Nel 2020 il mercato della tecnologia dovrà imparare solo una parola: 中国

L’anno del Topo si prospetta molto interessante per chi festeggia capodanno il 25 gennaio

中国, Regno di Mezzo. Potrebbe essere questa la parola chiave per la tecnologia nel 2020. O meglio, nell’anno del Topo che comincerà il 25 gennaio, stando al calendario cinese. Regno di Mezzo infatti è l’antico nome della Cina ed è proprio qui che i colossi tecnologici di tutto il mondo hanno inziato a guardare con paura. Non troppo tempo fa gli smartphone che arrivavano dalla Cina erano definiti i «cinesoni», dispositivi che abbondavano nelle dimensioni dello schermo e nelle specifiche tecniche ma che non garantivano perfomance a lunga durata. Ora Huawei è arrivata al secondo posto nella classifica dei produttori di smartphone, con una percentuale di mercato del 15,8% (i dati sono del secondo quadrimestre 2019). Ma parlare dell’avanzata cinese nella tecnologia non sarebbe certo una novità. Eppure nel 2019 sono successe tre cose che hanno aperto a nuovi scenari: lo sbarco di TikTok in Occidente, le dichiarazioni di Guo Ping sul 5G e il ban e l’HMS.


Lo sbarco di TikTok in Occidente

Se avete uno smartphone Android, aprite il vostro Play Store. Andate nella sezione classifiche per vedere le app in evidenza. Al primo posto c’è, ormai saldo, TikTok, il social cinese che ha interessato anche i team di comunicazione di Matteo Salvini e Giorgia Meloni. Come abbiamo spiegato nella nostra Guida a TikTok per over 25, questa piattaforma si basa soprattutto sulla condivisione di video. I contenuti originali sono ridotti al minimo: bisogna solo reinterpretare i trend, che siano challenge, canzoni da cantare in playback o domande a cui rispondere.


Fonte: YouTube | Alcuni video del trend “I used to be so beautiful”

A netto dei contenuti, TikTok vince il titolo di primo social network cinese che riesce a diffondersi nel mercato occidentale. Fino al suo arrivo, infatti, tutte le piattaforme social più utilizzate erano Made in Usa, dai lontani blog di Msn a Instagram. L’arrivo di TikTok ha portato con sé anche dubbi, morali e pratici, legati alla censura. Se provate a caricare anche solo uno spezzone delle proteste di piazza Tienanmen, l’applicazione non vi permetterà nemmeno di pubblicare il video. E così, in diversi casi, anche per i video delle proteste a Hong Kong. Senza contare le denunce per le azioni del governo contro gli uiguri, la minoranza islamica della regione dello Xinjiang. Denunce che devono essere travestite da video di make up per aggirare la censura.

Nel 2020 quindi ci saranno due motivi per osservare con attenzione TikTok. Il primo sono le strategie che metterano in campo le big tech degli Stati Uniti per non perdere il loro soft(ware) power. Il secondo invece è la risposta che darà TikTok alle accuse di censura. La Cina dovrà cambiare per conquistare l’Occidente?

Le dichiarazioni di Guo Ping sul 5G

«Siamo l’unica compagnia a livello mondiale a poter creare una rete 5G su larga scala». Il rotating chairman di Huawei Guo Ping aveva lanciato questo petardo durante il Mobile World Congress di Barcellona nel febbraio 2019. Ai tempi, la discussione sulla sicurezza delle reti 5G progettate dal colosso di Shenzhen era molto attiva, spinta soprattutto dalle agenzie din intelligence statunitensi che erano arrivate addirittura a minacciare di non condividere più informazioni con gli Stati che si sarebbero affidati alla Cina per la costruzioni di queste infrastrutture. Perplessità che in Italia hanno continuato a turbare il Parlamento, fino ad arrivare all’11 dicembre, con l’approvazione della relazione del Copasir, Comitato Parlamentare per la Sicurezza della Repubblica. In questo testo si sollevano dubbi sulle garanzie date da un 5G cinese.

Dopo diverse audizioni con i vertici dei servizi segreti, dal rapporto del Copasir è emerso che non ci sarebbero abbastanza garanzie sull’indipendenza dal governo cinese delle aziende che operano nel campo del 5G. Nello specifico stiamo parlando di Huawei e della più piccola Zte. Il 5G in Italia dovrà essere fatto. Ma se non con la tecnologia cinese, con chi? Secondo Antonio Capone, professore nella facolta di Ingegneria delle Telecomunicazioni del Politecnico di Milano, le opzioni non sarebbero molte altre.

HMS, ovvero come Huawei punta all’indipendenza da Google

Mentre in Italia andava in scena la crisi del primo governo Conte, il resto del mondo, ma soprattutto il resto dei mercati, erano interessati a un partita di ben altre dimensioni: lo scontro commerciale tra Cina e Stati Uniti. Una battaglia feroce, che nei periodi di tensione più grande aveva fatto temere a milioni di utenti Huawei di non poter più usare app le app di Google, come Gmail o Maps. Proprio per questo l’azienda di Shenzhen ha accelerato i lavori per arrivare a creare un ambiente software che permetta ai suoi dispositivi di funzionare anche senza il supporto di Google. E così Huawei ha deciso, oltre che lavorare al proprio sistema operativo, di lanciare una serie di iniziative per finanziare lo sviluppo di app native: gli Hms appunto, i Huawei Mobile Services in contrapposizione dei Google Mobile Services. In tutto questo c’è però una domanda. Huawei è il secondo produttore di telefoni Android al mondo. Google non farà niente (anche in termini di pressioni sul governo Usa) per evitare di perdere un cliente cosi importante??

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