Giornata mondiale della conservazione della natura, allarme da Greenpeace: le balene nel Mediterraneo minacciate da plastica e virus

L’84% dei cetacei aveva nel proprio stomaco frammenti di plastica fino a 22 chili. Un virus sta attaccando di nuovo la specie, per i veterinari: «è associato agli stress ambientali»

È la giornata mondiale della conservazione della natura. E quello che arriva da Greenpeace e dall’Università di Padova è il risultato di quanto l’essere umano si stia impegnando, (troppo poco), per preservare il pianeta su cui viviamo. Sono stati giorni difficili per i nostri cetacei, soprattutto per i due capodogli che nelle scorse settimane sono rimasti intrappolati dalle cosiddette «spadare» a largo delle coste delle Eolie. Reti illegali buttate da pescatori incoscienti, che spesso si rivelano vere e proprie gabbie di morte per le specie marine che le incontrano. Una situazione drammatica che va avanti da anni e che lo studio commissionato da Greenpeace all’Università di Padova ha purtroppo confermato. Sulle coste italiane un quarto dei cetacei spiaggiati negli ultimi anni è morto per cause imputabili all’uomo. Intrappolamento da reti abbandonate o illegali e contaminazione da plastica le cause più frequenti.


L’84% dei grandi cetacei, spiaggiati tra il 2008 e il 2019, aveva nel proprio stomaco frammenti di plastica, con il ritrovamento straordinario di ben 22 chili di plastica nella femmina spiaggiata a Olbia a inizio 2019. Teli usati per l’agricoltura, buste, filamenti derivati dalla frammentazione di plastica , non fanno che accumularsi negli stomaci delle specie marine. Non le uccidono immediatamente ma le torturano, debilitandole in maniera progressiva, alterando la funzionalità intestinale, rendendo molto più difficoltoso il semplice nutrirsi e favorendo il sorgere di altre problematiche.


Un virus che riappare

Tra le cause naturali, che i veterinari non escludono possa essere conseguenza dello stato di sofferenza in cui i cetacei già sono costretti a vivere, preoccupa un virus. Si chiama morbillo dei cetacei, tra il 1990 e il 2008 ha attaccato in modalità epidemica la specie delle stenelle, mammiferi appartenenti alla famiglia dei delfini. Oggi invece sembra essere riemerso tra diverse specie di cetacei, associato, secondo i ricercatori, a stress ambientali a cui gli animali sono sottoposti. Cinque dei sei capodogli spiaggiati nell’estate 2019 sono risultati positivi al morbillo. Un virus che, secondo gli studi, sta facendo quindi il cosiddetto «salto di specie», arrivando a lontre di fiume e foche.

Foto in copertina di Giulia Massa da Greenpeace|Capodoglio spiaggiato a Palermo

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