Lazio da sogno: vince pure a Genova (2-3). Ecco perché Inzaghi può e deve puntare allo Scudetto

Marusic, Immobile e Cataldi firmano il tris: Aquila a -1 dalla Juve

Un’altra, immensa prova di forza su un campo difficile e gestendo ogni fase della partita. La Lazio vince 3-2 a casa del Genoa e si riporta a -1 dalla Juventus, allungando addirittura a +20 sulla Roma, la prima delle attuali non ammesse alla prossima Champions League. A Marassi apre un devastante Marusic (2′). Il Genoa colpisce un palo con Favilli. Nella ripresa segnano anche Immobile (51′), Cassata (57′, grande girata) e Cataldi (71′, punizione col telecomando). Criscito su rigore al 91′ (mani di Lazzari) illude i rossoblù (molto positivi) che restano a -1 dalla salvezza. Quello odierno, in ragione delle misure precauzionali delle Autorità per combattere la diffusione del Coronavirus, sarà un turno monco. Posticipate tutte le gare di oggi, ad eccezione della Roma che alle 18 ospiterà il Lecce.


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A Genova la Lazio vince contro una squadra vera e in ripresa, quella di Nicola, e Inzaghi la prepara ancora una volta benissimo. E’ bravo e fortunato quando Marusic (un treno merci senza sosta) irrompe come un carrarmato tra le foglie dopo 100 secondi, e successivamente quando un colpo di testa di Favilli incrocia il palo. La fortuna aiuta gli audaci e i capaci. La Lazio va di gestione, decidendo di non pressare alto il Genoa per fare densità al centro ed evitare il palleggio a ridosso della propria area dei brevilinei rossoblù. Il resto lo fanno le ripartenze orchestrate da Luis Alberto e le disumane capacità di interdizione di Lucas Leiva: un pendolo fondamentale negli equilibri dell’Aquila.


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Si aggiunga il ritorno al gol di Immobile, che fa 27 in campionato ad inizio ripresa avventandosi su una giocata di Caicedo e confermando la sua stagione da record. Il settore ospiti (e parte della gradinata Sud) di Marassi può sognare, anche se nella ripresa la meraviglia di Cassata e un po’ di pigrizia in uscita sul tiratore della seconda migliore difesa del campionato (l’Inter ha un gol e una partita in meno) fanno salire un po’ di preoccupazione a chi la sciarpa laziale al collo. Idem nel finale, quando il mani di Lazzari e il rigore di Criscito generano ansia. Per la verità più sugli spalti che in campo.

Perché la Lazio può crederci

Simone Inzaghi al Ferraris, Ansa

A questo punto, a 13 partite dalla fine, per la Lazio sarebbe (sportivamente discorrendo) delittuoso non crederci. L’Inzaghismo è all’apice della sua avventura in biancoceleste: la Lazio oggi è talmente performante da essere difficilmente migliorabile. Deve provarci ora l’Aquila anche perché la evidente differenza di rosa con la Juventus è attenuata in questo rush finale di campionato: le giornate non sono tante, Juve e Inter hanno anche il diversivo (non di poco conto) delle Coppe. E poi ci sono i numeri: la Lazio è seconda per attacco solo all’Atalanta, un ottimo pacchetto arretrato, il capocannoniere del campionato e il miglior assistman (Luis Alberto).

C’è poi l’elemento ‘mentale’. Che conta, altro che. La Lazio ha battuto 2 volte la Juventus. Ha rimontato e superato in classifica l’Inter. E, non da ultima, nella peggiore delle ipotesi da qui a fine campionato avrà centrato con larghissimo anticipo il massimo obiettivo di inizio stagione (la qualificazione in Champions League). E così quelli che ‘La Lazio si sgonfia come sempre’ cominciano a pensare che la squadra di Inzaghi possa perlomeno dare fastidio fino alla fine per lo scudetto. E fare, su un gradino di difficoltà addirittura superiore, quello che negli ultimi anni ha fatto l’Atalanta. La sorpresa diventata pericolo per tutti.

Foto di copertina Ansa

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