Lo studio: i complottisti sono più razionali, sani, equilibrati e meno fanatici degli altri? No!

I complottisti travisano uno studio che parla di loro per ritenersi più bravi, ma sbagliano tutto

L’undici giugno 2020 l’utente Alessandro Meluzzi (di cui abbiamo parlato in diverse occasioni) condivide un tweet con un articolo del 2016 dal titolo «La rivincita dei complottisti: più razionali, sani, equilibrati e meno fanatici dei convenzionalisti», un po’ per rispondere – con la scusa della «provata» ricerca scientifica – a chi lo etichetta come complottista a seguito di alcune condivisioni fatte sui social sul caso George Floyd.

Il tweet di Meluzzi. Poco prima un altro utente l’aveva condiviso.

L’articolo parla di uno «studio» che era già stato raccontato nel 2013 da Veterans Today e poi in Italia nel 2015 attraverso il sito di Byoblu.com. L’articolo condiviso da Meluzzi è praticamente un copia incolla da Byoblu, ma andiamo nello specifico:

Uno studio largamente diffuso, pubblicato l’8 luglio 2013 dagli psicologi Michael J. Wood e Karen M. Douglas dell’Università del Kent (Regno Unito), e intitolato E l’edificio 7? Studio Psicologico Sociale di Discussione Online sulle Teorie del Complotto sull’11 Settembre, ha confrontato numerosi commenti di tipo ‘cospirazionista’ e ‘convenzionalista’ (anti-cospirazione), postati da utenti di siti di notizie online.

L’articolo di Byoblu del 2015.

Abbiamo il titolo dello studio (in inglese «”What about building 7?” A social psychological study of online discussion of 9/11 conspiracy theories»), così come il link diretto allo stesso per consultarlo.

Cosa suggerisce lo studio

Di fatto, il documento è stato usato e travisato. Infatti gli autori non concludono affatto che i complottisti sarebbero più razionali. La ricerca, condotta da Michael Wood e Karen Douglas appare su Frontiers Psychology nel 2013.

Un utente QAnon «italiano» che condivide l’articolo diffuso anche da Meluzzi.

I ricercatori hanno preso in esame la sezione commenti degli «articoli pubblicati tra il 1 ° luglio e il 31 dicembre 2011, su quattro siti di notizie principali: ABC (American Broadcasting Company) News, CNN, The Independent e Daily Mail», come spiegato nella sezione dell’articolo dedicata ai metodi utilizzati. Nel 2011 si commemoravano i 10 anni dall’11 Settembre 2001, quando avvenne l’attentato terroristico attorno al quale ruotano tutt’oggi varie tesi di complotto, che vedono il Governo americano come complice o mandante degli attentati. Ecco la prima parte dello studio:

Recent research into the psychology of conspiracy belief has highlighted the importance of belief systems in the acceptance or rejection of conspiracy theories. We examined a large sample of conspiracist (pro-conspiracy-theory) and conventionalist (anti-conspiracy-theory) comments on news websites in order to investigate the relative importance of promoting alternative explanations vs. rejecting conventional explanations for events. In accordance with our hypotheses, we found that conspiracist commenters were more likely to argue against the opposing interpretation and less likely to argue in favor of their own interpretation, while the opposite was true of conventionalist commenters.

In pratica, lo studio analizza i comportamenti tra complottisti e non complottisti individuando nei primi una tendenza ad argomentare contro le interpretazioni oppositrici anziché le proprie, mentre per i non complottisti avviene l’esatto contrario.

Cos’è l’effetto Dunning-Kruger

Wood e Douglas non fanno altro che confermare un problema già noto a esperti di comunicazione e debunker, ovvero quel che semplificando potremmo definire una manifestazione dell’effetto Dunning-Kruger.

Grafico sull’effetto Dunning-Kruger, che mette in relazione la conoscenza percepita e l’esperienza effettiva. Immagine da Wikipedia.

Gli utenti che credono nelle tesi di complotto tendono a essere maggiormente convinti – pur non avendo i mezzi per conoscere a fondo un fenomeno – di poter fare a meno delle spiegazioni degli esperti, non cogliendo la complessità che un evento come l’11 Settembre rappresenta; tendono quindi a essere più agguerriti.

Al contrario, chi invece si rende conto di non avere le competenze per intervenire, preferisce il silenzio, pur essendo in grado se interrogati di dare spiegazioni coerenti alla loro posizione «convenzionalista». D’altro canto un complottista, quando interrogato sulle proprie convinzioni, difficilmente sarà in grado di dare risposte, fornendo dati reali.

La smentita degli autori ai complottisti

Lo studio era stato spiegato in maniera completamente sbagliata, ancora prima di Veterans Today, in un articolo del sito complottista Infowars di Alex Jones. Essendo molto seguito, per i teorici del complotto è diventata una sorta di «prova della loro intelligenza rispetto a tutti gli altri».

Curiosamente proprio il modo in cui è stato travisato lo studio, e viene rilanciato persino oggi, dimostra in modo lampante le sue conclusioni. Del resto sono gli stessi autori a smentire questa cattiva interpretazione della loro ricerca, con una stoccata finale che invita chi ha frainteso il loro lavoro a «pensare in modo più critico» (Sic!). Ecco la spiegazione tratta dal commento dell’autore, Michael Wood, pubblicato su PubMed il 30 novembre 2014 e salvato su Archive.org:

As the first author of this study, I’d like to address a misleading headline that’s been making the rounds lately: the idea that this study says that people who believe 9/11 conspiracy theories are better-adjusted than those who do not. This grossly misinterprets our results: this study says nothing about mental health, and its results do not justify any conclusions about one group of people being more or less “sane” than another.

Wood se la prende con chi ha travisato lo studio, pubblicando titoli fuorvianti, spiegando che lo stesso non dimostra che i complottisti siano più «sani» rispetto a chi non crede alle loro teorie. Precisiamo: lo studio non dimostra affatto che un gruppo di persone sia «più sano di mente» di un altro.

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