Possono le tecnologie usate contro il terrorismo essere di aiuto nel contenimento di un virus? Per Israele sì. Il Paese sta provando a mettere in campo le sue sofisticate applicazioni antiterrorismo per ridurre al minimo le possibilità di diffusione del Coronavirus. Per ora si tratta solo di una prova, di un tentativo, ma il premier Benjamin Netanyahu è sicuro che, insieme al blocco parziale di parte dell’economia del Paese, si possano ottenere effetti reali contro la trasmissione dell’infezione.
In cosa consisterebbe questo sistema che Netanyahu ha annunciato in conferenza stampa a Gerusalemme? La tecnologia servirà a geolocalizzare e monitorare tutti gli spostamenti delle persone che sono state in contatto con chi è infetto e dunque contagioso. Una misura già vista nelle zone dei focolai in Cina, per la quale si presenta un problema – non da poco – legato alla violazione della privacy delle persone risultate positive al tampone. Per questo sarà necessaria l’approvazione del ministero della Giustizia, che il premier israeliano si è affrettato a richiedere.
È stato chiamato a fare la sua parte anche il servizio di sicurezza interna del Paese che ha confermato di stare esaminando la portata e la varietà delle capacità tecnologiche spendibili nella lotta a un nemico invisibile come lo è, di fatto, un virus.
Queste capacità potrebbero includere «il monitoraggio in tempo reale dei telefoni cellulari delle persone infette per individuare violazioni della quarantena – spiega Avner Pinchuk, esperto di privacy per l’associazione per i diritti civili in Israele, citato da Reuters -. Informazioni che possono poi fungere da metadati per capire dove sia stato chi è uscito dall’isolamento e con chi sia entrato in contatto».
Le perplessità di un esperto di privacy come Pinchuk sono tante: «Sono turbato da questo annuncio. Capisco che ci troviamo in circostanze eccezionali, ma questo sembra potenzialmente esagerato. Molto dipenderà da quanto saranno invadenti le nuove misure».
Ma il nemico è per sua natura invisibile «e deve essere localizzato», sostiene Netanyahu che si è trovato nella posizione di dover “scegliere” e ha fatto sapere che Israele seguirà metodi simili a quelli usati da Taiwan. «In tutti i miei anni da primo ministro ho sempre evitato di usare questi mezzi tra i civili – ha detto – ma ora non c’è scelta».
A gettare acqua sul fuoco, il ministro dei Trasporti Bezalel Smotrich: «Posso tranquillizzare tutti, in Israele non c’è e non ci sarà un Grande Fratello – ha scritto su Twitter -. Si tratta di una misura estrema giustificata da una situazione estrema e pericolosa, per salvare le vite di decine di migliaia di cittadini».

Stando a Smotrich, si tratterà di un apparato elettronico che resterà in funzione – per ora – per 30 giorni e «presumibilmente sarà in grado di monitorare i contatti e gli spostamenti degli apparecchi cellulari – si prefigge di inviare messaggi sms di avvertimento a chi fosse entrato a sua insaputa in contatto con persone contagiate». Alla fine dei trenta giorni – o dell’eventuale proroga – stando alla stampa locale, tutte le informazioni raccolte saranno distrutte, e dunque non conservate in archivi utili ad altri scopi. Condotta, questa, che in effetti sarebbe difficilmente verificabile.
Intanto, secondo gli ultimi numeri diffusi dalle autorità sanitarie, gli israeliani risultati positivi al coronavirus sono – al momento – circa 200. Di questi, 157 sono ricoverati, mentre altri 34 vengono curati a casa. Tra le misure precauzionali prese dal governo, Netanyahu ha ordinato la chiusura di centri commerciali, hotel, ristoranti, cinema e teatri. Ma, come negli altri Paesi, sono garantiti i servizi essenziali come farmacie, alimentari e banche.
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