George Floyd, la telefonata di Donald Trump ai governatori: «Dominate o farete la figura degli imbecilli»

La chiamata nel sesto giorno di proteste per la morte di George Floyd in oltre cento città americane: «Vi state comportando da deboli». L’audio è stato diffuso dal Washington Post e il New York Times

«Se non dominate state sprecando il vostro tempo». Primo giugno 2020, al sesto giorno delle proteste esplose dopo la morte di George Floyd, Donald Trump chiama al telefono i governatori per fare il punto sugli scontri che vanno avanti in più di 100 città americane. Il messaggio è semplice: «Non state facendo abbastanza», il presidente rimprovera i governatori, «vi state comportando da deboli», dovete «disciplinare» le proteste e riprendervi le strade, altrimenti «farete una figura da imbecilli».


La conversazione si può sentire integralmente nell’audio diffuso dal quotidiano Washington Post che ha ottenuto una conferma di quanto accaduto da tre persone presenti. (Anche il New York Times lo ha pubblicato). Le prime indiscrezioni sulla telefonata erano arrivate dalla governatrice del Michigan, Gretchen Whitmer, che qualche ora fa ha accusato il presidente di aver «ripetutamente e brutalmente attaccato i governatori, che stanno facendo tutto il possibile per mantenere la pace mentre combattono una pandemia globale».


«Le proteste come Occupy Wall Street»

Sempre Whitmer ha parlato di «commenti pericolosi» da parte del presidente americano che rischiano di «seminare odio e creare ulteriori divisioni». Nella telefonata Donald Trump più volte evoca la necessità di passare a un’azione repressiva più forte nei confronti dei manifestanti, ricordando ai governatori che hanno a disposizione il «meraviglioso esercito» americano e «tutte le persone di cui c’è bisogno».

Inoltre, il presidente chiede loro esplicitamente di adottare misure punitive, apre alla possibilità di usare più violenza nei confronti dei manifestanti e dichiara che andrebbero condannati per lunghi periodi – «a 10 anni di carcere». «Se qualcuno lancia un sasso è come se sparasse con una pistola», dichiara freddamente Trump. «Dovete restituirgliela».

Inoltre, in uno dei passaggi più significativi della conversazione, Trump chiama i manifestanti «terroristi» e attribuisce le proteste alla sinistra radicale, come ha fatto pubblicamente nei giorni scorsi nonostante siano emerse diverse prove che dimostrano la partecipazione attiva di gruppi di estrema destra. Il paragone fatto dal presidente è illuminante: «È come Occupy Wall Street […] andò avanti per un sacco di tempo finché un bel giorno qualcuno decise di mettere fine al movimento».

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