Siria, Onu: «A Idlib la più grande crisi mondiale». Ma Mosca non arretra: «La nostra guerra al terrorismo non si ferma»

Con l’intensificarsi dell’offensiva del regime siriano e della Russia la situazione a Idlib è a un punto di non ritorno

Non c’è più tempo. Se mai ci fosse stato un momento più adatto per mettere fine a quasi dieci anni di guerra in Siria, il momento è ora. La situazione nella provincia siriana di Idlib è a un punto di non ritorno per le milioni di persone intrappolate nella regione nordoccidentale del Paese, in quella che l’Onu è tornata a definire «la più grande crisi mondiale».


Sono le parole di Kevin Kennedy, coordinatore delle Nazioni Unite nella crisi siriana, all’indomani di una missione di valutazione umanitaria dell’Onu nella travagliata provincia del nord-ovest della Siria. Una situazione che «ci sfida con una crisi umanitaria veramente colossale», dice Kennedy. «Stiamo intensificando i nostri sforzi», ma «abbiamo un lungo cammino da compiere e i bisogni sono immani».


L’inferno di Idlib

Una crisi che rappresenta l’epilogo dei nove anni di un conflitto costato la vita a 500mila persone e che ha creato milioni di sfollati. Un conflitto che oggi è arrivato al suo capitolo finale con l’offensiva lanciata a fine dicembre dal presidente siriano Bashar al Assad e Mosca sulla provincia di Idlib, ultima roccaforte dei ribelli e in cui si trovano anche diversi gruppi jihadisti.

Nelle ultime settimane la situazione a Idlib è precipitata. Con gli attacchi di Damasco alle postazioni turche nella zona, Recep Tayyip Erdogan ha deciso di aprire le frontiere con la Grecia, lasciando passare migliaia di migranti per mandare un chiaro segnale all’Europa, passiva di fronte alla tragedia di Idlib e all’ammassarsi di milioni di persone su un confine, quello turco, che il leader dell’Akp non ha intenzione di riaprire.

Merkel favorevole a una zona cuscinetto

Un segnale che Bruxelles sembra aver recepito. La cancelliera tedesca Angela Merkel ha detto ai parlamentari conservatori di essere a favore dell’istituzione di zone di sicurezza nel nord della Siria, dove la Turchia si sta scontrando con il governo di Damasco e con la Russia. Merkel ha anche criticato il presidente russo Vladimir Putin per aver rifiutato di prendere parte a un incontro a quattro con il presidente turco Recep Tayyip Erdogan e il presidente francese Emmanuel Macron per de-intensificare la crisi siriana, hanno aggiunto fonti parlamentari.

Il «no» di Mosca

Ma sui migranti e sulla sua offensiva a Idlib la Russia non intende arretrare, come ha fatto intendere il ministro degli Esteri russo Serghei Lavrov dopo i colloqui con il suo omologo finlandese Pekka Haavisto: «Non possiamo contribuire a risolvere i problemi dell’immigrazione a scapito della fine della guerra al terrorismo, come chiedono alcuni politici europei».

Mentre dall’altra parte dell’Atlantico gli Stati Uniti hanno mostrato il loro sostegno alla Turchia. Washington, secondo quanto dichiarato dal rappresentante speciale per la Siria americano James Jeffrey, è pronta a far arrivare armi ad Ankara: «La Turchia è un alleato Nato. La maggior parte dei militari utilizzano equipaggiamenti americani. Faremo in modo che le attrezzature siano pronte e utilizzabili».

Intanto, mentre si intensifica la tragedia umanitaria al confine greco-turco, con l’aumentare delle violenze sui migranti che tentato di entrare in Europa, in Siria non si arresta l’offensiva su Idlib e sul resto del Paese. Le forze del regime siriano sono riuscite a riprendere il controllo dell’autostrada M5 che collega Damasco e Aleppo.

I militari fedeli ad Assad hanno riconquistato la città di Saraqeb e i villaggi di Jubas, Kafr Batikh, Tarnabeh, Dadikh e Shabur, dopo violenti scontri con i ribelli e i gruppi jihadisti.

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