Caso Palamara, la Cassazione chiede processi disciplinari per 10 magistrati: in arrivo altri nomi coinvolti nelle chat

Oltre alle prime dieci azioni disciplinari che riguardano i partecipanti alle riunioni notturne con Palamara all’hotel Champagne di Roma, il pg Salvi ha anticipato che il lavoro di indagine sulle chat non si ferma: nuovi processi disciplinari potrebbero riguardare anche attuali membri del Csm

Il procuratore generale della Cassazione, Giovanni Salvi, ha chiesto il processo disciplinare per dieci magistrati, ta cui l’ex pm di Roma Luca Palamara, e altri coinvolti nelle scandalo sulle nomine delle procure, emerso con le intercettazioni dalle riunioni all’hotel Champagne di Roma e dalle chat dello stesso Palamara.


Tra le toghe che rischiano il processo disciplinare al Csm ci sono i pm Fava e Sirignano, oltre a due magistrati segretari del Csm che avrebbero un ruolo minore. Ci sono poi ex togati già membri del Csm come Corrado Cartoni, Paolo Criscuoli, Antonio Lepri, Gianluigi Morlini e Luigi Spina.


Il pg Salvi ha spiegato che i magistrati rischiano «anche le sanzioni più gravi», sulla base di quanto sta emergendo dalle chat nel cellulare di Palamara. Azione disciplinare anche per il deputato renziano Cosimo Maria Ferri, pe il quale la procura generale ha chiesto al Csm di procedere con l’autorizzazione alla Camera per l’uso delle sue intercettazioni.

Le chat di Palamara che riguardano il periodo tra aprile e il 9 giugno, ha aggiunto Salvi: «riguardano anche consiglieri del Csm in carica. Ma dobbiamo fare un lavoro completo che consenta di selezionare le diverse condotte». I tempi secondo Salvi «non saranno lunghi, certamente prima delle ferie estive».

Potrebbero quindi aggiungersi nuovi nomi nella lista di magistrati che rischiano un processo disciplinare, ma Salvi ha evitato di anticipare i dettagli, garantendo però piena trasparenza, con la promessa di pubblicare i criteri «chiari e trasparenti» sul sito della procura generale: «Possiamo anche sbagliare – ha detto – ma garantiamo la massima trasparenza sui criteri».

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