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Quanto c’è di vero nelle accuse dei 5 Stelle alla commissione sui vitalizi (in 3 minuti)

06 Febbraio 2020 - 05:58 Sara Menafra
Il 15 febbraio il Movimento scende in piazza «per fermare» chi vuole bloccare il taglio degli emolumenti

La mobilitazione è partita a tambur battente e per i Cinque stelle è la prova finale, decisiva per tirarsi fuori da una crisi che sembra inarrestabile: il 15 febbraio tutti in piazza, un «esercito non violento, ma pur sempre un esercito», come dice Paola Taverna. Per difendere la riforma dei vitalizi e il rischio che vengano cancellati “dai politici”e in particolare dalla commissione interna del Senato che sta valutando i ricorsi. Al di là del bisticcio di retorica dell’attacco «ai politici» e a «quelli che decidono» da un movimento che è ormai stabilmente al governo da quasi due anni, è lecito chiedersi cosa ci sia di vero nell’annuncio che fanno i big, a cominciare dall’ex leader Luigi Di Maio: è vero che il taglio ai vitalizi rischia di essere abolito? È vero che la decisione è già stata presa da commissari in palese conflitto di interessi?

Come nasce il taglio dei vitalizi

Il taglio dei vitalizi di Camera e Senato, nasce con due rispettive delibere arrivate poco dopo le elezioni del 2018: Camera e Senato decidono di trasformare il calcolo dei vitalizi, rendendolo esclusivamente contributivo, a partire, rispettivamente, da inizio e da ottobre 2019. In sintesi, il vitalizio – da concedersi all’età della pensione, cumulabile con la pensione ordinaria – corrisponde solo ai giorni di effettiva nomina ad una carica. Di più per chi ha fatto tante legislature, poco o niente per le legislature più brevi. Ulteriore novità: dal momento dell’entrata in vigore del taglio, esso si applica anche a chi già percepisce il vitalizio. Secondo alcuni calcoli, ad esempio quelli del Sole 24 ore, in linea teorica la sforbiciata ha già prodotto un risparmio di 45,6 milioni per la Camera e 22,2 per il Senato.

C’è un confilitto di interessi?

Chi ha subito il taglio del vitalizio può fare ricorso. Per la Camera, si dovrà rivolgersi al Consiglio di giurisdizione, per il Senato alla Commissione contenziosa. Le due commissioni sono interne ai rispettivi rami del Parlamento e, spiegano gli uffici competenti, non potrebbe essere diversamente. Sul trattamento economico dei parlamentari, infatti, vige il principio costituzionale dell’autodiachia: il Parlamento regola da sé, attraverso un proprio organo giurisdizionale, le controversie economiche con i propri dipendenti. L’idea di base è garantire maggiormente l’autonomia del potere legislativo dagli altri poteri. Dunque, sì c’è un conflitto di interessi, nel senso che i parlamentari decidono su loro stessi. Ma il conflitto d’interessi è stato espressamente previsto dalla Costituzione.

Cosa sta accadendo davvero?

Ex parlamentari, in particolare ex senatori, hanno fatto ricorso alla commissione incaricata. Entrambe si pronunceranno a febbraio: quella della Camera il 12, quella del Senato il 20 febbraio. La commissione del Senato, però, presieduta da Giacomo Caliendo, si sarebbe già convinta a ripristinare il vitalizio a 700 senatori. O, almeno, è quanto ha anticipato il Fatto quotidiano in un articolo dello scorso 30 gennaio. Secondo il quotidiano, la presidente del Senato, Elisabetta Casellati, avrebbe scelto proprio Caliendo – storico esponente di Forza Italia e, dice il Fatto, amico del capo di gabinetto Nitto Palma – esponendo la commissione alle richieste della “vecchia casta”.

A rappresentare i senatori è, in particolare, l’avvocato ed ex parlamentare Maurizio Paniz che si dice certo del fatto suo perché la delibera delle Camere ha avuto funzione “retroattiva” su un diritto acquisito.

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