La musica «come l’oro e il petrolio»: spende milioni per comprare vecchi successi e rivenderli ai colossi dello streaming

Un terzo delle canzoni acquistate dalla società ha più di 10 anni e il 59% ha un’età compresa tra i 3 ei 10 anni. Meno del 10% sono le versioni più recenti

Merck Mercuriadis è un discografico. Per anni è stato il manager di Elton John e Beyoncé – solo per citarne due a caso, in realtà nel suo almanacco figura anche gente come Joss Stone, Mary J. Blige, Guns ‘N Roses e Iron Maiden. Ora è il proprietario di una società chiamata Hipgnosis – con sede a Londra – che acquista vecchi successi musicali e offre agli investitori, per esempio Spotify o Apple, la possibilità di guadagnare con i diritti d’autore generati da migliaia di canzoni di artisti del passato. Da Livin ‘on a Prayer a Heart of GlassCopacabana, Single Ladies: tutte grandi canzoni pop degli ultimi 50 anni. Mercuriadis recupera materiale ormai “dimenticato” e messo in soffitta, investendo grosse somme, per produrre utili.


«Ho sempre creduto che le canzoni e la musica di successo, l’arte in generale, abbiano un valore reale. Ciò che le persone non riconoscono davvero è che quando una canzone diventa una canzone collaudata , il modello dei guadagni diventa molto prevedibile e affidabile, ed è quindi investibile. E queste canzoni sono preziose come l’oro o il petrolio», ha detto in un’intervista a Thought Economics.


La compagnia da lui fondata nel 2018 ha speso circa 700 milioni di sterline per accumulare i diritti di oltre 13mila canzoni. Per Mercuriadis il ragionamento è semplice, oltre che proficuo. Le canzoni che hanno fatto la storia della musica, quelle che hanno generato più ascolti dalla loro nascita, hanno la capacità di essere “sicure” dal punto di vista dei guadagni che possono generare. Una delle artiste maggiormente quotate è, per esempio, Blondie per la quale ha siglato un accordo per recuperare 197 brani del suo catalogo.

Siamo in un’epoca per cui la musica è diventata parte integrante della vita. «La musica viene sempre consumata. Ma mentre l’oro è qualcosa che solo pochi possono acquistare, un abbonamento mensile da 20 euro su Spotify o da 20 euro su Apple è qualcosa che praticamente tutti possono ottenere. E, come è stato dimostrato durante la pandemia, questi abbonamenti sono aumentati man mano che le persone cercavano conforto», ha detto al Guardian. Mercuriadis, in effetti, non ha tutti i torti.

I guadagni di Spotify

Gli abbonamenti di Spotify sono effettivamente aumentati. La scorsa settimana la piattaforma di musica streaming ha registrato un aumento del 29% sull’anno degli utenti mensili attivi. Il numero di persone che ascoltano musica servendosi del servizio sale a 299 milioni in tutto il mondo. Gli abbonati paganti – la linfa vitale dell’azienda, che rappresentano il 93% dei suoi ricavi da 1,8 miliardi di euro (1,63 miliardi di sterline) negli ultimi tre mesi – sono aumentati del 27% rispetto ai livelli del 2019 quando erano 138 milioni.

La ricetta del successo

L’imprenditore dice che l’unico ostacolo per fare soldi dai diritti delle canzoni è comprare musica più vecchia anziché i successi delle classifiche attuali. Questo perché risulta più complicato piazzarli sul mercato. Eppure la ricetta da lui seguita è ben precisa: un terzo delle canzoni acquistate da Hipgnosis ha più di 10 anni e il 59% ha un’età compresa tra i 3 e i 10 anni. Meno del 10% sono le versioni più recenti.

Per invogliare i potenziali investitori, Hipgnosis pubblicizza sempre il suo caso più emblematico, rappresentato dal brano Livin’ on a Prayer di Bon Jovi – ora di proprietà della società di Mercuriadis – tracciando la crescita dei ricavi. Dal 2013, l’anno successivo al lancio di Spotify negli Stati Uniti, i ricavi annuali della canzone sono aumentati del 153%. Hipgnosis ha raccolto più di 860 milioni di sterline dalla sua partenza, nel 2018, inclusi 236 milioni di sterline il mese scorso. 

Un’idea vincente, se si pensa che il “vecchio” era ormai confinato alle musicassette e ai Cd – nei casi migliori in forma originale, sennò piratati. Questo è un modo nuovo per ridare lustro sia allo streaming ma anche alla discografia datata che viveva ormai una fase di declino ben avviata. L’anno scorso le vendite globali di musica sono aumentate per il quinto anno consecutivo a 20,2 miliardi di dollari, guidate da una crescita del 23% in streaming. Nel 2013 avevano guadagnato 14 miliardi.

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