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Il Coronavirus «si può fermare con i raggi ultravioletti». A dirlo è uno studio italiano

15 Luglio 2020 - 20:14 Redazione
Secondo il team di ricercatori che ha analizzato diverse lampade Uv, questa estate si potrà stare tranquilli. Senza l'ossessione della mascherina

Una squadra di ricercatori sostiene che i raggi ultravioletti abbiano un effetto sul virus Covid-19: riescono a inattivare la carica virale. La scoperta – sebbene lo studio sia ancora in fase di revisione e non dimostra le ipotesi suggerite – è stata fatta da medici dell’Università degli Studi di Milano che lavorano nell’ospedale Luigi Sacco, il centro di riferimento lombardo per l’epidemia. Alla ricerca hanno collaborato anche l’Istituto nazionale di astrofisica (Inaf) e l’Istituto nazionale dei tumori. A guidare il team c’è Mario Clerici, professore ordinario di Immunologia all’Università di Milano e direttore scientifico della Fondazione Don Gnocchi.

L’esperimento con lampade diverse

L’esperimento è stato fatto posizionando goccioline di liquido contenente Sars-Cov-2 sotto alcune lampade che trasmettevano raggi Uv di tipo C, quelli che non penetrano l’atmosfera. Il liquido è stato usato come fac-simile di quello che in genere si emette parlando o starnutendo. A spiegarlo al Corriere della Sera è lo stesso Mario Clerici: «Abbiamo valutato una dose bassa di virus (quella che può esserci in una stanza dove è presente un positivo), una dose cento volte più alta (che si può trovare in un soggetto con forma grave di Covid-19) e una quantità mille volte più alta, impossibile da trovare in un essere umano o in una qualunque situazione reale. In tutti tre i casi la carica virale è stata inattivata in pochi secondi al 99,9% da una piccola quantità di raggi UvC».

Dopo il primo tentativo andato a buon fine, lo stesso procedimento è stato ripetuto utilizzando i raggi UvA e UvB che, invece, arrivano sulla Terra. E il risultati sono molto simili, come riporta il Corriere della Sera. «Partendo da questi dati ci siamo poi chiesti se ci fosse una correlazione tra irraggiamento solare e epidemiologia di Covid-19. Minore è la quantità di UvA e UvB, maggiore è il numero di infezioni. Questo potrebbe spiegarci perché in Italia, ora che è estate, abbiamo pochi casi e con pochi sintomi, mentre alcuni Paesi nell’altro emisfero – come quelli del Sud America, in cui è inverno – stanno affrontando il picco».

Un’estate senza l’ossessione della mascherina

Secondo Clerici, quindi, quest’estate potremo passarla senza la necessità di dover indossare la mascherina a ogni costo, sulla spiaggia. Questo perché «le goccioline che possono essere emesse da un eventuale soggetto positivo vengono colpite dai raggi solari e la carica virale è disattivata in pochi secondi. Il discorso potrebbe valere anche per superfici di ogni genere».

Le teorie su una seconda ondata

E su una probabile futura ondata, il professore teme quasi certamente che questo possa accadere, ma in forma più debole rispetto a quanto accaduto da marzo in poi. «Il virus che vediamo oggi è lo stesso di febbraio e marzo, non ha subito mutazioni nel suo genoma, se non minime. Dunque è sempre “cattivo”. La differenza è che i raggi solari lo inattivano, rendendo molto più difficile la trasmissione da un soggetto all’altro e anche la replicazione all’interno di un organismo. Il Covid, come tutti i virus, si adatterà all’uomo ma oggi, in Italia, il rallentamento dell’epidemia è dovuto principalmente a motivi ambientali».

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