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«La crisi climatica non va in quarantena». Come rispondono i movimenti ambientalisti all’emergenza Coronavirus? – L’intervista

28 Marzo 2020 - 06:38 Giulia Delogu
«Dobbiamo trovare nuovi modi per diffondere il messaggio», ha detto Greta Thunberg sui social. Ma come si stanno riorganizzando Fridays For Future ed Extinction Rebellion per far fronte alle misure imposte dal virus?

A poco più di un anno dal primo #GlobalClimateStrike, lo sciopero globale che il 15 marzo 2019 ha portato migliaia di ragazzi di tutto il mondo in piazza contro la crisi climatica, i movimenti ambientalisti sono costretti a riorganizzarsi a causa dell’emergenza Coronavirus. L’obbligo di restare in casa e uscire solo per comprovati motivi di lavoro o salute e il divieto di assembramenti, infatti, rendono impossibili tanto le manifestazioni di Fridays For Future quanto le azioni di disobbedienza civile di Extinction Rebellion, i due principali movimenti globali.

Ma gli attivisti non si fermano e, al di là di qualche incoraggiante ma pur sempre piccolo segnale di rallentamento, nemmeno l’emergenza climatica. Nonostante il calo delle emissioni registrato nel primo trimestre dell’anno, infatti, il 2020 rappresenta un momento cruciale per la lotta al cambiamento climatico e, dopo il recente fallimento dell’ultima Conferenza dei Paesi che hanno sottoscritto la Convenzione delle Nazioni Unite sui Cambiamento, la COP26 in programma per il prossimo novembre a Glasgow è l’ultima occasione per invertire la rotta ed evitare il tracollo climatico.

Greta Thunberg, la giovane attivista svedese che per prima ha dato il là alle manifestazioni in tutto il mondo, ha invitato gli attivisti a non fermarsi e a spostare il climate strike online, rendendolo digitale. «Dobbiamo trovare nuovi modi per diffondere il messaggio» – ha detto sui social, pubblicando un grafico legato alla diffusione dei casi di Coronavirus e l’invito a stare a casa. Ma come si stanno riorganizzando gli attivisti in Italia? Lo abbiamo chiesto ad Anna Bruno, membro del comitato nazionale di Fridays For Future Italia e rappresentante del gruppo locale di Olbia, e Carlotta Muston, tra i coordinatori del gruppo locale di Milano di Extinction Rebellion e parte del gruppo SOS (Self-Organising System, la modalità di organizzazione di XR) Nazionale.

Il vostro lavoro, tra manifestazioni e azioni di disobbedienza civile, si basa molto sulla presenza fisica, sul ritrovarsi tutti insieme. Che tipo di impatto stanno avendo sulla vostra strategia l’emergenza del Coronavirus e le restrizioni che ne derivano?

Anna Bruno, FFF – «Per noi è urgente trovare un’alternativa e far capire che ci siamo ancora, non siamo fermi. La crisi climatica non va in quarantena ed è fondamentale continuare a coinvolgere quante più persone possibili. La situazione che stiamo vivendo in queste settimane potrebbe assomigliare molto al nostro futuro, ecco perché vorremmo che tutti si unissero alla nostra battaglia. Al momento abbiamo rilanciato il #digitalclimatestrike di Greta e stiamo puntando molto sulle Live di Instagram con personaggi famosi come Mannarino, Piero Pelù, gli Eugenio in Via Di Gioia. Cerchiamo di sfruttare di più i social per coinvolgere persone che prima non ci conoscevano».

Carlotta Muston, XR – «Quando il Coronavirus è arrivato in Italia eravamo alle prese con l’organizzazione della ribellione internazionale prevista tra aprile e giugno. Ora è tutto rimesso in discussione e non sappiamo se sarà possibile farla, perciò ci stiamo concentrando sulla cultura rigenerativa: stiamo creando gruppi di ascolto online in cui le persone possono raccontare come stanno vivendo questa situazione, che ha un impatto maggiore sulle fasce più vulnerabili da un punto di vista socio-economico o psicologico – esattamente come con i problemi di natura ambientale. L’emergenza climatica, infatti, non avrebbe conseguenze così diverse dall’emergenza che stiamo vivendo in queste settimane, ecco perché ci stiamo chiedendo cosa faremmo – come individui e come movimento – se si presentasse una situazione analoga in futuro. Cerchiamo di andare avanti organizzando conferenze e formazioni online: spostiamo il nostro lavoro sulle piattaforme web rispettando i decreti e le ordinanze».

Entrambe avete fatto presente che la situazione di emergenza dettata dall’epidemia non è così diversa da quella che potremmo vivere a causa dei cambiamenti climatici. Come comunicate questa analogia alle persone?

Anna Bruno, FFF – «È un’analogia che anche la scienza sta mettendo in luce. Diversi studi dimostrano che con lo scioglimento del permafrost emergeranno virus antichi e sconosciuti all’uomo, ad esempio, ma più in generale pensiamo a situazioni in cui potrebbe mancare l’acqua o il cibo: gli scaffali vuoti al supermercato o la paura di uscire di casa potrebbero diventare la nostra realtà. Ad ogni modo, visto il momento particolarmente delicato che stiamo vivendo a causa del Coronavirus, per ora cerchiamo di non usare una narrativa emergenziale, ma piuttosto di mostrare un’alternativa».

