Hong Kong, nuovi scontri tra polizia e manifestanti: oltre 300 arresti. Pompeo: «Non è più autonoma dalla Cina» – Il video

In previsione della seconda lettura della contestata legge sulla sicurezza nazionale i manifestanti hanno cercato di avvicinarsi al Consiglio legislativo, senza riuscirci

In un video diffuso sul canale Twitter di Demosisto, il gruppo pro-democrazia fondato nel 2016 che si batte per l’autonomia di Hong Kong dalla Cina, guidato anche dall’attivista Joshua Wong, si vede chiaramente la polizia sparare lacrimogeni e proiettili al peperoncino sui manifestanti. Gli arresti sono aumentati esponenzialmente in poche ore: adesso sarebbero almeno 300 le persone fermate dalla polizia con l’accusa di sospetta partecipazione a manifestazioni non autorizzate. Si torna così, di nuovo, per la seconda volta in pochi giorni dopo le proteste di domenica, indietro di qualche mese, prima dell’emergenza Coronavirus, quando manifestanti e polizia a Hong Kong si sono fatti la guerra per la questione dell’autonomia della “città-stato” dalla Cina.


Le proteste iniziate quasi un anno fa, diventate endemiche nel giugno del 2019, erano state catalizzate dalla proposta di legge che prevedeva l’estradizione di criminali verso la Cina in alcune circostanze: si temeva che potesse essere usata in futuro per castigare i dissidenti. Lo scontro era presto diventato di principio (la legge era stata ritirata dalla governatrice Carrie Lam) sull’eccessiva ingerenza della Cina nei confronti dei cittadini di Hong Kong che, secondo gli accordi presi nel 1997 dopo la fine del protettorato britannico, hanno diritto a vivere secondo le proprie regole – “one country, two systems” – almeno fino al 2047. A riaccendere gli scontri oggi è una nuova legge sulla sicurezza nazionale di Hong Kong voluta da Pechino per punire attività di carattere sovversivo o secessionista. Una legge che, tra le altre cose, rende un crimine, punibile con fino tre anni di carcere, ridicolizzare l’inno cinese.


Gli scontri: i manifestanti tentano il bis

Oggi è previsto il dibattito della legge in seconda lettura ma l’appello alla mobilitazione tra i manifestanti, che sono intenzionati ad ostacolarla, ha finora visto l’adesione di alcune migliaia di persone con una risposta sotto le attese. Migliaia di poliziotti armati invece hanno inondato le strade di Hong Kong in una dimostrazione di forza senza precedenti. Le strade intorno all’edificio del Consiglio legislativo (LegCo), dove i legislatori dovevano discutere la legge sull’inno, erano state bloccate già martedì, i negozi nelle vicinanze erano stati chiusi e l’accesso ai marciapiedi era stato regolato con i pass. Come scrive il Guardian, nelle ore di punta del mattino la polizia in tenuta antisommossa si è fermata e ha perquisito principalmente i giovani fuori dalle stazioni ferroviarie MTR di Hong Kong. Gli arresti sarebbero avvenuti verso l’ora di pranzo quando le folle si sono raggruppate a Causeway Bay e a Central, dove gli ufficiali hanno sparato palline di peperoncino per disperdere la folla. Centinaia di manifestanti si sono radunati a Pedder Street, arteria centrale della città, scandendo slogan che rimandano alle proteste iniziate nel 2019, come «cinque domande, non una di meno» e «sciogliete la polizia subito».

La strategia della polizia sembra essere quella di evitare a tutti i costi ciò che accadde l’anno scorso quando un dibattito simile, ma sulla legge di estradizione con la Cina, fu bloccato con successo dai manifestanti che occuparono le strade attorno al complesso del Consiglio legislativo, impedendo ai legislatori di entrare nell’edificio. In una dichiarazione martedì scorso, la polizia di Hong Kong ha avvertito che chiunque avesse tentato di fare altrettanto mercoledì rischiava fino a 5 anni di carcere. Oggi, per disperdere gli attivisti in movimento verso il parlamento, gli agenti hanno sparato cartucce urticanti.

Donald Trump apre a nuove sanzioni contro la Cina. Pechino promette contromisure

Già lo scorso anno la Cina aveva accusato “poteri stranieri” di fomentare proteste a Hong Kong. L’annuncio della nuova legge di sicurezza ha portato a un ulteriore raffreddamento nei rapporti tra i due paesi, reduci di settimane di accuse e contro-accuse per l’epidemia di Coronavirus. Rispondendo a una domanda sulla possibilità di sanzioni Usa contro al Cina per la stretta su Hong Kong Donald Trump ha risposto con un criptico, «Faremo qualcosa», aggiungendo «Penso lo troverete molto interessante ma non ne parlerò oggi. È qualcosa di cui sentirete prima della fine della settimana, molto potente penso». Pechino non indietreggia. Il portavoce del ministero degli Esteri, Zhao Lijian, promette «le necessarie contromisure contro le forze esterne che interferiscono su Hong Kong». Già ieri aveva risposto alle critiche americane dicendo che nessun Paese consentirebbe attività che possano mettere in pericolo la sicurezza nazionale sul proprio suolo territorio, accusando gli Usa di voler interferire nonostante loro stessi abbiano «decine di leggi» per proteggere la propria sicurezza nazionale.

L’attacco di Mike Pompeo: «Honk Kong non è più autonoma dalla Cina»

«Hong Kong non è più autonoma della Cina. Gli Stati Uniti sono a fianco della popolazione di Hong Kong». Sono le parole del segretario di Stato americano Mike Pompeo che definisce «disastrosa» la decisione della Cina di imporre la legge sulla sicurezza nazionale ma evidenzia anche che «è solo l’ultima di una serie di azioni» di Pechino «che mettono in pericolo l’autonomia e le libertà di Hong Kong». Per il segretario di Stato Usa, «Nessuna persona ragionevole può affermare oggi che Hong Kong mantiene un elevato grado di autonomia dalla Cina», ecco perché «queste condizioni non giustificano più il trattamento previsto dalla legge americana». Una dichiarazione che potrebbe avere per l’ex colonia britannica conseguenze importanti anche sul fronte dei rapporti commerciali.

Articolo in aggiornamento

Video in copertina: Twitter | Demosisto
Foto di copertina: Twitter | Studio Incendio

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