Caso Parisi, il papà di Gioele pubblica un frammento di video: «Ma lo cercavano così?». Monta la polemica sull’andamento dell’indagine

Il breve filmato riaccende la polemica. Si è fatto tutto il possibile per cercare rapidamente il bambino?

Il padre di Gioele, Daniele Mondello, è disperato e ora, dopo che il corpo del bambino è stato finalmente ritrovato, non nasconde la sua rabbia e delusione. Per quanto è avvenuto alla moglie – trovata morta nelle campagne di Caronia quasi tre settimane fa – e al figlio ma anche, e ormai soprattutto, per come sono state gestite le ricerche del bambino e le stesse indagini. La sera del 20 agosto ha pubblicato un video sul suo profilo Facebook: un brevissimo stralcio dell’andamento delle ricerche. Si vede un cameramen e che segue un uomo in divisa che sembra perlustrare palmo a palmo uno spiazzo completamente sgombro. Daniele Mondello scrive solo: «Questo video me l’hanno mandato. Non so cosa pensare…lo stavano cercando così a mio figlio?». La polemica monta e non solo nella pagina Facebook di Mondello, piena zeppa di voci che esprimono solidarietà ma dicono anche che le ricerche sono state sbagliate. Dalle critiche, non solo in rete, non si salva più neppure la procura. Come spiegava stamattina Repubblica, il procuratore di Patti, in provincia di Messina, Angelo Vittorio Cavallo ha difeso la gestione delle ricerche nonostante il fatto che a trovare il bambino sia stato un carabiniere in pensione, dopo sole cinque ore di lavoro (e sebbene le ricerche andassero avanti ormai da 13 giorni).


Ma ad alimentare le critiche dei familiari di Mondello e di Viviana Parisi, sua moglie, c’è anche altro: ad esempio che nonostante i giorni passati non ci sia ancora una pista chiara su quanto potrebbe essere avvenuto a Viviana e Gioele. L’unica che la procura accredita con qualche convinzione è anche la più difficile da accettare per i familiari e, in ogni caso, non ha trovato a supporto indizi solidi: l’idea sussurrata è che Viviana abbia prima ucciso suo figlio e poi si sia tolta la vita arrampicandosi su un traliccio e gettandosi giù. Sul traliccio però non ci sono impronte, l’unico elemento concreto di questa pista sono i conclamati problemi psicologici della donna che, sebbene avesse tentato il suicidio a giugno, non era sottoposta a controlli e poteva allontanarsi di casa anche con il figlio. I familiari tutti, però, com’è naturale, si dicono certi che la donna non avrebbe mai potuto far male al bambino.


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