Carlotta Muston, XR – «La crisi causata dal Coronavirus ci ha fatto capire che la macchina statale è in grado di reagire e riorganizzarsi per cambiare in caso di emergenza. Vista la gravità della crisi climatica ed ecologica, ci aspettiamo che i governi reagiscano ad essa con la stessa prontezza e determinazione. È evidente che comunicare quest’analogia in questo momento delicato è difficile. Stiamo elaborando proprio in questi giorni una strategia comunicativa che ci permetta di raccontare l’emergenza ambientale senza però sminuire quella attuale e la sofferenza che sta causando».

A novembre dovrebbero esserci la COP26, una partita in cui l’Italia gioca un ruolo importante e che sta subendo forti rallentamenti a causa della pandemia in corso. Al netto del fatto che in questo momento sia prioritario debellare il virus, siete preoccupati che questa situazione porti diversi Stati a derubricare la lotta al cambiamento climatico come “non importante”?

Anna Bruno, FFF – «Siamo molto preoccupati. Già la COP25 è stata fallimentare, se anche la prossima fosse un fallimento sarebbe un brutto colpo per la nostra battaglia. Per ora andiamo avanti come se dovesse comunque tenersi, e in questi giorni (la scorsa settimana, ovvero quando è stata fatta l’intervista ndr.) c’è stata un’iniziativa dedicata proprio al summit: nello specifico abbiamo chiesto ancora una volta ai grandi inquinatori, come le compagnie petrolifere, di smettere di partecipare alle conferenze sul clima per portare avanti i propri interessi. Allo stesso tempo chiediamo a chi organizza la COP di non invitare queste aziende».

Carlotta Muston, XR – «Per noi è assurdo pensare che si possa posticipare l’emergenza ambientale. Anche se per ora ci stiamo focalizzando più sulla sensibilizzazione delle persone, che sulle istituzioni internazionali o sui governi, vogliamo far arrivare a tutti un messaggio: perché quando gli scienziati parlano del virus, delle sue conseguenze e delle misure da adottare per contrastarlo vengono ascoltati, mentre quando parlano dell’emergenza climatica, dei suoi effetti presenti e futuri e di cosa fare per arginarla, non vengono presi in considerazione? È come se si adottassero due pesi e due misure, come se esistesse una scienza di Serie A e una di serie B. Non è così, e l’emergenza climatica non solo è reale, ma è già qui».

In questi giorni abbiamo visto tutti rimbalzare sui social i video della natura che si riappropria dei suoi spazi – dai delfini a Cagliari ai cigni a Venezia. Se da un lato abbiamo la possibilità di vedere come sarebbero le nostre città se fossimo meno invasivi, dall’altra abbiamo forse l’opportunità per testare alcune misure che sarebbe utile mantenere anche una volta passata l’emergenza, come lo smart working. Cosa ne pensate?

Anna Bruno, FFF – «Non ci siamo interrogati su questo tema. Stiamo ancora cercando di capire come sarà la nostra realtà dopo questa crisi, e ovviamente speriamo che la situazione cambi e che sia più facile parlare di un nuovo modello. Non siamo molto convinti che misure come lo smart working siano utili. È l’eccessiva attività marina che inquina i porti e la laguna, sono l’uso di combustibili fossili e le attività commerciali il vero problema. Lo smart working non basta».

Carlotta Muston, XR – «Ci auguriamo che le buone pratiche che questa situazione ci ha imposto possano gettare il seme per un cambiamento. Chi abita a Milano, ad esempio, in questi giorni si sta accorgendo che si respira un’aria diversa. Il tema delle misure da mantenere però è molto complesso, le pratiche non sono mai neutre: lo smart working può andare bene per un single, ma può essere un problema per chi ha una famiglia a casa. Al momento, più che domandarci come sarà il dopo, stiamo osservando e analizzando tutte le contraddizioni che la crisi sta facendo emergere. Viviamo in un sistema tossico che ha creato delle periferie e dei margini, e sono questi i primi ad essere impattati dalla crisi: pensiamo alle persone che perdono il lavoro, a quelle che sono costrette a continuare ad andare a lavoro assumendosi enormi rischi o a chi viene lasciato solo».

Vista la situazione particolarmente grave che stiamo vivendo, avete pensato di unire le forze?

Anna Bruno, FFF – «Per il momento FFF è il movimento più conosciuto in Italia, riusciamo a portare più persone in piazza forse perché siamo più moderati di XR. Ci piacerebbe collaborare con loro in futuro e sperimentare nuove strategie per imporci sulla politica, che continua a non ascoltarci abbastanza, ma al momento abbiamo un pubblico molto giovane e le azioni di disobbedienza civile possono avere risvolti legali. Non tutti sono pronti a fare azioni così drastiche come le loro».

Carlotta Muston, XR – «Noi in realtà prendiamo già parte alle loro azioni e capita spesso che ci rilanciamo reciprocamente le iniziative. A Milano ad esempio siamo entrambi nel coordinamento dei movimenti ambientalisti. Uno degli aspetti più belli dei movimenti che lottano per l’ambiente è che non c’è competizione, non ci si pesta mai i piedi perché c’è la consapevolezza di avere un obiettivo comune, anche se si adottano strategie diverse per perseguirlo».

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