Via libera del governo alle navi all’Egitto? Orfini bacchetta il Pd: «Inaccettabile, ma c’è tempo per intervenire»

Il Cdm di ieri avrebbe dato via libera alla vendita di navi militari all’Egitto. Sullo sfondo però resta senza verità l’assassinio di Giulio Regeni

«Una decisione sbagliata e inaccettabile». Il deputato ed ex presidente del Pd Matteo Orfini, raggiunto da Open, definisce così la decisione appresa dalle agenzie riguardante la vendita di due fregate Fremm all’Egitto. Dopo giorni di indiscrezioni infatti il dossier è arrivato ieri sul tavolo del Consiglio dei ministri. Il presidente del Consiglio Giuseppe Conte avrebbe dato l’ok per procedere alla firma, che spetta all’autorità nazionale competente Uama (Unità per le autorizzazioni dei materiali di armamento).


«La decisione credo che verrà discussa. Quello del Consiglio dei ministri non è un via libera formale. C’è ancora il tempo di intervenire», spiega Orfini, che ieri sera su Twitter ha chiesto pubblicamente quale fosse stata, in Cdm, la posizione assunta dalla delegazione del Pd.


Orfini ha ribadito a Open la sua volontà di presentare alla direzione Pd di lunedì un ordine del giorno, che chieda al partito di bloccare ogni vendita di forniture militari all’Egitto, «fino a che non ci saranno la liberazione di Patrick Zaky e qualcosa di concreto, che non sia solo un contentino formale, sulla vicenda Regeni».

Il dossier infatti scuote la maggioranza e riaccende il dibattito pubblico. Perché sullo sfondo della vendita di armi all’Egitto c’è, sempre, la questione irrisolta dell’omicidio del ricercatore italiano Giulio Regeni, assassinato al Cairo nel 2016. Omicidio la cui verità è ancora oscurata dalla reticenza delle autorità egiziane, che alle promesse di collaborazione hanno fatto seguire, dopo oltre quattro anni, ben pochi fatti.

Poi c’è il caso, ancora in evoluzione, dell’attivista e studente dell’Università di Bologna Patrick Zaki, da mesi imprigionato in Egitto nonostante i ripetuti appelli alla sua liberazione. L’arresto e la detenzione, motivati dalle autorità egiziane con accuse quali la «diffusione di notizie false» e «incitamento alla protesta», riportano con forza all’attenzione il tema dei diritti umani in Egitto, che non può essere facilmente bypassato dai rapporti economici.

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