Erdogan ritenta la carta del baratto: «L’Europa ci aiuti in Siria se vuole risolvere la crisi dei migranti»

Agli Stati Uniti la Turchia ha chiesto armi e munizioni per continuare a combattere ad Idlib. All’Ue invece il premier turco ha dettato (di nuovo) le condizioni per una eventuale tregua

«Se i Paesi europei vogliono risolvere la questione [dei migranti ndr] devono sostenere gli sforzi della Turchia per soluzioni politiche e umanitarie in Siria». Nel caso il messaggio di Recep Erdogan non fosse stato ancora chiaro a Bruxelles, che ha annunciato da poco un pacchetto di aiuti alla Grecia per far fronte al nuovo flusso di profughi provenienti dalla Turchia (350 milioni di euro subito, altri 350 milioni “di flessibilità” da inserire nel bilancio), il presidente turco ha ribadito ai suoi parlamentari ciò che è sotto gli occhi di tutti: senza un appoggio dell’Unione europea in Siria, dove la Turchia sostiene i ribelli che dal 2012 circa sfidano Bashar al Assad, non ci sarà nessun tentativo del suo paese di fermare il flusso di profughi verso l’Europa.


Proprio perché avviene dopo la visita del triumvirato Ue al confine tra la Grecia e la Turchia – ieri 3 marzo la presidente della Commissione Ursula von der Leyen è volata a Kastanies, nel nord della Grecia in compagnia del presidente del parlamento Ue David Sassoli e il presidente del Consiglio europeo Charles Michel (presenti anche il premier greco e il suo omologo croato) – e il riferimento, controverso, di von der Leyen alla Grecia come lo «scudo dell’Europa», le parole di Erdogan hanno tutta l’aria di essere un ennesimo ultimatum all’Europa e non certo un atto distensivo.


Il braccio di ferro con l’Ue

Anche perché la Turchia, impegnata su vari fronti diplomatici, può permettersi di non piegarsi all’Ue anche visto che sanzioni o misure punitive nei suoi confronti non arrivano dall’Europa. Domani è previsto l’importante incontro tra Erdogan e il presidente russo, Vladimir Putin, che in Siria si è schierato, già da tempo, al fianco di Assad, ma con il quale Erdogan dice di voler trovare un accordo «il più rapidamente possibile», per un cessate il fuoco a Idlib. Nel frattempo Erdogan si è rivolto agli alleati di un tempo, gli Stati Uniti, che rimangono comunque se non un partner, comunque interlocutori interessati della Turchia, paese membro della Nato. Erdogan ha spiegato di aver chiesto armi e munizioni agli Stati Uniti durante la visita dell’inviato speciale di Donald Trump per la Siria, James Jeffrey, avvenuta ieri.

Comunque, il premier turco non sembra intenzionato a mollare un colpo in Siria per il momento. «Come non lasceremo il nostro Paese ai terroristi, non lasceremo il popolo siriano innocente alla mercé del regime criminale [di Bashar al Assad] e dei suoi sostenitori», ha dichiarato ai suoi colleghi di partito. «Con le nostre ultime operazioni militari» ad Idlib «abbiamo dimostrato ancora una volta di essere un Paese che sa combattere ma che non vuole la guerra», ha aggiunto mentre a Idlib, in piena crisi umanitaria, continuano a morire soldati turchi (sono almeno 59 i soldati morti per il momento) e civili.

Quanti profughi ospita la Turchia e quanti sono partiti per l’Europa negli ultimi giorni?

Nel frattempo, continuano i flussi di profughi dalla Siria verso la Turchia e della Turchia verso l’Europa. Da dicembre quasi un milione di siriani sono fuggiti verso la Turchia. Fino alla settimana scorsa Erdogan aveva tenuto chiuse le porte e aveva anche frenato l’avanzata dei profughi verso l’Europa, come da accordi presi con l’Unione europea nel 2016: in cambio della “gestione dei profughi” l’Ue si era impegnata a pagare 6 miliardi di euro alla Turchia entro il 2019.

Poi, con l’uccisione di decine di soldati turchi a Idlib, il presidente turco ha deciso di aprire le porte. Secondo l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati la Turchia ospita già circa 4 milioni di profughi, provenienti principalmente da Siria, Libia, Iraq, Iran, Afghanistan, Eritrea e Bangladesh. Tra il 1 e il 2 marzo, circa 1.200 persone sarebbero arrivate dalla Turchia nelle isole dell’Egeo più vicine alla costa turca: Lesbos, Chios e Samos. Erdogan insiste che i profughi lungo il confine tra la Grecia e la Turchia siano oltre 80 mila, ma le stime delle Nazioni Unite degli ultimi giorni parlano di circa 15mila persone.

Nel frattempo l’Unione europea continua a difendere la decisione di chiudere le frontiere, anche se il diritto internazionale impone che le richieste di asilo vengano accolte. «I confini della Ue non sono aperti e non devono esserlo, ci troviamo ad affrontare una pressione straordinaria ai confini perciò serve solidarietà. Dobbiamo proteggere i confini ma nel pieno rispetto dei diritti umani, non c’è contraddizione tra difendere i nostri confini e difendere i diritti umani», ha dichiarato la commissaria Ue agli aiuti umanitari Ylva Johannson, citando la necessità di arginare l’ascesa dell’estrema destra. Secondo Johannson, in questo momento storico, «è impossibile difendere sia il diritto all’asilo che i confini».

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