Dai dazi ai test nucleari, dal Coronavirus a Hong Kong: Usa e Cina ai ferri corti. Tutte le tappe dell’escalation nell’era Trump

Dopo l’annuncio di una possibile ripresa di test nucleari da parte degli Stati Uniti, Pechino avverte Washington sul rischio di una “guerra fredda”. Ma la mossa di Trump è solo l’ultima di una serie di tappe che hanno acceso lo scontro con la Cina

La tensione è alta tra le due superpotenze mondiali, dopo che il ministro degli Esteri cinese Wang Yi, parlando a margine dell’Assemblea del popolo, ha detto che i due Paesi sono «a un passo da una nuova Guerra fredda». Il capo della diplomazia cinese ha invitato Washington a rispettare la volontà «di sviluppo della Cina» come nazione. Mercoldì Donald Trump ha incolpato ancora una volta Pechino di aver contribuito alla diffusione del contagio da Coronavirus, insabbiando le prime fasi dell’epidemia e nascondendo informazioni importanti: «È stato il più grande attacco che il nostro Paese abbia mai ricevuto», ha dichiarato Trump. Uno scambio di accuse che si fa sempre più intenso tra Pechino e Washington, in una guerra per la leadership globale che sta diventando sempre più “fredda” per l’appunto. Ma le divisioni tra Stati Uniti e Cina risalgono a molto tempo prima della pandemia e continueranno anche dopo la sua fine.


Huawei

«La Cina può». È con questo slogan e obiettivo, che la Cina si è presentata sul mercato tecnologico con Huawei, il colosso della telefonia mobile che a gennaio ha superato Apple nella vendita degli smartphone. Una Cina che può tutto è per Trump una minaccia che fin da subito il presidente Usa ha chiarito di voler arginare. Il 1° dicembre del 2018 la Casa Bianca fa la sua mossa arrestando all’aeroporto di Vancouver, Meng Wanzhou, direttrice finanziaria di Huawei e figlia del fondatore Ren Zhengfei. Due mesi più tardi il segretario di Stato Mike Pompeo dichiara che l’installazione della tecnologia 5G sviluppata da Huawei danneggia le relazioni di un Paese come gli Stati Uniti. Pochi giorni fa, il 18 maggio, gli Usa hanno confermato il divieto dei prodotti Huawei sul mercato americano. Il dipartimento del Commercio ha prolungato il blocco per motivazioni legate alla «sicurezza nazionale».


La guerra economica: i dazi

«America First». Il presidente americano, eletto nel 2016, ha dato seguito alle promesse sbandierate durante la campagna elettorale colpendo il commercio tra Stati Uniti e Cina. Sempre critico nei confronti dello stand economico della Cina sul mercato globale, a maggio del 2019 Trump annuncia un aumento dei dazi sui prodotti importati dalla Cina per un valore di 200 miliardi. Una notizia che scuote i mercati. Ad agosto Pechino ha risposto annunciando l’imposizione di altrettanti dazi sui prodotti americani. Uno standoff che si è risolto in una tregua scattata lo scorso dicembre quando i due Paesi hanno raggiunto un accordo sugli scambi.

La Belt and Road

Dalla tecnologia al commercio. Se c’è una cosa che la crisi sanitaria ha messo in evidenza, soprattutto nelle sue prime settimane, è che il braccio di ferro tra Stati Uniti e Cina è una competizione sul futuro dell’ordine internazionale. La Belt and Road, o le nuove vie della Seta, sono la cartina tornasole delle aspirazioni cinesi, e delle paure statunitensi. Il grande progetto economico e infrastrutturale lanciato da Xi Jinping nel 2013 per la costruzione e il rafforzamento di una serie di collegamenti terrestri e marittimi mostrano le ambizioni di una Cina che da decenni ha smesso di vivere all’ombra di Washington, sempre più oscurata dalla perdita della sua influenza a livello globale e dalle disastrose conseguenze della sua «guerra al terrore». La Cina è pronta a sostituirsi agli Stati Uniti come creditore di un nuovo ordine grazie alle concessioni di lauti investimenti a cui anche l’Italia ha deciso di aderire. Lo scorso aprile la firma sul memorandum della Belt and Road ha scatenato la reazione statunitense che ha chiesto all’Italia di «non legittimare il progetto di vanità cinese».

Hong Kong e Taiwan

Se c’è una cosa che Pechino non tollera, sono le intrusioni nei suoi affari interni. Le proteste scoppiate a Hong Kong lo scorso anno a causa di una discussa legge sull’estradizione hanno offerto agli Stati Uniti l’occasione perfetta per provare a fare uno sgambetto al suo rivale. La legge sulla sicurezza nazionale che Pechino ha fretta di approvare per riprendere il pieno controllo sull’autonomia dell’isola e sulle libertà di manifestazione ha prontamente offerto agli Usa l’ennesima piattaforma per intensificare l’escalation con Pechino su valori democratici di cui Washington continua a presentarsi come unico difensore. Nell’ultima settimana gli Usa hanno anche annunciato la vendita a Taiwan di missili per il valore di 180 milioni di dollari. L’isola gode di uno statuto speciale e nonostante non sia parte della Repubblica popolare Cinese, la Cina la considera una provincia secessionista che dovrà prima o poi tornare sotto il suo controllo. Durante l’amministrazione Trump, Washington si è avvicinata sempre più a Taipei, facendo infuriare il governo di Pechino. Nel maggio 2019, l’allora consigliere per la sicurezza nazionale degli Stati Uniti John Bolton ha incontrato uno dei massimi funzionari della difesa di Taiwan, il primo incontro di questo genere in 40 anni.

I test nucleari

È dal 1992 che gli Stati Uniti non conducono test nucleari. Ma l’amministrazione Trump, secondo il Washington Post, sarebbe pronta a ricorrere ancora una volta all’arma della deterrenza nei suoi rapporti con Cina e Russia. Una mossa che riapre gli scenari e gli spettri di uno scontro globale tra occidente e oriente e blocchi multipolari. Una mossa che, oltre a spingere la Cina verso un’ulteriore aumento della sua spesa militare, potrebbe far saltare le trattative con il leader nordkoreano Kim Jong Un.

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