Bianchi a luca@matteorenzi.it avente ad oggetto F&B Italiano, dal cui testo si evince che Alberto Bianchi gira una mail di Scordamaglia». Si tratta di Luigi Scordamaglia, uno degli imprenditori finanziatori della fondazione. Inoltre, secondo la Finanza «particolarmente significativo» è l’appunto indirizzato da Bianchi a Lotti, datato 12 settembre 2016; in tale appunto Bianchi riferisce di aver avuto 750K «sulla base dell’accordo con Toto e che riceverà 80K sulla base dell’accordo con British American Tobacco”; quindi, informa di aver determinato, con l’aiuto del commercialista il netto di 830K (750+ 80) in euro 400.838, somma che dichiara di aver versato per intero alla “Fondazione Open” ed al “Comitato nazionale per il sì”».

Nei provvedimenti di perquisizione si spiega il motivo per cui l’appunto sarebbe interessante:. «La citata “British American Tobacco” risulta traifinanziatori della fondazione Open e tra i clienti sia dell’avvocato Alberto Bianchi, sia dell’associazione professionale. Bianchi ha tenuto costantemente informato Luca Lotti dell’evolversi della pratica, ma anche di altre pratiche afferenti il gruppo Toto».

Per quanto riguarda Marco Carrai, le indagini si sono spostate a due società in Lussemburgo, la Wadi Ventures Management e la Wadi Ventures sea. Per la Finanza: «Va evidenziato come tali iniziative imprenditoriali (sia quelle lussemburghesi che quelle italiane) sono state avviate e portate avanti in concomitanza temporale con le attività della fondazione. Le acquisizioni investigative evidenziano l’intreccio tra iniziative imprenditoriali e finanziamenti alla Open». Inoltre: «Wadi Ventures risulta destinataria di somme di denaro provenienti, fra gli altri, da investitori italiani già finanziatori della “Fondazione Open”. Le risorse finanziarie appaiono essere state utilizzate per acquisire partecipazioni in società ancora non individuate».

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