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Coronavirus, l’indagine dell’Istat: quasi un milione e mezzo di italiani ha sviluppato anticorpi: «Sei volte più del previsto»

03 Agosto 2020 - 17:47 Redazione
I dati sono stati comunicati alla conferenza stampa di presentazione dell'indagine di sieroprevalenza effettuata dal ministero della Salute con l'Istat

Sono 1.482.000 le persone che, in Italia, hanno sviluppato gli anticorpi al Covid-19. Il dato corrisponde al 2,5% della popolazione residente in famiglia, risultata quindi con IgG positivo. Questo vuol dire che, rispetto alle stime più “blande” calcolate in passato, le persone entrate in contatto con il virus sono 6 volte di più rispetto al totale dei casi intercettati ufficialmente durante la pandemia attraverso l’identificazione del Rna virale. I dati arrivano a fronte dei primi risultati dell’indagine di sieroprevalenza sul SarsCov2 illustrati da ministero della Salute e Istat.

Alla conferenza stampa di presentazione che si è tenuta oggi, 3 agosto, erano presenti il ministro della Salute Roberto Speranza, il presidente dell’Istat, Gian Carlo Blangiardo. Insieme a loro, la direttrice centrale Istat Linda Laura Sabbadini, il presidente del Css Franco Locatelli, il presidente nazionale della Croce Rossa Italiana, Francesco Rocca.

L’indagine

Sono 64.660 i soggetti che hanno effettuato il prelievo e il cui esito è pervenuto entro il 27 luglio. Per l’indagine non sono state prese in considerazione né le Rsa né convivenze. I risultati, come fatto presente dal Ministero e dall’Istat, sono da considerarsi “provvisori”. Una provvisorietà dovuta alle condizioni delicate dell’emergenza sanitaria: il numero originariamente pensato di soggetti (150.000) da testare non è stato raggiunto. Tuttavia le tecniche adottate hanno permesso la produzione di stime coerenti. sia con i dati di contagio e mortalità sia con risultati di indagini condotte a livello locale in alcune realtà del paese.

I dati

I dati emersi durante la conferenza stampa

La territorialità è la chiave per leggere i dati di questa indagine. In Lombardia, ad esempio, che è una delle regioni maggiormente colpite dalla pandemia i contagiati sono stati una piccola parte della popolazione, con una prevalenza del 7,5%. Inoltre, la regione assorbe il 51% delle persone che hanno sviluppato gli anticorpi – si tratta di più di 750.000 cittadini. A seguire il Centro Nord con sieroprevalenza al 3%; poi Friuli, Lazio, Toscana e Umbria. Infine, il Mezzogiorno, con un tasso di prevalenza al di sotto dell’1%.

La prevalenza dello sviluppo di anticorpi al SarsCov2 è simile per tutte le classi di età ma il livello più basso è per i bambini piccoli da 0 a 5 anni che registrano un tasso dell’1,3%. Per gli anziani over 85 è a 1,8% e «ciò forse perché c’è un effetto di protezione dei familiari per questi segmenti», ha precisato Sabbadini. Gli operatori della sanità sono i più colpiti, con il 9,8% e gli addetti alla ristorazione superano il 4%. Non emergono differenze di genere.

Gli asintomatici arrivano al 27,3%, «che non è una quota bassa. Quindi è molto importante la responsabilità individuale e il rispetto delle misure», ha detto la direttrice dell’Istat. I tre sintomi più diffusi sono «febbre, tosse e mal di testa. Inoltre, perdita del gusto e dell’olfatto sono più associate» all’infezione.

Considerazioni finali

«Il dato medio di sieroprevalenza al 2,5% può sembrare piccolo ma può trasformarsi in qualcosa di problematico se non rispettiamo la prudenza», ha detto il presidente Istat Gian Carlo Blangiardo, specificando che la variazione territoriale è «l’elemento importante». «Ciò vuol dire che la probabilità di incontrare una persona positiva è di 2,5: se incontro 20 persone, ho il 50% di possibilità di incontrare una persona positiva. Con numeri del genere, chi lavora sette giorni su sette, incontrerà in media 3,5 persone positive al virus durante la settimana. E questo succede», avverte Blangiardo.

Il commento di Speranza

Anche il ministro per la Salute Speranza, che era presente alla conferenza stampa, è intervenuto per dare conto dei risultati ottenuti con l’indagine e del periodo di lockdown appena trascorso che, per il ministro, «è stato fondamentale. Senza quelle misure adottate dal Governo nazionale e dai governi regionali e senza il comportamento corretto degli italiani avremmo avuto dati di diffusione del virus molto alti in tutta italia. Questa indagine ci dice, invece, che, grazie alle misure adottate, siamo riusciti a bloccarlo solo in un pezzo di Paese. E credo che questo sia stato veramente decisivo».

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