Dopo l’apertura dei confini con la Grecia, verso il quale si sono precipitati e ammassati migliaia di rifugiati, Recep Tayyip Erdogan non fa passi indietro e punta ancora il dito contro l’Unione europea e gli impegni disattesi sulla gestione (soprattutto economica) della crisi dei rifugiati siriani. E punta il dito contro la Grecia, che sta reprimendo con lacrimogeni e armi l’esodo dei migranti verso l’Europa.
Stando alle informazioni fornite dal governo turco, sarebbero 130.469 i migranti che in pochi giorni si sono diretti dalle zone interne della Turchia verso il confine greco, nello specifico a Edirne, per cercare di entrare nell’Ue. La cifra, che è dieci volte superiore a quella riferita dalle autorità di Atene e dalle ong internazionali, è stata comunicata su Twitter dal ministro dell’interno turco Süleyman Soylu.
Le mosse diplomatiche
«Quali sono le promesse mantenute dall’Europa, considerando che neanche la metà dei 6 miliardi – promessi per i rifugiati dagli accordi del 2016 – hanno raggiunto i rifugiati, i progetti di volontariato non sono stati approvati e la safe zone non è stata consolidata», ha scritto su Twitter Mevlut Cavusoglu, ministro degli Esteri turco. «Non possiamo costringere a rimanere coloro che se ne vogliono andare. Avete chiuso gli occhi per anni e ora è arrivato il momento di prendervi le vostre responsabilità».
E anche se il ministro degli Esteri tedesco Heiko Maas ha scritto su Twitter che «la Germania non si presterà a giochi geopolitici», le istituzioni hanno già iniziato il valzer diplomatico. In mattinata il presidente turco e la cancelliera tedesca Angela Merkel hanno avuto un colloquio telefonico per discutere degli ultimi sviluppi nella regione di Idlib in Siria, vero cuore dell’emergenza umanitaria. Durante la chiamata, Erdogan ha chiesto ancora all’Unione europea di fare la propria parte.
Dopo l’inizio dell’esodo verso le frontiere greche dei rifugiati, Josep Borrell, nel suo ruolo di Alto rappresentante dell’Unione europea per la politica estera, e il commissario per la gestione delle crisi, Janez Lenarcic, hanno deciso di partire oggi per una missione di due giorni in Turchia. Lo scopo è quello di tentare una mossa diplomatica per mettere un freno all’escalation in corso a Idlib, e cercare così di intervenire sul disastro umanitario. Lenarcic visiterà anche le strutture per rifugiati nel sud-est turco di Gaziantep, altra città simbolo della crisi.
A Idlib uccisi 9 civili, di cui 5 bambini
Intanto a Idlib la situazione è sempre più tesa. Dopo l’inizio di un’offensiva anti-Assad da parte di Erdogan (annunciata a seguito dell’uccisione di circa 32 soldati turchi) alcuni aerei da guerra russo-siriani hanno bombardato la regione nordoccidentale della Siria, colpendo alcuni insediamenti civili, tra cui il villaggio di Fua.
Stando a alle stime fornite dalla ong sul posto, ci sarebbero 9 morti tra i civili e diversi feriti. L’Osservatorio nazionale per i diritti umani in Siria, con sede a Londra, ha riportato che un razzo sparato dall’aviazione di Damasco ha centrato una strada nel centro cittadino, aprendo un cratere nell’asfalto e colpendo con schegge e detriti i palazzi che si affacciano sulla via.
Nelle ore poco successive, Erdogan ha annunciato di aver “neutralizzato” (cioè ucciso o ferito) altri 327 soldati nemici. Il totale delle vittime sale così ad almeno 2.884 nelle ultime 24 ore.
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