Vittorio Sgarbi, solito utilizzare toni coloriti in Aula e nelle trasmissioni tv, si è infuriato durante la seduta dell’audizione, in Commissione Cultura alla Camera, del coordinatore del Comitato tecnico scientifico, Agostino Miozzo. Tanto che la seduta è stata sospesa per qualche minuto. A scatenare la rabbia del critico d’arte, l’invito a indossare la mascherina. «Non voglio essere imbavagliato, non la indosso volentieri».
E ai ripetuti richiami ha dichiarato: «Ho una malattia, non la posso indossare. Ha detto Borrelli, il capo della Protezione Civile, che non porta la mascherina». Sgarbi si è rivolto poi ad Agostino Miozzo: «C’è chi dice che l’epidemia è arrivata alla fine (in riferimento alle parole di Alberto Zangrillo: «Clinicamente il Coronavirus non esiste più»). Qual è la verità?».
«Credo che la mascherina sia un ricatto a cui noi siamo stati sottoposti. Credo che il comitato tecnico scientifico registri una forma di ricatto verso la politica che ha paura di fare scelte sbagliate. Credo che la politica abbia rinunciato alla sua funzione obbedendo ciecamente alle vostre indicazioni spesso fasulle», ha urlato il parlamentare. Seduta sospesa.
Viaggiare non sarà più come prima. Lo sa bene Fabio Liggeri, 35 anni, siciliano, chiamato dall’Università Iulm di Milano a insegnare il lavoro del travel blogger, per molti ancora oggi considerato un hobby. Lui che è stato in ogni parte del mondo, che ha trasformato una passione in un lavoro e che, però, dal mese di marzo è stato costretto a rimanere a casa per l’emergenza sanitaria del Coronavirus. Sette viaggi annullati (Norvegia, Cappadocia, Stati Uniti, due viaggi in Giappone, uno in Amazzonia e l’altro nel Brasile del nord-est), gravi problemi per rientrare in Italia dall’Islanda, Paese in cui si trovava nel momento in cui è stato dichiarato il lockdown. Un paio di voli annullati, poi il rimpatrio con un aereo Alitalia. Fabio è anche la guida, o meglio dire l’unico cicerone, dei suoi viaggi di gruppo, quelli a cui non rinuncerebbe mai al mondo. E le foto delle aurore boreali in Islanda ci fanno capire il perché.
Viaggiare nell’era post-Covid
Fabio, però, non si scoraggia. Anzi. «Significa che nel mio zainetto aggiungerò le mascherine, oltre al taccuino e alla mia macchina fotografica, si intende. Ma sai qual è la cosa che ho riscontrato? Nonostante il virus, tutti hanno voglia di viaggiare, più di prima. Vogliono lasciarsi alle spalle questo brutto periodo ed evadere dopo la quarantena». Ed è già pronto a fare le valigie per fine agosto «quando volerà in Islanda (anche se al momento c’è l’obbligo del tampone all’arrivo), a seguire la Norvegia (in queste settimane off limits per i turisti). A ottobre, invece, dovrei andare in Perù ma, come sapete, la situazione in Sud America è davvero drammatica. A novembre sarà la volta del Messico per il Día de los Muertos, una grande festa nel giorno dei morti. A fine novembre, invece, andrò in Giappone senza dimenticare gennaio 2021 in Amazzonia».
L’Amazzonia
Ed è quando parliamo dell’Amazzonia che Fabio cambia tono. Con il cuore in mano ci spiega: «Sono stato in una riserva, gestita da una biologa italiana, difficile da raggiungere: pensate che bisogna impiegare due giorni in barca. In questi giorni mi hanno riferito che lì si sta consumando una vera e propria tragedia umana. Ogni giorno muoiono centinaia di persone, mancano le strutture sanitarie adeguate e adesso non hanno nemmeno più il sostentamento economico derivato dal turismo sostenibile».
Il travel blogger – che è un grande promotore di viaggi sostenibili, sempre attenti all’ambiente e al rispetto degli usi e dei costumi delle popolazioni locali – sente di avere una responsabilità immensa: «Un viaggio come rinascita: l’80% di chi parte lo fa da solo magari perché non sa con chi partire. Così si formano i gruppi, nascono amori e grandi amicizie».
«Il mio lavoro non è riconosciuto»
Ma lui, che ha un sito, una pagina Instagram e un’applicazione dedicata, ha deciso di mettere le radici in Sicilia «(non vedo altre parti in cui vivere»), lavora tutto il giorno e ha «una partita iva per attività informatica» perché, in Italia, il suo lavoro «non è ancora riconosciuto». «Non c’è un inquadramento specifico, andrebbe regolamentato – ci spiega – Per molti non è ancora considerato un lavoro vero e proprio nonostante richieda impegno e costanza. Si può vivere facendo il travel blogger? Certo, ma solo con i grandi numeri, sono sincero. Non dall’oggi al domani. Io ad esempio mi sostengo grazie ai viaggi di gruppo e alle collaborazioni con gli enti del turismo. E pensare che fino a 28 anni non ero mai uscito dall’Italia… Poi la svolta con il viaggio in Australia che mi ha aperto un mondo. Così ho creato il blog “Viaggio ergo sum” e ora eccomi qui».
«Riscopriamo l’Italia»
«Ai miei allievi insegnerò che non ci si improvvisa, bisogna avere competenze, da quelle Seo alle nozioni di marketing, dalla gestione di siti internet al video-making. Un lavoro impegnativo – ci spiega -. Mi fermerò nel mese di marzo per andare a caccia delle aurore boreali, come faccio a rinunciare a un viaggio così?».
Nonostante tutto, il suo cuore rimane in Italia, nella sua Ragalna, ai piedi dell’Etna, in Sicilia: «Andrò in giro per l’Italia dalle Marche alla Toscana. Dobbiamo riscoprire le bellezze del nostro meraviglioso Paese».