Renault prova a scacciare lo spettro del fallimento: annunciati 15 mila licenziamenti

L’anno scorso la compagnia aveva chiuso in rosso il suo bilancio. Ma l’epidemia di Covid ha reso insostenibile una situazione già difficile

Per salvare la casa automobilistica Renault sceglie la via dei licenziamenti. Il progetto post Coronavirus è stato definito «vitale» dalla direttrice generale Clotilde Delbos, ma prevede la soppressione di circa 15.000 posti di lavoro nel mondo. In Francia invece saranno licenziate ben 4.600, nel quadro di un piano di risparmio di circa 2 miliardi di euro in tre anni.


La società prevede di tagliare la sua capacità di produzione globale a 3,3 milioni di veicoli nel 2024 da 4 milioni di oggi, concentrandosi su aree come piccoli furgoni o auto elettriche. Per ridurre i costi intende ridurre il numero di subappaltatori, diminuendo il numero di componenti che utilizza, congelando i piani di espansione in Romania e Marocco e riducendo la produzione di riduttori in tutto il mondo.


I problemi della compagnia vengono da lontano e la sua difficile situazione finanziaria – l’anno scorso l’azienda ha chiuso per la prima volta con il bilancio in rosso – era già nota. Lo ha ammesso il 22 maggio il ministro dell’economia Bruno Le Maire il quale ha dichiarato chiaramente che «per Renault è in gioco la sopravvivenza». «Non ho mai nascosto la gravità della crisi in atto e non nascondo la gravità della situazione della Renault», aveva aggiunto Le Maire. 

Giovedì 28 maggio, il partner strategico della Renault, Nissan, ha svelato enormi tagli di posti di lavoro, circa 20mila in tutto. La casa automobilistica giapponese ha rivelato di aver subito una perdita annua di 671 miliardi di yen (circa 5,6 miliardi di euro). Si tratta della prima volta in 11 anni in cui la compagnia riporta una perdita: sono diversi i fattori che hanno contribuito alla crisi, dalla caduta della domanda in Cina, al passaggio a veicoli a basse emissioni passando per la Brexit e l’epidemia di Coronavirus. Tra gli impianti che chiuderanno c’è anche quello di Barcellona, che impiega circa 2.800 persone.

In Cina l’industria automobilistica punta sull’elettrico per uscire dalla crisi

Il caso Renault è sintomatico di un settore in grande difficoltà. A marzo il direttore generale dell’Associazione europea dei produttori di automobili (Acea), Eric-Mark Huitema, stimava che con la pandemia erano a rischio circa 14 milioni di posti di lavoro in Europa. Si parla di un calo nelle vendite di circa il 50%, che dovrebbe scendere a 30% dopo l’estate. Complice non soltanto il clima di incertezza economia e lavorativa ma anche le restrizioni sul movimento introdotte con il lockdown, come testimonia il caso Hertz.

Gli investimenti nell’elettrico potrebbero essere un modo per uscire dal pantano. La Cina si sta muovendo in tal senso: la città di Guangzhou ha annunciato un sussidio di 10.000 RMB per i veicoli elettrici venduti tra marzo e la fine di dicembre.

Inoltre, fino al 2022 è stata prorogata una sovvenzione a livello statale per i veicoli che sfruttano nuove forme di energia e sono stati programmati nuovi investimenti infrastrutturali con l’obbiettivo di costruire 78.000 stazioni di ricarica per un costo di 2,7 miliardi di RMB nel 2020. I primi risultati si vedono già: le vendite di auto stanno iniziando a riprendersi.

Mentre a febbraio sono state vendute 250.000 unità, i numeri di marzo sono stati quattro volte superiori. Nel frattempo anche Volkswagen ha annunciato che investirà circa due miliardi di euro in due società cinesi nel settore dell’auto elettrica, il «maggior mercato al mondo» secondo la compagnia tedesca.

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