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Bologna, sanzioni per gli studenti che non rispettano le norme anti-Covid. Il preside: «Non chiamatemi autoritario» – L’intervista

10 Agosto 2020 - 13:37 Giada Giorgi
Dai lavori socialmente utili alla sospensione, per il prof. Carlo Braga i provvedimenti disciplinari servono a garantire un ritorno a scuola più sicuro: «Non facciamo passare l'idea che non esistano conseguenze alle azioni che si compiono»

Gli studenti che non rispetteranno le norme anti-Covid verranno sanzionati. È  la decisione del preside Carlo Braga dell’Istituto Salvemini di Casalecchio di Reno, in provincia di Bologna. Insieme a docenti, dipendenti e genitori, ha approvato un protocollo di sicurezza anti-contagio con tanto di provvedimenti disciplinari per gli inadempienti, inserendolo a pieno nel regolamento di Istituto.

Preside, in cosa consiste nello specifico il nuovo regolamento?

«In un semplice provvedimento disciplinare sulla sicurezza, che nelle scuole esiste da molto tempo. Siamo sempre stati intransigenti su questo aspetto: se non fosse rispettato questo tassello, l’intervento positivo del sistema scolastico sui ragazzi non potrebbe esistere. Riguardo al Covid, in collegio dei docenti abbiamo recepito le indicazioni precise del Comitato tecnico scientifico relative alle norme da rispettare a scuola, dalla temperatura con cui si entra al distanziamento alla mascherina da indossare, e le abbiamo inserite nel patto di corresponsabilità, quello che regola le norme di comportamenti condivisi tra scuola, studenti e famiglie. Siamo un istituto pubblico e abbiamo il dovere di salvaguardare la salute pubblica».

Quali sono le sanzioni per gli studenti?

«Si valuta l’entità del provvedimento in maniera proporzionale alla disponibilità dello studente a comprendere la necessità di un determinato comportamento preventivo. Dopo la segnalazione ai genitori, il consiglio di classe valuterà. Normalmente si tratta di lavori socialmente utili».

E nei casi più gravi?

«Anche la sospensione. D’altronde di fronte alla negazione della responsabilità comune, io – che sono chiamato per primo a rispondere della salute di 1.400 studenti più tutti i dipendenti scolastici – che alternativa avrei? È un’azione che va a tutela dei ragazzi stessi e delle famiglie. Sarei curioso di capire come reagirebbero quei genitori che adesso pensano a una esagerazione del regolamento, se per una mascherina non indossata scoppiasse un focolaio in classe. Cosa mi direbbero poi? Lo abbiamo visto con i ragazzi tornati dal viaggio in Grecia: i rischi ci sono e la responsabilità di vivere in un ambiente comune non può essere valida solo per i locali, i treni o i supermercati».

Il prof. Carlo Braga, preside dell’Istituto Salvemini di Casalecchio di Reno (Bo)

Ci sono state già reazioni contrarie?

«Per ora no e il regolamento è stato approvato all’unanimità. Tra docenti e dipendenti arriviamo a più di 200 persone, i genitori sono 3mila. Non ho ricevuto proteste o rifiuti. E mi stupisce che questo stupisca. Sembra quasi che per gli studenti – che in questo periodo spesso si stanno lasciando andare a comportamenti irresponsabili – entrare a scuola significhi immergersi in un mondo parallelo in cui non ci sono più le responsabilità condivise. La scuola è parte integrante del vivere sociale, non si può fare un discorso a parte».

Ha poca fiducia nei ragazzi?

«No, non sono preoccupato. Bisogna sicuramente tenere in considerazione la forte azione pedagogica che ogni famiglia deve e dovrà fare nei confronti dei propri figli sul tema prevenzione. La responsabilità che le famiglie hanno in questo è determinante quanto quella della scuola. Dall’altro lato, gli studenti devono essere consapevoli dell’ambiente collettivo di cui fanno parte. So che in alcuni casi può essere vissuto come una costrizione ma nella media generale penso e spero che ci sarà una risposta positiva alla responsabilità».

Alle scuole che non prevedono sanzioni o provvedimenti cosa direbbe?

«Di non far passare l’idea che non esistano conseguenze alle azioni che si compiono, e di non far sì che il richiamo alla responsabilità più banale venga recepita come un’eccezione di qualcuno troppo rigoroso. C’è molta paura di non essere ben voluti, di sembrare troppo autoritari. Teniamo conto che a partire da settembre non ci sarà un ambiente sociale con più concentrazione di adolescenti come le scuole. Al Salvemini ci sono 1.400 studenti, negli stadi possono entrare non più di 200 persone».

Siete pronti per ripartire a settembre?

«L’investimento tecnologico è stato fatto. Mancano però gli spazi per poter contenere tutti i 1.400 ragazzi, un problema comune purtroppo alla maggior parte degli istituti italiani. Abbiamo quindi deciso di accoglierne 1.000 in presenza e 400 in didattica a distanza che gireranno a turno. Gruppi classe sdoppiati e, in sincrono, lezioni a distanza a turno. Gli strumenti per farlo ci sono, la pianificazione deve essere a questo punto tutto tranne che improvvisata».

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