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Coronavirus. Sono calate le vaccinazioni e i morti in culla? I NoVax ci riprovano

23 Giugno 2020 - 07:20 Juanne Pili
Secondo i No vax i vaccini potrebbero causare la morte dei neonati. La tesi ovviamente è priva di fondamento

Uno degli argomenti più spesi dai No vax contro le vaccinazioni è quello delle «morti in culla», un fenomeno noto come SIDS (Sudden Infant Death Syndrome). Viene quindi collegato dai complottisti coi vaccini, nello stesso modo usato per l’autismo: attraverso correlazioni spurie, ovvero accostando due fenomeni apparentemente contemporanei, senza che vi sia però un dimostrato collegamento causale.

Con l’esplosione della pandemia di Covid-19 abbiamo visto un riciclo di vecchie narrazioni, coniugate all’emergenza attuale, stabilendo un collegamento tra vaccini e incremento dei pazienti positivi al SARS-CoV2. Potrebbe sembrare piuttosto strano quindi, che in diversi siti e pagine Facebook si torni a parlare di SIDS, visto che i bambini sono i meno a rischio in assoluto. Ma il collegamento secondo i No vax c’è, e sarebbe indiretto.

La scienza aneddotica di Becker e Blaxill

Ma i No vax – basandosi su un documento di Amy Becker e Max Blaxill per l’associazione Health Choice  – collegano il calo delle morti degli infanti, con una cessazione delle vaccinazioni durante il lockdown:

«Bambini i meno colpiti : questa è un’altra caratteristica importante da andare a studiare. Praticamente, da Febbraio in poi, sono crollate le morti dei minorenni. Se andiamo a guardare le fasce più nello specifico, quella che ha giovato di un grande miglioramento grazie al lockdown è stata quella dei bambini con meno di un anno … le principali cause di morte nel primo anno di vita sono : malformazioni congenite, SIDS o morte in culla, e gli incidenti. Possiamo dire che durante i lockdown i genitori siano stati più attenti nei riguardi dei loro bambinie? Possibile spiegazione. Qualcosa che è certo, è questo:c’è stato un crollo nelle vaccinazioni».

Nel documento di Becker e Blaxill, il quale non è uno studio scientifico sottoposto a peer review, si sostiene che «non abbiamo dati specifici sull’andamento delle morti per SIDS durante la pandemia. Tuttavia abbiamo sentito relazioni aneddotiche di medici di pronto soccorso, i quali suggeriscono di aver osservato un declino».

Quindi tale calo delle morti in culla non deriverebbe, per ammissione degli autori, esclusivamente da precisi dati statistici, tanto più che si fa riferimento anche a un medico, il quale «ha visto zero casi dall’inizio della pandemia e dei blocchi associati». Sottolineiamo la vaghezza di queste affermazioni. 

«Cosa è cambiato in questo periodo che potrebbe avere un tale effetto? – si chiedono gli autori, i quali almeno esordiscono presentano delle spiegazioni più plausibili – le morti infantili non sono registrate? I genitori si prendono più cura delle loro famiglie mentre lavorano in remoto e lo sono i loro figli non andare a scuola? Ci sono molte possibili ipotesi sul declino della morte dei bambini».

Gli autori, supponendo che i dati aneddotici raccolti siano rappresentativi della realtà, ammettono l’esistenza di «molte possibili ipotesi», solo in un secondo momento fanno il parallelo col blocco delle vaccinazioni:

«Muoiono meno bambini perché i loro genitori stanno saltando i loro vaccini d’infanzia di routine? Se durante la pandemia vengono salvate delle vite, questa è una domanda che ha urgente bisogno di una risposta».

Ma difficilmente gli autori avranno una risposta, perché la domanda è sbagliata.

Cos’è la sindrome della morte in culla

Conosciuta anche come sindrome della morte improvvisa del lattante, definisce il decesso dei neonati tra un mese e un anno di età, senza indicare una patologia precisa. Semplificando, potremmo dire che quando muore un bimbo sotto l’anno di vita, se non si è in grado di accertare una causa nota del decesso, probabilmente stiamo parlando di SIDS.

Sono state presentate diverse ipotesi nel tentativo di identificare una patologia specifica e i relativi fattori di rischio, come disturbi nel ciclo sonno veglia, il fumo passivo, eccetera. Un fattore di rischio in particolare è stato già escluso, alla luce di ampi studi, sia in America che in Europa: le vaccinazioni. 

Quindi, la domanda dei No vax si è già rivelata errata, e ha avuto una esaustiva risposta, alla luce dei dati, non delle affermazioni raccolte alla chetichella da pediatri vari-eventuali.

Cosa dicono gli studi (veri)

Lo studio più recente che esclude un collegamento causale è quello condotto da Hajime Kamiya e Maria Cano, pubblicato su Pediatrics nel 2018. La ricerca si basa sui dati raccolti su oltre cinquantamila report del VAERS (Vaccine Adverse Event Reporting System), che precisiamo, non ha il compito di accertare se gli eventi avversi associati alle vaccinazioni sono realmente collegati, limitandosi a raccogliere segnalazioni spontanee.

Nella ricerca si fa riferimento alle vaccinazioni «DTaP», ovvero quelle contro tetano, difterite e pertosse. 

«Il VAERS ha ricevuto 50157 segnalazioni dopo la vaccinazione con DTaP – spiegano i ricercatori – 43984 (87,7%) hanno riportato la somministrazione concomitante di altri vaccini e 5627 (11,2%) erano seri. L’età media alla vaccinazione era di 19 mesi (intervallo interquartile 35 mesi). Gli eventi più frequentemente riportati sono stati eritema nel sito di iniezione (12 695; 25,3%), piressia (9913; 19,8%), gonfiore nel sito di iniezione (7542; 15,0%), eritema (5599; 11,2%) e calore nel sito di iniezione (4793; 9,6%). Per 3 dei vaccini DTaP, abbiamo identificato valori elevati per errori di vaccinazione utilizzando il data mining bayesiano empirico».

Si noterà che la SIDS non viene menzionata.

«Non sono stati rilevati eventi avversi nuovi o imprevisti – continuano gli autori riferendosi a quanto ci aspettiamo dalle statistiche già note – La segnalazione sproporzionata osservata per alcuni errori di vaccinazione non gravi richiede una migliore educazione dei fornitori di vaccini sulle indicazioni specifiche per ciascuno dei vaccini DTaP».

«I SIDS negli Stati Uniti sono in calo dai primi anni ’90 – agiungono i ricercatori – per una varietà di fattori che includono cambiamenti raccomandati nella posizione e nell’ambiente del sonno, chiarimenti sulla definizione del caso e cambiamenti nella codifica diagnostica».

Si cita inoltre un altro studio del 2010, condotto a Taiwan, e una revisione sistematica del Institute of Medicine del 2003. La domanda dei No vax (basata su dati aneddotici), ha già ottenuto parecchie risposte, dagli anni ’80 a oggi, e sono facilmente reperibili in rete.

Il problema, come abbiamo visto in diversi articoli, è la eguale facilità con cui si possono confondere tra loro, studi di qualità e altri documenti dalla dubbia attendibilità, di cui i complottisti fanno solitamente incetta, ignorando la mole di dati che smentiscono i loro pregiudizi.

Open.online is working with the CoronaVirusFacts/DatosCoronaVirus Alliance, a coalition of more than 100 fact-checkers who are fighting misinformation related to the COVID-19 pandemic. Learn more about the alliance here (in English).

Foto di copertina: Berthe Morisot | The Cradle (1872).

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