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Trump contro la Cina: «Ha violato la promessa sull’autonomia di Hong Kong. Stop alle esenzioni commerciali»

Proprio nel momento in cui si allontana dall'Unione europea, il Regno Unito prova a riavvicinarsi ad Hong Kong. Con grande dispiacere di Pechino che minaccia contromisure

Sanzioni al settore finanziario e misure in quello commerciale: è questa la risposta che Donald Trump vorrebbe mettere in atto contro la stretta della Cina su Hong Kong, cruciale porta commerciale e piazza finanziaria per il Dragone. «La Cina ha violato la sua promessa di assicurare l’autonomia di Hong Kong» ha detto il presidente dalla Casa Bianca.

L’amministrazione Usa fa dunque sapere che comincerà il processo per eliminare le esenzioni che conferiscono a Hong Kong un trattamento speciale dal momento che con la stretta di Pechino l’ex colonia britannica «non è più autonoma». Trump ha poi annunciato che prenderà l’iniziativa per sanzionare i dirigenti di Hong Kong «coinvolti nell’erosione della sua autonomia».

Il presidente Usa ha fatto sapere che minaccerà anche le società cinesi quotate negli Stati Uniti, annunciando di aver ordinato a un gruppo di lavoro di studiare pratiche diverse per le compagnie cinesi presenti nei mercati azionari statunitensi.

Donald Trump e il premier britannico Boris Johnson hanno concordato di cooperare strettamente rispondendo a qualsiasi azione della Cina che mini la dichiarazione comune sino-britannica su Hong Kong. Lo riferisce la Casa Bianca dopo una telefonata tra i due leader.

Boris Johnson offre visti e passaporti britannici per l’ex colonia

La “Brexit Britain” di Boris Johnson è pronta ad accogliere i cittadini di Hong Kong. In una mossa che ha spiazzato tutti, il governo britannico ha annunciato che nel caso in cui la Cina non dovesse rinunciare ad imporre la controversa legge sulla sicurezza nazionale, approvata ieri dal parlamento cinese, Londra è pronta ad offrire visti agevolati e passaporti britannici ai cittadini di Hong Kong.

Così, nel momento in cui il Regno Unito si allontana dall’Unione europea, si riavvicina all’ex colonia che, con il trattato del 1997 era passata alla Cina secondo la regola di “un paese, due sistemi” che garantiva autonomia a Hong Kong almeno fino al 2047.

È proprio questo trattato che adesso sarebbe a rischio con la nuova legge di sicurezza nazionale voluta da Pechino, una legge che, trasformando ogni attività di contestazione nei confronti della Cina in un atto di sedizione, ha provocato negli scorsi giorni una ripresa degli scontri tra manifestanti pro-autonomia e le forze di polizia di Hong Kong.

La proposta varrebbe per quei cittadini – circa 300mila attualmente – già in possesso del documento di British National (Overseas), una sorta di secondo passaporto che al momento consente ai titolari solo di visitare il Regno Unito senza visto per periodi fino a 6 mesi.

Come ha spiegato il ministro degli Esteri britannico Dominic Raab, se la Cina non dovesse ritirare la legge il limite di 6 mesi verrà esteso a 12 mesi per motivi di lavoro o di studio, «tempo sufficiente per far maturare il diritto per avviare il percorso verso una futura cittadinanza britannica».

La Cina replica: «Pronti a prendere le necessarie contromisure»

Associandosi agli Stati Uniti, all’Australia e al Canada, il Regno Unito aveva condannato in precedenza l’iniziativa cinese. Adesso però, il governo di Boris Johnson si è mosso da solo. Non è tardata l’inevitabile replica della Cina che ha prontamente minacciato, tramite il portavoce del ministero degli Esteri Zhao Lijian, di intraprendere le «necessarie contromisure» contro la Gran Bretagna se dovesse allontanare le norme sui passaporti a favore di Hong Kong.

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